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È l’inquinamento, e non più come in passato le dispute per gli espropri, la principale causa di malcontento e protesta in Cina. Lo ha detto, citato da Bloomberg, l’ex esponente del Comitato per gli affari politici e legislativi del Partito comunista, Chen Jiping. Altro dato: se le proteste sono state in calo rispetto agli anni passati, aumenta il loro impatto sulla società e sui processi decisionali. Ogni anno ci sono tra i 30mila e i 50mila “incidenti di massa”, termine nel quale la dirigenza include svariate forme di protesta dal movimento di Tian’anmen alla manifestazione di operai che chiedono che l’imprenditore paghi loro quanto dovuto. Un numero in calo. Servizi come la piattaforma di microblog contribuiscono invece ad amplificare l’eco delle manifestazioni. “Il principale motivo di protesta sono le questioni ambientali, di cui tutti sembrano interessarsi”, ha spiegato Chen mentre il tema è al centro delle “due sessioni” le annuali planarie dell’Assemblea nazionale del popolo, quanto di più simile in Cina a un Parlamento, e della Conferenza politico consultiva, riunite in questi giorni a Pechino. “Anche i funzionari respirano l’aria inquinata”, aveva detto tempo fa il blogger e attivista Michael Anti, incontrato al Festival di Internazionale a Ferrara. D’altronde le proteste nell’ultimo anno hanno avuto risultati. A ottobre successe a Ningbo, nella ricca provincia costiera dello Zhejiang, dove migliaia di manifestanti ottennero la sospensione del previsto ampliamento di un impianto petrolchimico di proprietà di una controllata del colosso statale Sinopec. A luglio le proteste popolari costrinsero alla sospensione della costruzione di un oleodotto a Qidong, nel Jiangsu. Poche settimane prima gli abitanti di Shifang, nella provincia sudoccidentale del Sichuan, scesero in strada e ottennero, anche con scontri, il blocco di un impianto per la produzione di rame. Nell’estate del 2011 capostipiti di questo fenomeno furono le migliaia di abitanti di Dalian, città portuale nella Cina nordorientale, in lotta contro una fabbrica per la produzione di paraxylene. Di questi mesi è invece l’immagine delle città cinesi avvolte da una coltre di smog con la densità del particolato ben al di sopra dei limiti fissati dall’Organizzazione mondiale per la sanità. Situazione che ha spinto Pechino a una maggiore trasparenza nei dati sulla qualità dell’aria. Aperture che invece non ci sono state, quando si è deciso di coprire con il segreto di Stato i risultati di un’inchiesta, durata sei anni, sull’inquinamento del suolo: gli ultimi dati ritengono che un decimo dei terreni cinesi siano gravemente contaminati. Nel discorso di apertura dell’Anp è stato lo stesso premier uscente Wen Jiabao a rimarcare la necessità di bilanciare sviluppo economico e protezione ambientale. E il suo probabile successore, Li Keqiang, lo scorso gennaio chiese di avere pazienza impegnando la nuova leadership ad affrontare il tema.

Che cosa preoccupa davvero i cinesi

È l'inquinamento, e non più come in passato le dispute per gli espropri, la principale causa di malcontento e protesta in Cina. Lo ha detto, citato da Bloomberg, l'ex esponente del Comitato per gli affari politici e legislativi del Partito comunista, Chen Jiping. Altro dato: se le proteste sono state in calo rispetto agli anni passati, aumenta il loro impatto…

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