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Non ci sarà solo Akkuyu come sito nucleare in Turchia, vicino l’accordo tra Ankara e Pechino per progettare una centrale nucleare (la terza) nella regione turca della Tracia orientale, a Kirklareli. Il progetto porterà fisiologicamente a nuove tensioni con gli Stati Uniti che stanno sanzionando le aziende (anche turche) che aiutano la Russia. Inoltre già in Turchia è in costruzione la centrale nucleare ad opera della russa Rosatom, con conseguente appendice di effetti sia sull’accordo del grano (ostracizzato da Mosca) sia sul dossier energetico, visto che la Russia sta realizzando una base navale in Libia, lì dove Erdogan è il nuovo ras.

Kirklareli

“Siamo in trattative da molto tempo con un’azienda cinese. Così saremo in grado di colmare le lacune e raggiungere presto un accordo con la Cina per il programma di energia nucleare”, ha detto il ministro turco dell’Energia Alparslan Bayraktar, secondo cui lo scorso anno la Turchia ha importato energia per 99 miliardi di dollari, per questa ragione il governo intende porre fine alla sua dipendenza dall’estero. “Siamo anche in contatto con la Corea del Sud. La priorità della Turchia a questo riguardo è un maggiore trasferimento di tecnologia e localizzazione”. Nello specifico aumenteranno i piccoli reattori modulari (SMR) da 5mila megawatt che il governo intende aggiungere al sistema nazionale entro il 2050.

Un passo che si somma ai numerosi progetti in piedi e in itinere nelle energie rinnovabili, dove la Turchia ha di fatto notevoli potenzialità, in particolare nell’eolico e nel solare. L’obiettivo del governo è pianificare almeno 42mila megawatt di solare, 18mila megawatt di eolico e 5mila megawatt di eolico offshore entro due lustri. Al contempo proseguono i negoziati con la Russia per la realizzazione della seconda centrale nucleare del Paese nella provincia di Sinop sul Mar Nero. Attualmente il 55% della capacità turca proviene da fonti rinnovabili.

Politica energetica

Non solo Cina e Russia: un sostegno alle politiche energetiche sul Bosforo verrà dal golfo dopo la firma degli accordi da 50,7 miliardi di dollari siglari due mesi fa tra la Turchia e gli Emirati Arabi Uniti. La società emiratina Masdar si sta preparando ad acquistare azioni della Fiba Renewable Energy Inc. di proprietà di Hüsnü Özyeğin.

Più in generale spicca la propensione del presidente Erdogan a considerare l’energia come asset portante del suo nuovo governo, forse più che in passato, passaggio sottolineato anche in occasione del recente incontro con Vladimir Putin, a cui ha ribadito la disponibilità a farsi perno nella macro regione a cavallo tra Mediterraneo e Caucaso. A Putin Erdogan ha detto di voler affrontare il settore energetico per compartimenti stagni, ovvero creando un centro del gas naturale in Turchia, utile sia alla trasmissione dell’energia stessa che al peso specifico acquisito grazie allo status di hub energetico. Erdogan punta a unire idealmente Ankara, Amburgo e Londra sotto il comune denominatore del gas e delle attività delle aziende impegnate, con tre settori distinti ma in relazione: l’energia, il gas naturale, l’estrazione mineraria.

Reazioni

Come potranno reagire i partner atlantici all’intervento diretto della Cina nella costruzione della centrale? La Turchia ha recentemente inviato 317 studenti in Russia per essere formati nella tecnologia nucleare, al contempo nuovi programmi di studio per sviluppare l’educazione nucleare sono stati inseriti nelle università di Istanbul. Con Washington però la Turchia ha già in piedi una serie di elementi di frizione, fra tutti gli F-16 che Erdogan vorrebbe acquistare (dopo l’espulsione dal programma degli F-35), ma su cui il Congresso americano è ancora spaccato. Con il governo greco sono stati avviati significativi passi in avanti al livello diplomatico, per preparare l’incontro al Palazzo di Vetro dell’Onu tra Erdogan e il premier ellenico Mitsotakis.

Vi sono inoltre in essere una serie di delicate questioni relative all’allargamento della Nato, alla zee con la Libia che “dimentica” Creta, alle rivendicazioni rispetto alle acque cipriote, che pongono la Turchia certamente al centro del dibattito mediterraneo ma anche al centro di tensioni con gli alleati.

Il tutto mentre l’amministrazione Biden ha imposto sanzioni a cinque società turche e a un cittadino turco, accusandoli di aiutare la Russia nella guerra contro l’Ucraina. Si tratta di compagnie di navigazione accusate di aiutare a riparare navi sanzionate legate al ministero della Difesa russo e di aiutare il trasferimento di “beni a duplice uso”. Fa parte di un pacchetto più ampio di misure che colpiscono la Russia con sanzioni su oltre 150 obiettivi, tra cui la più grande casa automobilistica del Paese.

Tris nucleare in Turchia, vicino l'accordo con la Cina per la terza centrale

Se da un lato Erdogan intende stemperare gli effetti delle sue politiche di importazione energetica, che lo scorso anno sono pesate per 99 miliardi di dollari, dall’altro andranno valutate le reazioni per “l’aiuto” cinese alla costruzione del sito a Kirklareli, dopo quello di Rosatom ad Akkuyu

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