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La transizione al potere in Cina è conclusa. Con la nomina a presidente della Repubblica, Xi Jinping ha racchiuso nella sua figura le tre più importanti cariche della seconda economia al mondo: segretario generale del Partito comunista; presidente della commissione militare centrale, e quindi al comando delle Forze armate; capo di Stato.

L’elezione

L’elezione, affidata formalmente ai delegati dell’Assemblea nazionale del popolo e decisa con 2.952 voti a favore, tre astensioni e un solo voto contrario, non ha fatto che confermare le scelte fatte a novembre nel corso del congresso del Pcc.

I poteri

Delle tre quella di capo di Stato è la carica rivolta verso l’esterno. Il Presidente è l’immagine della Repubblica popolare nel mondo. Al di qua della Muraglia a contare sono invece il ruolo di numero uno del Partito e la guida dei militari, la cui fedeltà è considerata uno dei cardini per la tenuta del potere.

Passato e presente

Tornando al passato, bisogna risalire agli anni Sessanta e alla fase della demaoizzazione per ritrovare un leader, Hua Guofeng, che da subito detenne i tre incarichi.

Per restare alle ultime due transizioni al potere, sia il presidente uscente Hu Jintao sia, dopo i fatti di Tian’anmen, Jiang Zemin dovettero attendere almeno due anni prima che i loro predecessori cedessero la poltrona di presidente della commissione militare.

La leadership

Xi Jinping ha ora nelle proprie mani le redini del potere. Non assoluto. Il processo di istituzionalizzazione del Partito ha fatto sì che la leadership sia considerata collettiva, racchiusa nel vero gotha della politica cinese, il comitato permanente del Pcc i cui sette componenti hanno a loro volta dietro maggioranze nel comitato centrale.

Dietro Xi Jinping faranno inoltre valere la propria influenza i due presidenti emeriti ancora in vita, Hu Jintao e il 92enne Jiang Zemin che dato in pericolo di morte due anni fa è tornato come eminenza grigia delle scelte durante l’ultimo congresso.

Uno e trino

Xi uno e trino è anche una riaffermazione del unità dopo i tumulti dello scorso anno. Un 2012 segnato dall’epurazione d Bo Xilai, numero del Pcc nella magalopoli di Chongqing e a lungo considerato la stella nascente della politica cinese, ora in attesa di processo per corruzione, abuso di potere e complicità nell’omicidio dell’uomo d’affari britannico Neil Heywood, per il quale è già stata condannata a morte, con pena sospesa, la moglie di Bo, Gu Kailai.

La vicenda è stata definita il più grande scandalo politico in Cina degli ultimi trent’anni. In molti hanno paragonato il processo che si dovrà aprire a quello contro la Banda dei Quattro che pose fine al periodo maoista.

Le accuse contro Bo

Le accuse contro Bo sono state inoltre presentate come la volontà del Partito di combattere la corruzione a ogni livello. Una campagna per cui Xi si è speso sin dall’inizio del proprio mandato decennale accompagnata dall’esortazione ai funzionari del Partito e ai politici per uno stile più frugale e morigerato.

L’economia

Rispetto al predecessore Hu Jintao, Xi si trova alla guida di un Paese più forte militarmente ed economicamente, ma anche con disuguaglianze più profonde e con una crescita che rallenta, sebbene i ritmi (al 7,5 per cento) facciano invidia in altre parti del mondo.

Il tasso di riformismo

Gli osservatori tentano inoltre di pesare il tasso di riformismo del nuovo presidente. Per molti, un segnale è stata la nomina a vicepresidente di Li Yuanchao, già a capo del dipartimento per l’organizzazione e con un passato di studi ad Harvard. A deludere le aspettative sono al momento le crescenti tensioni con il Giappone per le dispute territoriali attorno alle isole Senakaku Diaoyu o la vicenda della censura al Nanfang Zhoumo, una delle riviste più indipendenti della Repubblica popolare, i cui giornalisti hanno inscenato una protesta che non si vedeva dai tempi di Tian’anmen.

L’accorpamento dei ministeri

Il tema riforme gira attorno al diverso significato che la parola assume in Cina e in Occidente. Dall’annuale sessione plenaria dell’Assemblea nazionale del popolo, la Cina esce con una riorganizzazione del esecutivo in cui è scomparso il ministero delle Ferrovie, colpito dagli scandali; c’è stato l’accorpamento tra il dicastero della Sanità e la commissione per la pianificazione familiare che presiede alla legge sul figlio unico; è state istituita un’agenzia per il controllo dei cibi, risposta agli scandali alimentari dell’ultimo decennio.

Il nuovo governo

Da domani Xi sarà affiancato dal nuovo governo presieduto da Li Keqiang che prenderà il posto di Wen Jiabao, e al cui interno potrebbe sedere come ministro delle Finanze l’ex numero uno del fondo sovrano Luo Jiwei. Per adesso il lato riformista è soprattutto di immagine. Anche grazie alla first lady Peng Liyuan, generale dell’Esercito e popolare cantante folk, che lo accompagnerà nel viaggio in Sud Africa seconda tappa del primo viaggio presidenziale dopo la Russia. Una novità se si pensa che quasi niente si sa delle consorti degli precedenti capi di Stato. Almeno nello stile un segno di cambiamento

Xi Jinping uno e trino

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