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“A Roma non è caduta una giunta, è collassato un sistema”, scriveva oggi sul Sole 24 Ore Stefano Folli. Per l’editorialista, le elezioni che si profilano dopo quello che Famiglia Cristiana ha definito “un indecente sperpero di risorse, che offende poveri, disoccupati e giovani senza lavoro e grida vendetta agli occhi di Dio”, “saranno – dice in una conversazione con Formiche.net – un importante cartina tornasole per capire fino a che punto i cittadini hanno perso la fiducia verso la politica”.
 
Il nome del ministro della Cooperazione internazionale e integrazione, Andrea Riccardi, che era circolato con l’ipotesi commissariamento, pensa Folli, “potrebbe essere ottimo ma come candidato alle elezioni perché nel Lazio, lo ha detto ieri anche Pier Ferdinando Casini, bisogna restituire la parola ai cittadini”.
Già, ma quando? Dai 135 giorni previsti per legge dal momento delle dimissioni che farebbero andare alle urne già a metà febbraio, è possibile che il governo, per risparmiare, preferisca un election day che riunisca nello stesso giorno le regionali con le comunali e politiche previste per la primavera.
 
Un’ipotesi che però solleva qualche dubbio. Mentre il sindaco di Roma Gianni Alemanno lascia aperta la porta a questa strada, “bisogna ragionare ma ancora non ho un giudizio”, e lancia le primarie delle idee, il senatore del Pd, Ignazio Marino, esprime su facebook tutta la sua contrarietà: “No a election day, sarebbe irresponsabile”. “Il Lazio – sottolinea – è una regione sottoposta a piano di rientro, con un debito che ammonta a oltre 10 miliardi di euro.
Il sistema sanitario regionale in particolare è fragile a causa dei tagli e della mancanza di investimenti, che hanno lasciato i cittadini senza una assistenza efficace. Ricordiamo tutti le difficoltà dei pronto soccorso, le carenze di alcuni ospedali pubblici, le condizioni di precariato permanente in cui sono costretti migliaia di operatori sanitari”. E – conclude – “attendere sei mesi, abbandonando a sé stessa la sanità e i cittadini, è inaccettabile”.
Un no ribadito anche dal senatore dell`Idv, Stefano Pedica, “la banda Bassotti non deve stare alla Pisana neanche un minuto in più. Bisogna sciogliere subito il Consiglio regionale e indire le nuove elezioni”.
 
E’ comunque già iniziato il toto nomi sui possibili candidati alla poltrona di governatore. Mentre la Polverini si chiama fuori, “Non mi ricandido. Considero la mia esperienza conclusa nel Lazio, un´esperienza positiva, ma anche devastante”, nel centro destra avanza il nome di Giorgia Meloni mentre nel Pd quelli di Enrico Gasbarra e David Sassoli. L’Udc potrebbe lanciare, come anticipato sopra, Riccardi, candidatura cui il Partito democratico difficilmente direbbe no.
Con l´Udc, infatti, il Pd ha stretto l´alleanza in Sicilia e si propone di farla anche a livello nazionale e sarebbe difficile non tenere in considerazione una candidatura avanzata da Casini. Ma i conti si fanno con l’oste e va ovviamente verificata la disponibilità del ministro, che già ha risposto di no a chi gli proponeva di candidarsi per il Campidoglio, sempre il prossimo anno.

Che cosa accadrà dopo Polverini

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