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La città di Halifax ospita annualmente il Forum Internazionale sulla Sicurezza, luogo di ritrovo e confronto tra le principali democrazie mondiali sulle questioni di sicurezza più rilevanti a livello globale. Nel 2021 la tematica principe era stata l’aggravarsi delle tensioni su Taiwan (anche se la delegazione ucraina già allora puntava il dito contro l’ammassarsi di forze russe lungo i confini); nel 2022 l’attenzione era ovviamente monopolizzata dal conflitto in corso nell’Europa dell’Est; quest’anno, alle due questioni degli anni precedenti si aggiunge il conflitto israelo-palestinese.

Ma la sovrapposizione di scenari differenti non ha impedito a Kyiv di sostenere con fervore la propria causa all’interno del consesso internazionale. Le posizioni ucraine ad Halifax sono state rappresentate dal procuratore generale Andriy Kostin, che ha utilizzato parole molto dure: “Viviamo ogni giorno tra speranza e convinzione. Perché quando siamo più forti, crediamo nella nostra vittoria. Crediamo che saremo sostenuti. E se la situazione è un po’ più difficile, lo speriamo”. Ma l’accento viene posto su un’altra questione: “La Russia sta usando il tempo come arma”.

Mosca è infatti riuscita a imporre uno stallo sul campo di battaglia, dove le operazioni militari seguono logiche d’attrito per le quali le capacità produttive della Federazione, esponenzialmente maggiori rispetto a quelle ucraine, risultano più adatte. Mentre il piccolo paese invaso, malgrado i titanici sforzi di adattamento dell’economia ad un contesto bellico, pur continuando a registrare piccoli e incrementali successi, è dipendente dagli aiuti occidentali per poter sostenere i ritmi correnti.

In un momento in cui la determinazione degli alleati democratici occidentali sta mostrando segni di cedimento, in parte a causa delle mutate realtà politiche in vari Paesi. In Slovacchia, un regime populista e più favorevole al Cremlino ha vinto le elezioni in ottobre. A gennaio, l’Austria ha annunciato che avrebbe smesso di inviare aiuti militari all’Ucraina, ma ha detto che avrebbe mantenuto il sostegno in altri modi.

Ad Halifax era presente anche Robert Brieger, generale austriaco attuale presidente del comitato militare dell’Unione Europea, il quale ha dichiarato che l’Ue ha aumentato rapidamente la produzione di nuovi equipaggiamenti militari, al fine di rifornire sia i propri Stati-membri che l’Ucraina. “L’ambizione è di produrre un milione di munizioni d’artiglieria da 155 mm entro la primavera del prossimo anno” ha detto Brieger, specificando però che “Probabilmente non riusciremo a raggiungere pienamente questa ambizione”.

Il militare austriaco ha anche riconosciuto che né il tentativo di colpo di Stato messo in atto a giugno da Yevgeny Prigozhin, né le sanzioni imposte dalla comunità occidentale siano riusciti a destabilizzare la Federazione Russa e il regime putiniano, o abbiano in qualche modo inficiato la sua capacità di sostenere lo sforzo bellico.

“La Russia ha un enorme potenziale per aumentare la capacità produttiva, e lo ha dimostrato durante la Seconda Guerra Mondiale. Si tratta di una grande economia. Probabilmente non si tratta di prodotti di alta gamma, ma di un gran numero di materiali e di risorse umane, non ben addestrate, non molto motivate, ma comunque un fattore sul campo di battaglia” ha affermato Brieger.

E mentre la crisi in Medio Oriente ruba risorse mediatiche a Kyiv, l’avvicinarsi delle elezioni presidenziali statunitensi pende come una spada di Damocle sul paese guidato da Volodymyr Zelensky. Di recente i partner europei hanno iniziato a discutere della possibilità di una seconda amministrazione Trump, ma solo “in modo informale”. E, se Donald Trump dovesse prevalere e perseguire una nuova era di isolazionismo americano, non ci sarebbe alcun sostituto per il ruolo dell’America nel sostenere l’Ucraina.

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