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I rilievi sulle nuove frontiere dei contenitori politici italiani dovrebbero ripartire da due elementi contenutistico-valoriali: i danni che uno sbandamento provoca nelle coscienze e nelle certezze degli elettori da un lato, la cecità di fronte alla vera sfida del secolo, ovvero l’Europa, dall’altro, così come osservato qualche giorno fa da Massimo Cacciari. Immaginare un nuovo centrodestra è un’operazione che andava fatta già dieci anni fa, non fosse altro perché la classe dirigente giovane e preparata andava plasmata, prima che cooptata. Questo è un punto di partenza imprescindibile, che va di pari passo ad una cancellazione, netta e decisa, del Porcellum.

Per uscire dalla crisi

Ma al di là delle riforme e delle modifiche alle regole del gioco, non ritengo sia praticabile imboccare una nuova strada con le lenti del passato o con i medesimi strumenti utilizzati fino a ieri: vale per Forza Italia bis, come per la nuova Costituente nazionale a cui sto lavorando. Semplicemente perché altre sono le risposte che i cittadini chiedono, altri i parametri di valutazione che, se applicati con coraggio e senza ipocrisie, potrebbero farci uscire dalle secche di un crisi infinita a cui semplicemente gli ultimi due decenni hanno offerto ricette sbagliate. Quando, ad esempio, si ragiona sullo sfondamento del 3% del Pil come ariosa intenzione italica di incentivare la ripresa non lo si deve urlare in modo sloganistico e senza offrire le adeguate rassicurazioni ai mercati e all’Ue, così come nel recente passato qualcuno ha fatto. Ma dovrebbe essere un obiettivo, ponderato e attentamente analizzato, da perseguire con cognizione economica, all’indomani di valutazioni nel merito: e solo allora sedersi a Bruxelles dinanzi ai partner continentali e rassicurarli sul fatto che non sarebbe una boutade, così come lo è stata l’abolizione dell’Ici che ha prodotto gli aumenti dell’Imu e delle imposte regionali degli ultimi dodici mesi. Bensì una freccia all’arco dell’Italia.

Il confronto tra Matteo Renzi e noi

Ecco il pertugio dove far passare una visione nuova della politica italiana, accompagnata ovviamente da contenitori moderni ed efficaci. Che facciano tornare la voglia di politica alta dopo la parentesi grillina, (perché tale è e sarà) e dopo le storture italiche di visioni privatistiche della res pubblica e deleterie nei confronti dei capisaldi istituzionali. Non un tentativo gattopardesco di rimescolare le carte o di dare definizioni su cui, un attimo dopo, aprire infiniti dibattiti circa posizionamenti o targhette, case dei padri o mari aperti. Ma la naturale prosecuzione in chiave italica della politica che si ritrova in contorni democratici ed efficienti. Dove si confrontino serenamente, ma con decisione e macro differenze, un’area liberalsocialista, come quella in cui sta prendendo piede Matteo Renzi, e una repubblicana post conservatrice che fatica ancora a prendere pieghe e sembianze.

La vera rivoluzione

Senza per questo voler “spaccare” il paese in due così come il bipolarismo muscolare in passato ha fatto, bensì far compiere all’Italia un balzo in avanti sulla strada della modernizzazione. Quante volte abbiamo scritto e detto che il post seconda Repubblica è alle porte? Molteplici, ma la differenza sostanziale rispetto a ieri è che adesso quella luce si scorge in fondo al tunnel e occorre mettere in cantiere la vera rivoluzione. Che non è quella grillina di pancia e di urla contro tutto e tutti, seppure con istanze condivisibili su responsabilità diversificate di politica e politici. Ma deve viaggiare sui binari del sogno obamiano, sulla freschezza di Boris Johnson sindaco di Londra che decide di trasformare la capitale inglese in una grande pista ciclabile a cielo aperto. Ma dopo aver approfondito il tema con urbanisti e politici green, non per una voglia di promettere assurdità o stranezze a priori. Ecco il modus. La chiave di volta è nelle menti delle future classi dirigenti di questa rinascita, che non potranno essere inficiate da vecchie logiche spartitorie o da derive “all’italiana”.

Guardando al partito repubblicano Usa

Per cui il nuovo centrodestra non dovrà essere solo la summa di più sigle, o l’addizione alfanumerica di vecchie riedizioni del passato. Ma avere l’ambizione di farsi “repubblicano” inteso guardando agli Usa, di aprirsi al modello-partito d’oltreoceano, con la fine del finanziamento pubblico, con la filantropia a innestare un contributo valoriale ed economico significativo, con un tessuto di cultura politica rilevante, con visioni e non con piccoli feudatari da inserire in lista senza un perché politico. E inoltre avere il coraggio di professarsi europeo nel proprio intimo, ma non sic et simpliciter piegato ai desiderata degli azionisti di maggioranza dell’Ue: ecco il vero banco di prova di una destra democratica, futurista e proiettata alla realizzazione di un’Europa solidale e concreta.

No a truppe cammellate di falchi e colombe

Soffermarsi esclusivamente su piccole truppe cammellate composte da falchi, colombe o dignitosi esponenti di un mondo che non c’è più, non sarebbe solo sbagliato e improduttivo: ma segnerebbe una tragica continuità con direttrici di marcia miopi e niente affatto lungimiranti, quelle stesse che non hanno consentito all’Italia di farsi moderna e funzionale.

twitter@robertomenia

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