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Spiega Célia Belin, capo dell’ufficio di Parigi dell’European Council on Foreign Relations (Ecfr), che “la principale lezione dei risultati di queste elezioni legislative è proprio che la maggioranza degli elettori francesi ha rifiutato l’estrema destra e le ha negato il potere di governare”. Sebbene, “per ottenere questo risultato, la classe politica francese ha attraversato molte turbolenze: i candidati di sinistra e centro si sono ritirati a favore l’uno dell’altro per bloccare l’estrema destra e gli appelli al voto tattico hanno impedito a molti candidati del Rassemblement National (Rn) di continuare la loro ascesa”. Turbolenze che non nascondono differenze, differenze che possono marcare divisioni.

Nonostante i buoni risultati nelle elezioni europee e nel primo turno delle elezioni legislative, il Rn di Marine Le Pen ha dimostrato di non essere pronto a governare: la strategia di normalizzazione degli ultimi anni non ha nascosto il fatto che la piattaforma del Rn continui a essere estrema e che molti dei loro candidati locali siano stati dilettanti e/o estremisti, spiega l’esperta del think tank paneuropeo. Tra i due turni sono circolati ampiamente video di candidati locali che mostrano incompetenza, radicalismo e razzismo manifesto, in effetti.

Tuttavia, Rn ha ottenuto più del 37% dei voti francesi, molto avanti rispetto al Nouveau Front Populaire (26%) e all’Ensemble del presidente Emmanuel Macron (23%), seppure questo si sia tradotto in un terzo posto in termini di seggi: “Il loro continuo radicalismo e isolamento nella politica francese è la ragione per cui continuano a sottoperformare quando questi risultati si traducono in seggi”, aggiunge Belin.

I risultati hanno confermato la divisione tripartita dell’elettorato francese tra un blocco di sinistra, un blocco centrista e un blocco di estrema destra. Poiché nessun ha ottenuto la maggioranza assoluta – o è anche solo vicino a ottenerla – nessuno può rivendicare la legittimità di governare, e per questo la Francia sta entrando in un “terzo turno” delle sue elezioni legislative, dove i negoziati stanno iniziando e potrebbero durare giorni o settimane.

L’antagonismo tra La France Insoumise (LFI) e il campo di Macron limita la possibilità di una grande coalizione tra sinistra e centro. Fino ad ora, il presidente Macron non ha mai dimostrato una volontà o capacità di negoziare sulla sua piattaforma politica per formarla quella coalizione, portando probabilmente a una maggioranza divisa con visioni contrastanti su questioni chiave come le pensioni e l’immigrazione.

Implicazioni sulla politica estera francese

Per Camille Lons, vice capo dell’ufficio parigino Ecfr, “i risultati assicurano che non sia necessario alcun cambiamento significativo. La Costituzione prevede che il presidente mantenga molte prerogative, soprattutto in caso di governo tecnico o di grande coalizione, dove le ambizioni di Macron sulla politica estera non saranno messe in discussione. È probabile che un nuovo governo si concentri su questioni interne piuttosto che sulla politica estera”.

Nei prossimi giorni o settimane, Macron esplorerà modi per mantenere il potere costruendo una coalizione intorno al suo blocco centrista. Mentre il Nouveau Front Populaire  rivendica la legittimità di governare grazie all’alto punteggio, Macron potrebbe essere disposto ad aprirsi alla destra dei Les Républicains e ad altri piccoli gruppi di destra, che insieme hanno ottenuto poco più di 60 seggi. Non sarebbe sufficiente per una maggioranza assoluta, ma potrebbe permettere la formazione di un governo di minoranza di centro-destra.

Lons sottolinea che “è relativamente chiaro contro cosa abbiano votato i francesi in queste elezioni, ma molto meno chiaro per cosa abbiano votato. Il voto tattico (o ‘Front Républicain’) per bloccare il Rn ha funzionato ancora una volta, ma potrebbe non funzionare per sempre”. Qui il rischio:, “La politica francese rimarrà divisiva e difficile da gestire, il che diminuirà l’influenza della Francia sulla scena europea e internazionale”.

La strategia politica di Macron dal 2017 è stata basata sulla creazione di un blocco repubblicano centrista per contrastare la crescita del Rn senza proporre in cambio una visione ideologica forte. Questa strategia “me o il caos” ha creato una crescente frustrazione in parte della popolazione che vede questo approccio come anti-democratico. Tra gli elettori lepenisti, questa frustrazione è ancora più forte, portando a un forte sentimento che i risultati delle elezioni siano stati rubati.

Anche perché, nei fatti, solo l’alleanza di altri partiti ha limitato il punteggio del Rn, ma in percentuale il partito dei Le Pen ha raccolto un terzo dei voti. Se non affrontata adeguatamente, questa frustrazione, insieme alla continua frammentazione del panorama politico, potrebbe portare a una vittoria del Rassemblement National nel lungo termine – possibilmente già alle elezioni presidenziali del 2027. E se il sollievo a breve termine di questi risultati non dovrebbe nascondere la sfida continua posta da Rn, la vittoria della sinistra non dovrebbe nascondere le forti divisioni all’interno di quel lato della politica francese.

Queste divisioni sono particolarmente evidenti proprio sulle questioni di politica estera, dove La France Insoumise ha tradizionalmente mantenuto una postura piuttosto euroscettica, anti-Usa, anti-Nato, con posizioni a volte ambigue su Russia e Cina.

All’interno della coalizione di sinistra, la formazione ha poi dovuto moderare alcune delle sue posizioni e includere il sostegno all’Ucraina nel suo programma su pressioni di figure come Raphael Glucksmann. Ma forti divergenze nelle visioni di politica estera rimarranno e potrebbero riemergere molto presto.

Al di là del sollievo a breve termine di vedere l’estrema destra sconfitta, queste elezioni aprono dunque una nuova pagina di incertezza e instabilità, dove i partiti saranno costretti a fare coalizioni e concessioni, qualcosa che non è solitamente radicato nella cultura politica francese. E queste dinamiche potrebbero avere effetti su posizioni e atteggiamenti francesi riguardo ai grandi dossier di politica internazionale. L’Eliseo resterà guida di tali processi, ma non potrà sottovalutare l’effetto che i partiti hanno sull’opinione pubblica delle sue collettività.

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