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Il 13 febbraio del 2012, il giorno dopo le primarie della Mesa Unión democrática (Mud), la coalizione dell’opposizione venezuelana, il candidato unico Henrique Capriles Radonski sapeva che l’obiettivo di battere il presidente Hugo Chávez non sarebbe stato facile. Aveva poco tempo, meno di otto mesi, e risorse infinitamente più limitate rispetto a quelle del suo concorrente. Ma questa volta almeno l’opposizione era unita e alle elezioni non si presentava con sette opzioni come era accaduto in passato, frammentando il sostegno. Capriles è riuscito a raggruppare, per la prima volta nella storia, circa 30 partiti di diversa tendenza ideologica in un’unica coalizione. Qualcosa, politicamente, stava maturando.
 
Per evidenziare le differenze rispetto all’ex militare che dal 1999 è al potere in Venezuela, Capriles aveva deciso di fare una campagna iperattiva, percorrendo l’intero territorio nazionale e facendo entrare “casa per casa” un discorso di conciliazione e dialogo, di apertura la mercato e al nuovo. Senza mai nominare al suo concorrente. Chávez, invece, è dovuto rimanere fermo a causa della sua malattia e si è dedicato sistematicamente ad attaccare Capriles, spesso insultandolo. Non solo il suo programma di governo ma anche le sue origini ebraiche e la mancanza di una fidanzata.
 
Nonostante gli ostacoli e la corsa contro il tempo, Capriles è riuscito a recuperare due milioni di voti in tempo record. Il risultato elettorale di queste presidenziali (54% di Chávez contro 46% di Capriles) è il differenziale più grande che ci sia mai stata tra Chávez e un suo concorrente. Tenendo conto che questa volta l’astensionismo è stato al minimo storico, il 19%, Chávez ha guadagnato 100 mila voti mentre l’opposizione due milioni. Un risultato che però non ha soddisfatto gli antichavistipiù radicali.
 
Anche questa volta, appena è stato trasmesso il primo bollettino ufficiale del Consiglio nazionale elettorale, l’opposizione venezuelana si è aggrappata all’idea di una frode per digerirela quarta vittoriaelettorale di Hugo Chávez. Vana illusione per spiegare il perché un Paese ricco viva ancora sommerso nella povertà e sequestrato dalla criminalità continuando a scegliere un modello che in quattordici anni ha mancato la promessa di prosperità. Circa 18 mila morti nel 2011 per colpa della criminalità, l’importazione dell’80% dei consumi interni, il 27% di inflazione, la più alta dell’America latina, il dimezzamento dell’industria privata. L’economia è sempre più dipendente sul petrolio e dalla spesa pubblica.
 
Ma se in Venezuela non c’è stata una frode elettorale, perché continua a vincere Chávez? In cosa sbaglia l’opposizione? Come ha spiegato il giornalista de “El Universal”, Tomás Ramírez, in Venezuela “la frode è una legge costituzionale che permette la rielezione indefinita e lascia il campo libero per dilapidare le risorse dello Stato nel populismo e comprare i voti”. Un candidato che può fare uso degli incassi della vendita del petrolio come vuole, senza nessun ente che regoli o controlli le spese, è in evidente vantaggio. E pensare che nel 2007 Chávez quel referendum per chiedere la riforma costituzionale e permettere la rielezione indefinita lo aveva perso, ma dopo ha modificato quell’articolo grazie ad un decreto presidenziale.
 
Dal 1999, quando Chávez ha vinto le sue prime elezioni, il Venezuela ha moltiplicato sette volte gli incassi per la vendita del petrolio. E con quelle risorse sono state finanziate le missioni sociali, bandiera unica e principale della politica del presidente Chávez. Programmi lodevoli che hanno ridato potere d’acquisto alla popolazione ma senza una solida struttura per costruire la crescita economica, sociale e culturale del Paese. Sono invece un ottimo strumento per comprare elettori.
 
Nel suo primo intervento dopo la comunicazione dei risultati, Capriles ha rifiutato qualsiasi riferimento ad una frode e ha invitato ad abbandonare i radicalismi che hanno spaccato la società venezuelana. “Non c’è tempo da perdere”, ha detto. Capriles si è dimostrato il rivale più forte che Chávez ha dovuto affrontare e la sua storia è appena cominciata. Si è già rimboccato le maniche per le elezioni regionali di dicembre, dove dovranno riconquistarsi una ventina di governatorati. Contro il tempo, anche questa volta.
 
L’opposizione dovrà però mantenersi unita, con un solo candidato come leader, al contempo dovrà riflettere sui propri errori e sulle ragione profonde per cui Chávez continua a conquistare voti.
 
Articolo uscito su “Il Mattino” – 09 ottobre del 2012

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