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In Cina di questi tempi succede abbastanza spesso che il partito e dunque il governo provi a indirizzare l’economia in un verso e quest’ultima che invece se ne vada per i fatti suoi e non certo nella direzione della crescita. Se ne sono accorti anche gli stessi investitori, che a partire da questa estate hanno messo in atto una vera e propria fuga di massa dalle obbligazioni sovrane cinesi.

Partendo proprio dai palazzi, sono mesi che il governo di Xi Jinping le prova tutte pur di rianimare un’economia ormai infiacchita da anni di crisi del debito e di scarsa fiducia. Tenendo i tassi molto bassi, cercando di fluidificare il credito alle famiglie e alle imprese e cercando di richiamare il più possibile l’attenzione degli investitori, rassicurando circa l’ottima tenuta delle finanze e dell’industria, a cominciare da quella del mattone che vale ancora quasi un terzo del Pil.

Il risultato qual è? Che Evergrande è praticamente fallita, Country Garden, altro gigante, barcolla, le banche vanno incontro a uno tsunami di sofferenze che potrebbe costare fino al 10% dei margini. E, soprattutto, i cinesi chiedono sempre meno mutui per l’acquisto di una casa. Insomma, tutto il contrario di quello che vorrebbe Pechino. Che il partito sia ormai scollato dalla realtà lo dimostra anche un altro fatto. E cioè che proprio mentre il governo cinese si affanna a tamponare l’emorragia, un altro peso massimo dell’immobiliare apre le porte al default.

Stavolta la taglia non è quella di Evergrande e nemmeno quella di Country Garden. Ma la sostanza del discorso cambia poco, c’è un effetto domino che non sembra possibile arrestare. China Sce, gigante del mattone retail, sorta di piccola Evergrande, con sede a Xiamen, ha annunciato di essere inadempiente sulle sue obbligazioni in dollari a seguito del mancato pagamento di un prestito. In tal proposito il gruppo ha dichiarato che sospenderà la negoziazione delle sue obbligazioni da quattro dollari, per un valore complessivo di 1,8 miliardi di dollari, a partire da oggi. Tra le ragioni principali delle sue difficoltà finanziarie l’azienda ha citato il calo delle vendite e la riduzione della liquidità a partire dal secondo trimestre. Tradotto, “la liquidità e i depositi bancari potrebbero non essere sufficienti per far fronte ai suoi obblighi attuali e futuri.

Sce ha inoltre spiegato che il mancato pagamento era correlato a una rata di 61 milioni di dollari di capitale e interessi su un prestito sindacato del marzo 2021. Ciò potrebbe potenzialmente portare a richieste di rimborso anticipato da parte di altri creditori, sebbene la società non abbia ancora ricevuto alcuna richiesta di questo tipo. Questa la cronaca. Sce non è e non sarà l’ultimo di questi giganti ad andare incontro a una fine inesorabile. 

Xi Jinping predica nel deserto. Anche China Sce si arrende al mercato

Sono mesi che il governo cinese prova a raddrizzare la barra, con tassi ai minimi e rassicurazioni circa la tenuta delle finanze. Ma dalle banche al mattone, passando per il mercato obbligazionario, la sensazione è che non ci creda più nessuno. E il nuovo bubbone nell’immobiliare lo dimostra. Il caso del colosso Sce China

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