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Mosca è sempre più lontana, vista da Astana. Tra la Federazione Russa e il Kazakistan, entrambi parte integrante del sistema sovietico per quasi un intero secolo, i saldi legami sviluppatisi all’indomani dell’indipendenza si stanno deteriorando sempre di più. Soprattutto nell’ambito della difesa: nonostante la comune base dottrinaria e tecnologica delle forze armate dei due Paesi, il Kazakistan si sta sganciando sempre di più dall’apparato militare-industriale russo, guardando altrove in cerca di partner nuovi o meno nuovi.

Tra questi ultimi rientra la Turchia. La storia di cooperazione tra Ankara e Astana è ben radicata, con il primo accordo di cooperazione militare bilaterale tra i due Stati, riguardante l’invio in missione di ufficiali kazaki ad addestrarsi in Turchia, firmato nel 1993. Pochi anni dopo, il governo turco ha iniziato a finanziare (anche se tramite cifre piccole, ma molto simboliche) la modernizzazione dell’apparato militare kazako. Ma l’influenza russa era ancora troppo importante per permettere ad Ankara una penetrazione profonda.

Tuttavia, negli ultimi dieci anni la situazione è andata mutando molto rapidamente, anche grazie alla spinta narrativa che Recep Tayyp Erdogan ha dato al concetto alla base degli “Stati Uniti del mondo turco”. Nel 2011, i due Paesi hanno firmato un accordo sulla creazione di una joint venture per la produzione di prodotti militari-industriali. Due anni dopo, l’impresa turca Aselsan e la Kazakhstan Engineering hanno inaugurato lo stabilimento kazako Aselsan Engineering, dove si producono apparecchiature di comunicazione e sorveglianza, sistemi di comando e controllo automatizzati, moduli di combattimento, apparecchiature per la guerra elettronica, sistemi avionici e sistemi di controllo marittimo e civile per le forze dell’ordine.

E lo scoppio della guerra in Ucraina ha accelerato il processo di smarcamento kazako dalla Russia. Nel maggio del 2022 l’azienda di droni turca Tai concede al governo kazako la licenza per la produzione dei propri modelli Anka, oltre alla creazione di un impianto produttivo in territorio kazako, il quale dovrebbe diventare pienamente operativo entro il 2024; mentre è del luglio di quest’anno la notizia dell’intesa raggiunta tra il produttore kazako Zenith e le controparti turche Asfat e Yda Group per la costruzione di nuovi vascelli nell’impianto cantieristico di Uralsk , all’interno del primo framework di cooperazione navale tra i due paesi.

Ma la Turchia non è l’unico partner con cui il Kazakistan sta costruendo progetti di cooperazione di natura industriale-militare. In agosto, l’impianto di ingegneria pesante di Petropavlovsk in Kazakistan ha avviato la produzione locale di sei diversi droni che possono essere utilizzati per scopi militari e civili. L’impianto ha stretto una partnership con la Repubblica Popolare per l’approvvigionamento di parti critiche, ma la produzione avviene in suolo kazako. Mentre a novembre il ministro della Difesa kazako Ruslan Zhaksylykov ha rivelato l’intenzione di co-produrre droni da combattimento insieme alla Corea del Sud in territorio kazako.

Una politica di Difesa, quello di Astana, molto coerente con l’approccio di politica estera: non delimitato da fedeltà di sorta o appartenenza a un blocco, ma finalizzato alla diversificazione e al mantenimento di un’equidistanza con i singoli partner. Nel segno di una volontà di affermazione dello Stato turanico nel sistema multipolare del futuro.

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