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100 miliardi di nuovi flussi commerciali all’anno. Un aumento del 5% del Pil pro-capite europeo. L’accordo per la creazione di un’area di libero scambio tra Unione europea (Transatlantic Trade Investment Partnership), il cui avvio è stato annunciato oggi durante il vertice del G8 nell’Irlanda del Nord, è il gran passo commerciale che potrebbe servire da leva per un’Europa impantanata nella crisi e con una domanda interna stagnante. I numeri parlano chiaro. O quasi.

Nell’euforia dell’annuncio dell’avvio delle trattative i nuovi posti di lavoro per il presidente Usa Barack Obama sarebbero trenta milioni, poi, rettificando, centinaia di migliaia. Più contenuto il premier inglese David Cameron, che parla di due milioni di nuovi posti.

Il valore dei flussi commerciali Usa-Ue

I commerci tra Usa ed Europa valgono circa 3 miliardi di dollari al giorno, e un accordo di libero scambio potrebbe rappresentare un nuovo flusso di scambi del valore complessivo di oltre 100 miliardi di dollari all’anno. Il primo round di negoziati avrà luogo a Washington a luglio, ha assicurato Obama parlando al G8 nella cittadina di Enniskillen nell’Irlanda del Nord.

Il veto della Francia fino ad oggi

Considerato per la prima volta trent’anni fa ma fatto saltare dalla Francia negli anni Novanta, il progetto della creazione di una zona di libero scambio Usa-Ue ha ripreso forza nei dibattiti internazionali nell’ultimo periodo, come una possibilità concreta per generare crescita economica e bilanciare la forza commerciale crescente della Cina. Ma la Francia aveva minacciato di bloccare l’inizio del tavolo ancora una volta. I ministri del Commercio europei dopo una maratona negoziale hanno raggiunto un accordo su come proteggere l’eccezione culturale dell’Ue, escludendo il settore audiovisivo dai negoziati commerciali con gli Stati Uniti, come chiedeva la Francia.

La tempistica

Gli Stati Uniti e la Commissione europea prevedono di arrivare a un accordo entro la fine del 2014, un termine forse troppo ravvicinato nei tempi lunghi delle trattative diplomatiche in materia commerciale. Sull’accordo di libero scambio tra Ue ed Usa “intendiamo andare avanti velocemente”, ha garantito il presidente della Commissione Europea, Josè Manuel Barroso.

Il profilo occupazionale secondo Obama

La produzione di Ue e Usa rappresenta già circa la metà di quella mondiale complessiva e i loro flussi commerciali sono un terzo del totale. L’accordo di libero scambio vale ”30 milioni di posti di lavoro per entrambe” le sponde dell’Atlantico, ha detto il presidente Usa, Barak Obama, esortando entrambe le parti a resistere “alla tentazione di rivedere al ribasso le nostre ambizioni o di evitare i temi difficili solo per arrivare ad un accordo”.

L’effetto sul Pil in Usa e nell’Ue

Secondo un report commissionato dalla Fondazione tedesca Bertelsmann, a beneficiare maggiormente dell’accordo sarebbero gli Usa. Il deal potrebbe contribuire ad aumentare il Pil pro-capite del 13% negli Usa nel lungo periodo, e (solo) del 5% nell’Unione.

Le imprese sui due lati dell’Atlantico hanno accolto con entusiasmo l’accordo. L’applicazione delle nuove regolamentazioni eviterebbe doppi test, con relativi costi ed oneri, nel settore automobilistico o in quello alimentare ad esempio.

Il primo appuntamento è fissato nelle agende dei leader, e l’entusiasmo è quello delle giornate che passeranno alla storia. Anche per il premier Enrico Letta, nella foto dei big al suo primo vertice. Le perplessità però restano nell’analisi di un progetto così ambizioso. Oltre ad un termine poco credibile, l’accordo si scontrerà con la dura realtà di un’Europa ancora in apnea. Sarà da vedere se a vincere, per le imprese, sarà la voglia di ampliare gli orizzonti commerciali, o il tentativo di proteggere il proprio giardino di casa. La tendenza all’export delle Pmi italiane e della manifattura europea in generale lascia ben sperare, ma un altro scoglio sarà rappresentato dal divario legislativo esistente tra Usa ed Unione europea. Specialmente dopo anni di battaglie commerciali basate, giuridicamente, sul principio precauzionale tanto caro alla Commissione e alla Corte di Giustizia europea. Il caso Omg docet.

Ma guai a rovinare la festa, nella prima decisione che ci si appresta a definire “concreta” del G8 che si svolge nell’Irlanda del Nord oggi e domani. Sugli altri temi, accordi di qualsiasi forma saranno molto più difficili e delicati.

Il dossier Siria

Il premier britannico, David Cameron, ha ammesso i timori per la presenza di gruppi radicali tra i ribelli siriani, ma ha sottolineato la necessità di appoggiare chi è a favore della democrazia. E’ importante stare al fianco dei siriani che vogliono “un futuro democratico e pacifico per il loro Paese”, ha dichiarato Il tutto mentre la Germania ha ribadito il suo no all’ipotesi di armare i ribelli in Siria

La cybersecurity

La cybersecurity? ”Non commentiamo mai su questioni relative alla sicurezza e all’intelligence e non comincerò adesso”, ha risposto Cameron evitando di entrare nel merito delle rivelazioni nell’ambito del cosiddetto ‘Datagate’, e rispondendo a domande sui nuovi elementi diffusi dal Guardian secondo cui i servizi britannici e americani avrebbero intercettato telefonate di leader e delegazioni straniere e spiato i loro computer durante il G20 di Londra nel 2009.

L’evasione fiscale in Europa

Evasione e la frode fiscale sono ”moralmente, finanziariamente e politicamente inaccettabili”, ha scritto su twitter il presidente del consiglio Ue, Herman Van Rompuy che, da Lough Erne, dove partecipa al G8, sottolinea come l’Europa ”sia pronta a contribuire per la definizione di uno standard globale”. Belle parole, nel cielo d’Irlanda.

G8, le aspettative sull'accordo commerciale Usa-Ue e gli altri dossier aperti

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