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“In questo momento, nel mondo e nell’eurozona, siamo al minimo storico delle operazioni di privatizzazioni”, dice l’economista Mario Seminerio, animatore del blog Phastidio.net che, in una conversazione con Formiche.net, commenta gli annunci recenti del premier Enrico Letta e del ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni.

Giusto vendere ora quote di Eni, Enel e Finmeccanica?
Premetto che non mi entusiasma tale dibattito. Come ho scritto qualche giorno fa sul mio blog, questo è un falso problema: non permette di generare le risorse che sarebbero necessarie, si vende in condizioni di mercato estremamente sacrificate. So che molti la considerano una difesa di interessi precostituiti, ma se guardassimo ai numeri, ciò che realmente si potrebbe portare a casa non sarebbe proprio niente di rilevante.

Perché?
Anche in ipotesi di cessione dei pacchetti di controlli di Eni ed Enel – lascerei stare Finmeccanica, considerato che è in rosso – si riuscirebbe ad abbattere il debito di una misura che è circa la metà del deficit aggiuntivo di quest’anno. Sarebbe questo il coniglio estratto dal cilindro? O piuttosto un’enorme presa in giro? Il tutto tacendo che si tratta di imprese e società che pagano comunque al Tesoro un dividendo corposo. Per cui serve considerare il costo del debito costante che si va a rimborsare con i proventi delle cessioni, ma al contempo si perde un dividendo elevato.

Molti obiettano che questo dividendo sia tenuto artificialmente elevato, è così?
Non mi risulta, in quanto il cosiddetto dividend yield pagato da società estere simili ad Eni ed Enel, non si discosta dall’entità del pagamento fatto da Eni ed Enel. Né si può dire che ci sarebbe un drammatico recupero di efficienza per cui l’intero Paese ne avrebbe beneficiato. Sono tutte sciocchezze, nella gravità del momento attuale. Guardando ai numeri non vedo nessun elemento di convenienza in senso stretto a privatizzare, ma ci terrei a non essere definito uno statalista che vuol tenere tutto sotto l’ombrello dello Stato perché non è così.

Crede che al limite le loro quote, senza dismetterle, potrebbero essere la base per operazioni finanziarie?
Potrebbero essere conferite a una società di gestione multi comparto, assieme al leggendario patrimonio immobiliare dello Stato. Tra l’altro il ministro Saccomani in quell’intervista della scorsa settimana aveva parlato di quote di Eni, Enel e Finmeccanica come collaterale, ovvero garanzia implicita di finanziamenti. Bisognerà capire cosa esattamente ha in mente il ministro, anche se da quelle parole non emerge una volontà di alienazione completa delle quote. Solo una garanzia per ridurre il costo del debito. Resta da vedere come e quando, ma dovrà precisarlo il Tesoro, quindi il governo.

Privatizzazioni secche di quote di spa del Tesoro sarebbero una mossa in linea con quanto avviene in altri Paesi europei?
A prescindere da tutto, in questo momento, nel mondo e nell’eurozona, siamo al minimo storico delle operazioni di privatizzazioni. Capirlo non è difficile. Con il credito così vincolato, non solo da noi, e con le economie così deteriorate, non è il momento in cui si può ritenere di massimizzare l’introito. Per cui occorre intendersi sugli obiettivi.

Ovvero?
Se dovessimo massimizzare l’introito per abbattere il debito, questo sarebbe il peggior momento in assoluto. Se invece si volesse vendere per concedere una maggiore efficienza al sistema, ammesso e non concesso di riuscirci, avrei serissimi dubbi. Si passerebbe da posizioni dominanti pubbliche a posizioni dominanti private, così come accaduto con Autostrade e Telecom negli anni ’90. Ma in quel caso bisognerebbe intervenire sulla regolamentazione. Senza contare molte spa a controllo pubblico, come la Rai, che operano con un rosso di bilancio.

twitter@FDepalo

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