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Il mondo farebbe bene a non dare troppo le spalle alla Cina. Perché con la crisi del Dragone, ormai conclamata, c’è poco da scherzare. Su questo ha davvero pochi dubbi Gianclaudio Torlizzi, economista, fondatore di T-Commodity, membro del Comitato Scientifico del Policy Observatory presso la Luiss School of Government e di recente chiamato dal ministero delle Imprese e del Made in Italy a far parte del gruppo di Riflessione Strategica sulla Politica Industriale.

“La Cina non può pensare di scaricare sul resto del mondo del sue difficoltà finanziarie, in particolare quelle legate al comparto immobiliare”, premette Torlizzi. “Pechino cercherà di stabilizzare la sua crescita, se di crescita si può parlare. Una via potrebbe essere il ritorno all’export, nonostante la svalutazione dello yuan. Lo spread tra la valuta cinese e il dollaro si sta allargando, deprezzando la moneta cinese. In questo senso sarà interessante capire se il governo interverrà a sostegno della propria moneta. Nelle more, però, potrebbe esserci una nuova spinta alle esportazioni, pur di uscire dal guado”.

Dunque il Dragone, per evitare guai peggiori, ha due strade davanti a sé. Primo, sostenere la propria moneta o, secondo, puntare di nuovo forte sull’export. Ma c’è anche una terza via. “Un whatever it takes per l’immobiliare, per disinnescare la bomba dell’indebitamento delle province, fortemente legate ai prezzi degli immobili. Una sorta di Qe per il comparto, qualcosa che in realtà abbiamo già visto in passato. A volte è servito, altre no, stavolta gli effetti potrebbero essere ridotti, nel senso di non risolutivi. Il fatto è che in Cina siamo arrivati a una specie di resa dei conti. Bisogna capire effettivamente quale sia il futuro della seconda economia globale. Ci sono problemi strutturali, ci sono problemi di fiducia, c’è la grande questione demografica”.

Torlizzi va in profondità. “Un whatever it takes può non bastare, credo che la soluzione sia semplicemente cambiare paradigma e cioè smetterla di pompare soldi nell’economia ma ripartire dai consumi interni. Per far questo, bisogna agire a discapito dell’export. Il problema è politico, spingere sui consumi o mantenere lo status quo, pagando o presto o tardi il conto. Di sicuro, tornare ad agire sui consumi interni è una strada. Se non altro per evitare, torno al discorso di prima, di scaricare i mali cinesi sul mondo intero”.

La Cina salvi se stessa e non faccia pagare il mondo. Parla Torlizzi

Colloquio con l’economista, fondatore di T-Commodity,​ di recente chiamato dal ministero delle Imprese ​a far parte del gruppo di Riflessione Strategica sulla Politica Industriale​. Pechino non può risollevare il mattone pompando soldi, se vuole tornare a crescere ed evitare che altri paghino per lei deve puntare ai consumi interni

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