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Anche alla luce dell’improvvisa decisione per la tassa degli extra profitti delle banche la domanda è basilare: come pensa il governo di spingere la crescita economica italiana?

Martedì le quotazioni in Borsa delle grandi banche, prime vittime della decisione, sono crollate, e si affaccia un interrogativo più grande sullo stato delle finanze italiane.

Infatti, la crescita è importante in tutte le economie del mondo ma è vitale in Italia con un rapporto debito pubblico/Pil del 150%. Cioè se c’è crescita il debito diminuisce, i tassi di interesse si abbassano e si innesca un circolo virtuoso di sviluppo. Se manca la crescita succede il contrario.

Ora il governo ha, giustamente, chiuso con gli sprechi del Reddito di cittadinanza e compagnia. Allo stesso tempo però non appare finora alacre a inseguire i fondi del Pnrr. Poi si mostra ritroso a favorire le liberalizzazioni (quella sui taxi o le spiagge, per esempio) né è particolarmente attivo per le semplificazioni burocratiche che potrebbero dare una marcia in più alle imprese.

Certo il Pnrr e le liberalizzazioni non sono a costo politico zero, anzi. Essi vanno a colpire interessi piccoli e grandi che non intendono cambiare lo status quo, e anzi vogliono durare un giorno in più come certi malati terminali. Quindi, il governo, è comprensibile, è restio a scontentare una parte del suo elettorato.

D’altro canto però, senza redditi gratis-gratis, senza Pnrr e senza liberalizzazioni e sburocratizzazioni, la crescita non può venire da alcuna parte. Cioè per migliorare i conti servono investimenti produttivi o facilitazioni a nuovi sviluppi d’impresa, e magari entrambi. Senza l’uno o l’altro il Pil si asciuga e il debito cresce in proporzione e in assoluto. È quello che sta per accadere nel Paese.

Per fortuna ci sono aiuti indiretti altrove. La Germania, da sempre il motore della Ue, è in gravi difficoltà, praticamente un passo dalla recessione. Aveva scommesso sul gas russo e sul mercato cinese, entrambi l’hanno tradita, per motivi diversi. Perciò con Berlino in crisi non sale lo spread degli interessi tra titoli del tesoro tedeschi e italiani — la forbice potrebbe rendere insolvente l’Italia.

L’opposizione pare assente. Gli americani, ultimo grande “influencer” delle questioni nazionali, hanno quello che vogliono, l’appoggio all’Ucraina. Di più non chiedono, visto che l’Italia è troppo complicata e ha troppo poco peso per interessarsene al di là di un tanto. Quindi il premier Giorgia Meloni può stare tranquilla. Per ora.

Ciò non toglie che i problemi economici rimangono e si approfondiscono col tempo. Cioè, se il rapporto debito/Pil torna a crescere tutte le questioni di ieri ricompaiono con gli interessi e senza i fondi e la spinta del Pnrr.

Il Pnrr invece era l’occasione per spingere ad abbassare quel rapporto e far partire le liberalizzazioni.

Un governo di destra, liberale, con una maggioranza schiacciante e senza opposizioni avrebbe dovuto approfittarne e iniziare a cambiare l’Italia. Così finora non è stato. Non si sa se lo sarà nel prossimo futuro.

Per carità, le ragioni per non affrontare questi nodi sono certamente moltissime e preponderanti rispetto ad altre prospettive molto più incerte. Forse è poi giusto così. Basta saperlo.

Un campanello d’allarme però è la tassa sugli extra profitti bancari. Qualcosa non gira e andrebbe affrontato con sistematicità. Magari la misura sulle banche poi è una prima misura liberale per limitare il potere delle banche cresciuto in questi anni. Dovremo vedere.

Dagli extra profitti alle liberalizzazioni, come spinge il governo la crescita economica?

La crescita è importante in tutte le economie del mondo ma è vitale in Italia con un rapporto debito pubblico/Pil del 150%. Cioè se c’è crescita il debito diminuisce, i tassi di interesse si abbassano e si innesca un circolo virtuoso di sviluppo. Se manca la crescita succede il contrario… Il commento di Francesco Sisci

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