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La guerra in Ucraina può essere considerata come la prima, vera guerra open-source della storia. Questa sua caratteristica ha un doppio significato: da una parte la definizione può riferirsi al fatto che il racconto del conflitto stesso è stato realizzato, oltre che attraverso mezzi più classici come i comunicati governativi e i reportage giornalistici tanto scritti quanto filmati, anche attraverso le immagini e i suoni diffusi sui social network; dall’altra, vi è il ruolo che i social network hanno ricoperto all’interno dei processi di intelligence per la raccolta e l’elaborazione dati, andando così a impattare anche sullo svolgimento delle operazioni militari.

Schiere di analisti hanno sfruttato ogni tipo di dato reso disponibile dalla rete per trarre informazioni più o meno rilevanti sullo svolgimento del conflitto. Se non addirittura prima: grazie ai rapporti sul traffico stradale offerti da Google Maps Jeffrey Lewis, analista presso il californiano Middlebury Institute, era riuscito a identificare un forte concentramento di mezzi dalla parte russa del confine tra Russia e Ucraina intorno alle tre di notte del 24 febbraio 2022, prevedendo con tre ore d’anticipo l’avvio dell’invasione da parte di Mosca.

Le fonti in questo genere di intelligence possono essere le più svariate. Dai canali Telegram (applicazione diffusissima sia in Russia che in Ucraina) delle istituzioni, come quello del ministero della Difesa russo, a quelli ufficiosi dei milblogger, fino ai singoli individui. Esemplare il caso del volontario russo, che lo scorso dicembre ha postato su Vkontakte (omologo russo di Facebook) la foto della sua unità accampata in un locale di Sahy, nella parte della provincia di Kherson ancora sotto controllo russo, allegando al suo post il geo-tag esatto della posizione. Sfruttando le coordinate fornite dal soldato, le forze ucraine hanno lanciato un attacco missilistico sulla posizione. Dopo l’attacco, lo stesso soldato russo ha postato un video della distruzione causata dall’attacco, fornendo così all’Ucraina un resoconto esatto dell’impatto di quest’azione.

Ma non solo le persone direttamente o indirettamente coinvolte nel conflitto sono al fonte di dati open-source. Chiunque può esserlo, più o meno consapevolmente. Nell’agosto del 2022, un turista russo in visita in Crimea ha postato una foto di sé stesso in costume nei pressi di un sistema di difesa antiaereo S-400. Grazie alla foto e alle sue coordinate geografiche, l’analista OsInt Benjamin Pittet è riuscito a individuare la posizione del S-400 nei pressi della città di Yevpatoria, sita lungo la costa occidentale della penisola. Una situazione simile si è verificata anche su Instagram, con un’utente russa che ha postato la fotografia dei sistemi S-400 geolocalizzando la sua posizione, e fornendo così preziose coordinate agli ucraini.

La quantità di dati open-source relativi al conflitto è a dir poco enorme. Nei primi dieci anni della guerra civile siriana hanno prodotto filmati per un totale di 40 anni; nei primi ottanta giorni della guerra in Ucraina sono stati prodotti dieci anni di filmati. Per eserciti impegnati a tutelare la propria sicurezza operativa, questa profusione di dati è un incubo. Già nel 2019 la Russia aveva approvato una legge che vieta ai soldati di caricare foto o video militarmente sensibili. Poco prima dell’avvio dell’invasione Mosca ha iniziato a chiudere i siti web di tracciamento ferroviario, così da silenziare una preziosa fonte di dati. Ha anche cercato di oscurare le toppe sulle uniformi dei soldati e i contrassegni dei veicoli, per evitare di rivelare la posizione di intere unità.

“Ci sono stati tentativi di chiudere o limitare la raccolta di dati OsInt”, afferma l’analista indipendente H. I. Sutton, “ma l’OsInt si evolve e le persone, se sono abbastanza dedite, trovano nuovi modi per capire le cose”.

L'intelligence sfrutta i social nella guerra in Ucraina. Ecco come

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