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Le vicende dell’ultima settimana hanno trovato una prima composizione nella riunione del governo Letta a Sarteano: si è trattato probabilmente di una composizione soltanto temporanea.

Nel segno dell’eccezionalità
Il governo Letta ha infatti finito con il rappresentare una sorta di convivenza politico-istituzionale tra quanti avrebbero preferito il ricorso ad immediate elezioni politiche e quanti, al contrario, ritengono che occorra deporre per qualche tempo le armi del durissimo scontro tra i vari partiti politici presenti oggi in Italia.

Il solo fatto che si è dovuta rilevare una richiesta pressante di rielezione alla Presidenza della Repubblica di Giorgio Napolitano, ha rappresentato una sorta di discontinuità (certamente politica, ma non costituzionale) proprio in riferimento alla istituzione-chiave del sistema di governo italiano quale è stata sempre la Presidenza della Repubblica. Questo, nonostante il succedersi di stagioni molto diverse fra di loro, quali sono quelle che sono state definite frettolosamente della prima e della seconda repubblica.

Intese larghe…e difficili
Questa eccezionalità politico-istituzionale ha finito con il conferire al governo Letta una sorta di investitura persino simile a quella del cosiddetto “governo tecnico” di Mario Monti. Il fatto che anche nel governo Letta siano presenti in ruoli decisivi esponenti non provenienti espressamente da questo o quel partito (Saccomanni, Cancellieri, Giovannini) ha finito con il conferire a questo governo una sorta di natura di “governo di scopo”, particolarmente breve quanto a durata e rigidamente limitato quanto ad obiettivi di intervento.

Ma allo stesso tempo, il governo è stato formato con la partecipazione specifica di due dei partiti politici maggiori (Pd e Pdl), e da Scelta Civica, soggetto dalla natura ancora non del tutto definita.

Questa presenza partitica finisce infatti con il conferire al governo Letta più la natura di un governo di larghe intese che non la natura di un governo di emergenza istituzionale. L’averlo definito “governo di servizio” rappresenta qualcosa di intermedio tra un governo di necessità e un governo di larghe intese.

Equilibrismi lettiani
Ma il sopravvenire di vicende giudiziarie (anche se ampiamente preventivate) ha riproposto in termini di particolare urgenza proprio la questione del rapporto tra il governo e i partiti di provenienza.
Per l’uno di essi – il Pd in particolare – non vi è infatti nessun possibile punto di equilibrio tra interventi giudiziari di emergenza e larghe intese relative ai rapporti tra magistratura e partiti politici.
Come ha opportunamente affermato il presidente del consiglio al termine dell’incontro di Sarteano, il solo punto di equilibrio possibile è tra lealtà e franchezza.
Per il Pdl, invece, la questione era e rimane proprio del rapporto tra magistratura “politicizzata” e Pdl medesimo.

En attendant Pd
Si tratta pertanto ormai di un equilibrio instabile che troverà probabilmente una più solida conclusione soltanto all’indomani del congresso del Partito democratico. Prima di allora finiremo dunque con il dover convivere con questo nodo irrisolto del rapporto tra governo e partiti politici. Per quel che concerne i partiti estranei al sostegno parlamentare al governo Letta, la questione consiste a sua volta nella incisività che essi finiscono con l’avere proprio nei confronti dei due partiti maggiori. Anche Scelta Civica non potrà oscillare a lungo tra il ricordo della “strana maggioranza” e la realtà dell’odierno “strano governo”.

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