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L’Autorità di sistema portuale del Mar Ionio ha respinto e archiviato l’istanza di Progetto Internazionale 39 per la piattaforma logistica del porto di Taranto. Lo scrive il Corriere di Taranto, spiegando che la ragione della decisione che riguarda la società, il cui 34% è detenuto da un delegato del governo cinese, è la mancata capitalizzazione e la mancata modifica dei soci.

Come raccontato su queste pagine nelle scorse settimane, un’area di 132.171 metri quadrati era stata assegnata alla Progetto Internazionale 39. Assieme a Gioia Tauro, Taranto è area cruciale per le attività della Marina italiana e della forze Nato. Ed è da tempo nel mirino cinese. Basti pensare che ad aprile è arrivato il via libera al progetto di Ferretti Group, gruppo del made in Italy controllato dal colosso pubblico cinese Weichai, per il nuovo stabilimento di produzione di scafi per gli yacht nel porto pugliese (annunciato pochi mesi dopo l’adesione italiana alla Via della Seta con la firma del memorandum d’intesa nel marzo 2019 sotto il governo gialloverde presieduto da Giuseppe Conte).

Il quotidiano La Verità aveva rivelato che la società – che oggi si occupa di trasporti e logistica ma prima, sotto il nome di Pumma Brand, gestiva un marchio di una catena di pizzerie a Roma – ha sede nella capitale, in Piazzale Clodio 22, nello studio del commercialista Tommaso Celletti. Quest’ultimo ne risulta anche amministratore unico e azionista al 33%. Alfredo Esposito, residente a Civitavecchia, ha una quota pari. Il restante 34% è diviso tra un delegato del governo di Pechino in Italia (Sergio Gao Shuai) che detiene il 33% e un’associazione (Dragon Business Forum, responsabile di progetti per favorire rapporti tra imprese italiane e cinesi) a lui collegata che ha l’altro 1%.

Sergio Prete, a capo dell’Autorità di sistema portuale del Mar Ionio (e unico italiano tra gli esperti del Shanghai International Shipping Institute), aveva spiegato che “Progetto Internazionale 39 è solo una società di scopo, in realtà gli investitori saranno altri e sono italiani”. Ma quali siano stati gli altri investitori “italiani” non si è mai scoperto. Ciò che è noto, però, è che in passato sullo scalo è stato forte l’interesse di Cosco, compagnia di Stato cinese e cruciale nel progetto Via della Seta lanciato dal leader Xi Jinping, come raccontato sempre su queste pagine.

A spingere le mire cinesi sul porto di Taranto era stato anche Beppe Grillo. Sono “un’occasione” da non perdere, capace di far entrare l’Italia nella cosiddetta Via della Seta marittima, aveva detto il fondatore del Movimento 5 Stelle ai parlamentari a marzo.

Chissà se ora lui o qualcun altro descriverà il mancato arrivo dei cinesi a Taranto – un altro stop a Pechino che arriva poco prima della decisione del governo italiano sul rinnovo del memorandum d’intesa sulla Via della Seta – come una perdita per il territorio, continuando a parlare di investimenti senza soffermarsi sugli aspetti strategici e di sicurezza nazionale.

Porto di Taranto, salta la concessione alla società del delegato di Pechino

L’Autorità di sistema portuale del Mar Ionio ha rigettato la richiesta per la concessione della piattaforma logistica presentata da Progetto Internazionale 39, il cui 34% è detenuto da Sergio Gao Shuai

turisti cinesi

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