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Una delle priorità per il governo Letta è la riduzione del cuneo fiscale. Pd e Pdl ne sono convinti. Ma per rilanciare l’economia italiana il governo deve cambiare rotta rispetto ai provvedimenti decisi in materia negli scorsi anni.

Secondo il Nens, il centro studi fondato dall’ex ministro Vincenzo Visco con Pier Luigi Bersani, fino ad oggi in realtà si è intervenuti sulla riduzione dell’Irap, la tassa che colpisce le imprese, e meno sull’Irpef, quella sui dipendenti e che è la vera urgenza su cui lavorare. La conclusione economica, con una chiara indicazione politica, è la seguente: “Se l’ipotesi di un eventuale quarto taglio del cuneo fiscale dovesse prendere forma, sarebbe auspicabile che esso procedesse per gradi, dando prima la precedenza ad una riduzione del carico fiscale dei lavoratori (in particolare dell’Irpef), per poi passare, magari in un futuro non proprio remoto, ad un’ulteriore correzione delle restanti componenti facenti capo alle imprese”.

Cuneo fiscale e Irap

“Il cuneo fiscale – si legge in un rapporto scritto dall’economista Carmelo Pierpaolo Parello per il Nens – identifica il divario esistente tra costo del lavoro complessivo sostenuto dalle imprese per i lavoratori dipendenti e la retribuzione netta percepita in busta paga. Nella maggior parte dei paesi cosiddetti ‘avanzati’, tale divario è in genere riconducibile a due elementi di distorsione, rispettivamente gli oneri sociali e la tassazione sul reddito da lavoro. In altri Paesi, tra cui il nostro, a tali fonti di distorsione si aggiunge anche un’ulteriore imposta sul valore della produzione, in Italia l’Irap, la cui tipologia, com’è noto, rientra all’interno della fiscalità generale dello Stato”.

I provvedimenti degli ultimi anni

Nel caso dell’Italia, “negli ultimi tredici anni si sono avuti almeno tre diversi tentativi di taglio del cuneo: Governo D’Alema II (Finanziaria 2000), Governo Prodi I (Finanziaria 2007) e Governo Monti (Pacchetto “Salva-Italia” 2011). Fatta eccezione per il Pacchetto Salva-Italia, la cui lettera sembra delineare più un tentativo di alleggerimento della pressione fiscale delle imprese che un vero e proprio taglio del cuneo, le precedenti politiche di riduzione del cuneo fiscale si sono concentrate sulla compressione della parte di cuneo riconducibile all’Irap e al carico contributivo delle imprese, lasciando quasi sempre intatte le rimanenti componenti del cuneo facenti capo al lavoratore”, scrive l’economista che insegna alla Sapienza di Roma.

Il contributo della riduzione del cuneo fiscale alla ripresa

Ma, sottolinea il centro studi, “se da un lato appare naturale riconoscere nella rimodulazione del cuneo fiscale uno dei responsabili del calo del reddito disponibile delle famiglie e del crollo dei consumi interni, dall’altro non è affatto facile capire fino a che punto tale modulazione sia stata in grado di rilanciare la competitività delle nostre imprese. Tuttavia, la conclusione che si sarebbe tentati di trarre non potrebbe che essere negativa. Va però detto che, specie dal 2008 in poi, l’affacciarsi della crisi globale ed il suo trasformarsi, almeno in Europa, in crisi del debito sovrano possono aver compromesso i benefici derivanti dalla riduzione del cuneo fiscale della prima parte degli anni 2000; ma anche che il recente biennio di relativa debolezza dell’euro ha sicuramente contribuito a ravvivare le nostre esportazioni”, evidenzia Parello.

Priorità riduzione Irpef

Alla luce di ciò, e vista anche l’attuale situazione di difficoltà congiunturale che attraversa la domanda interna italiana, “se l’ipotesi di un eventuale quarto taglio del cuneo fiscale dovesse prendere forma, sarebbe auspicabile che esso procedesse per gradi, dando prima la precedenza ad una riduzione del carico fiscale dei lavoratori (in particolare dell’Irpef), per poi passare, magari in un futuro non proprio remoto, ad un’ulteriore correzione delle restanti componenti facenti capo alle imprese”, conclude.

Bersani e Visco dettano l'agenda a Letta sul cuneo fiscale: basta favori alle imprese

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