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Lo hanno definito “garante forever” delle larghe intese, cosa che peraltro “non è vera”. Per questo, ragiona l’editorialista del Corriere della Sera Paolo Franchi, “credo che la precisazione del Capo dello Stato, che ha tirato le orecchie facendo nomi e cognomi ci sta tutta”. Non ha mai parlato di governo a tempo, né ha mai detto di considerare eterna la fase delle larghe intese, osserva Franchi, autore per Rizzoli del libro “Giorgio Napolitano – La traversata da Botteghe Oscure al Quirinale”.

Napolitano vs Fatto: “Governo a termine, polemica infondata”, dice. Ha ragione?

Sul carattere di questo governo, a tempo o meno, si è almanaccato parecchio. In una certa misura e nei giorni immediatamente precedenti la formazione dell’esecutivo, direi che è prevalsa la tendenza a dare quasi per scontato che lo fosse, senza che nessuno abbia pronunciato una parola in tal senso. Su questo si equivocò anche in occasione dell’investitura di Letta, quando tirò fuori la storia dei diciotto mesi trascorsi i quali, se le riforme non fossero state impiantate su basi solide, lui ne avrebbe tratto le conseguenze.

Che non significava affatto dare un termine esatto…
Scegliere di lasciare perché si sono fatte le riforme? O perché non si sono fatte e quindi lasciare da “indignato”? Credo non volesse dire nessuna delle due cose. Solo indicare un arco temporale e specificare che su quell’argomento specifico, pur avendo un suo percorso attraverso la Convenzione, il governo lo considerasse parte cruciale della propria esperienza.

Dalle lontane origini del Letta uno (è passato poco più di un mese), al nervosismo degli ultimi giorni: i protagonisti temono una crisi improvvisa?
Da quel momento le cose si sono complicate per diecimila motivi, che riguardano i rapporti fra i partiti, l’approccio alle riforme, le misure economiche, i processi di Berlusconi. Poi c’è stato un eccesso di reazione da parte dello stesso Letta che, intervistato dalla Annunziata, si è dato pubblicamente una scadenza. Ma nessun governo del passato, neanche quelli balneari di Leone, avevano una durata temporale determinata. Ogni esecutivo al mondo resta in piedi finché si appoggia su di una maggioranza, così come recitano le regole e così come più volte esplicitato da Napolitano.

Un’ovvietà?
Detto così sembrerebbe un passaggio ovvio, ma in fondo non lo è. L’interpretazione opposta è che Letta abba intenzionalmente voluto rimarcarlo come un obiettivo che realisticamente lui si pone in una chiave, dal mio punto di vista, un po’troppo ambiziosa.

Napolitano è stato poi tirato in causa come il garante della larghe intese: forse non lo è?
Lo hanno definito “garante forever” delle larghe intese, cosa che peraltro non è vera. Per questo credo che la precisazione del Capo dello Stato, che ha tirato le orecchie facendo nomi e cognomi, sia la conferma del ragionamento appena fatto. Sottolinea di non aver mai parlato di governo a tempo, né ha mai detto di considerare eterna la fase delle larghe intese. Poi non si sa a tempo di cosa: inizialmente si diceva che sarebbe durato per mettere i piedi talune misure economiche, in seguito si è aggiunta la legge elettorale, ma si è quasi convenuto di metterla tra parentesi. Se fosse questo l’obiettivo, allora il governo potrebbe dimettersi anche domattina.

Letta che ribadisce di poter durare fino al 2018, ma senza riforme lascerebbe prima; il Colle che precisa facendo insolitamente nomi e cognomi: sintomi di un disagio reale?
Molte volte è accaduto che il Capo dello Stato abbia scritto, di suo pugno, lettere ai direttori di quotidiani per precisare opinioni o spiegare fatti. Ma nella ferma di una nota ufficiale non era mai successo. Forse la sua intenzione era di chiedere serenità a tutto l’ambiente vista l’eccezionalità del momento politico italiano. Non dimentichiamo che il Colle è fortemente sovraesposto, inutile girarci attorno. Sul dato però non ho informazioni ufficiali né riservate, esprimo opinioni personali.

Si rischia di implementare quella sovraesposizione?
Lo sparacchiare sui diversi temi, chiamando in causa direttamente o indirettamente Napolitano, è diventato un diffuso sport nazionale. Per cui appaiono comprensibili i motivi per cui lo stesso Presidente della Repubblica ha poi deciso di reagire in questo modo.

Il fatto che il ministro Quagliariello abbia detto ieri che i “lavori finiranno nel 2014” cosa significa?
Mi pare di capire che l’impegno, salvo fattori esterni su cui si può solo apporre un grandissimo punto interrogativo, sia quello di attuare il programma. Non credo che il percorso di compimento delle riforme coincida necessariamente con la fine dell’esecutivo. Bisognerà anche capire di quali riforme parliamo: in caso di semipresidenzialismo bisognerebbe ridisegnare la seconda parte della Costituzione e un inedito complesso sistema di pesi e contrappesi.

É la soluzione ottimale per l’Italia?
Mantengo una personale perplessità, mi auguro di avere torto ma i motivi ci sono tutti. Un passaggio è chiaro, si dovrebbe evincere ben prima dei rituali diciotto mesi e Letta lo ha ribadito a chiare lettere: se sul percorso delle riforme non si dovesse muovere nulla e tutto dovesse aggravarsi, le sorti del governo sarebbero segnate. Certo, ci si è dati una scadenza di un anno e mezzo: ma ciò potrebbe purtroppo anche accadere fra tre mesi.

twitter@FDepalo

Il Fatto strapazzato da Napolitano. La querelle vista da Paolo Franchi

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