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“Le dimissioni sono merce rara. Ma non ha tergiversato l’ambasciatore Francesco Talò, non ha accampato scuse, non ha fatto lo scaricabarile”, scrive il diplomatico Stefano Stefanini sulla Stampa. Francesco Talò, ex rappresentante permanente italiano alla Nato e feluca in Israele, ieri mattina ha rassegnato le sue dimissioni da consigliere diplomatico, prendendosi tutte le responsabilità del caso della telefonata dei due prankster russi, noti come Vovan e Lexus, al presidente del Consiglio Giorgia Meloni.

Con un distillato del senso dell’essere un civil servant, che la stessa Meloni ha definito “un gesto di responsabilità” per il quale va ringraziato durante una conferenza stampa.

“Era il capo dell’ufficio diplomatico della presidente del Consiglio. La telefonata del falso Moussa Faki (il presidente della Commissione dell’Unione Africana interpretato dal russo nello scherzo, ndr) rientrava nelle competenze del suo ufficio. Se ne è assunto la responsabilità e si è dimesso”, sottolinea Stefanini, rimarcando la prassi logica che però spesso viene deviata.

“Il gesto col quale conclude la sua carriera di grande servitore dello Stato […] è un’esemplare dimostrazione di carattere e di professionalità. Che conta molto di più della telefonata che ne è stata causa. La telefonata ha fatto notizia, in Italia. Ha fatto ridere i russi, ma non più di tanto perché non c’è nulla di particolarmente consolante per loro in quello che la Premier ha detto a Vovan e Lexus (brava Giorgia!)”, continua Stefanini.

Internazionalmente, è passata pressoché inosservata, nota l’editorialista. “Il contenuto è politicamente irrilevante. Con precedenti illustri — Markel, Hollande, il Segretario Generale della Nato —le scusanti abbondavano. Se nella trappola dei due professionisti dello scherzo cadono i servizi a protezione dell’Alleanza Atlantica, ci possono ben cadere anche quelli di Palazzo Chigi”.

E ancora, senza deviare sulle scusanti appunto: “Ma l’errore c’era stato ed era stato commesso dall’ufficio di cui Talò era a capo. Pur con conseguenze minime, non certo ‘planetarie’. Egli se ne è assunto la responsabilità, senza se e senza ma. Così fanno i veri ‘capi’, come in comandanti che restano sul ponte e affondano con la nave. Ma pochi lo fanno. La cronaca, italiana e non, è piena di feroci abbarbicamenti al posto e incapacità di riconoscere errori”.

Stefanini allarga la sua riflessione al contesto internazionale, dove ci sono elementi ben più critici di quanto accaduto a Palazzo Chigi: “Chiedere a Benjamin Netanyahu che ancora scarica su generali e intelligence le colpe della tragica sorpresa del 7 ottobre. Ci vogliono coraggio, decenza e senso etico a dimettersi senza guardarsi intorno alla ricerca di (altri) capi espiatori. L’ambasciatore Talò li ha avuti. Grazie Francesco”.

Francesco Talò, le dimissioni di un leader. Parola di Stefanini

Dalle colonne de La Stampa, l’ambasciatore Stefano Stefanini commenta il caso delle dimissioni del (fu) Consigliere diplomatico di Giorgia Meloni. E spiega perché il gesto merita apprezzamento e gratitudine. Da leggere

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