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Da Atene
Antonis contro Alexis. Ovvero Samaras vs Tsipras. Conservatori vs radicali. La Grecia chiamata al voto il prossimo fine settimana per la seconda volta in un mese (con un aggravio di spese folli in tempi di crisi come questi) ha due sole strade dinanzi a sé: la conservazione o la scelta di un cambiamento, entrambe con i rischi che si portano dietro come massi ingombranti. I leader rispettivamente di Nea Dimokratia e del Syriza sono accreditati dai sondaggi come i maggiori candidati alla vittoria, con percentuali che oscillano per entrambi tra il 26 e il 30%.
 
Sarà dunque un testa a testa fino alla fine anche tra due personaggi profondamente diversi, che incrociano ogni giorno le lame con sullo sfondo il contagio ellenico verso le banche spagnole e cipriote, l’incubo del ritorno alla dracma che si staglia sull’Europa intera e i ragionamenti che si fanno a Bruxelles, per prepararsi ad un’eventuale uscita dall’eurozona. Antonis Samaras guida il partito conservatore che, assieme ai socialisti del Pasok, ha firmato il memorandum della troika. Quello che se da un lato sta assicurando la liquidità necessaria al paese intero, dall’altro lo sta oggettivamente affondando sempre di più nella quotidianità.
 
Con numeri da brivido: la recessione che non smette di mordere le caviglie della Grecia (sesto anno di fila), la disoccupazione record al 21%, i 251 suicidi da crisi, il turismo interno crollato dal 70%, il mercato delle auto fermo, i malati gravi che non riescono ad ottenere i farmaci da una mutua che non ha più disponibilità finanziarie, i farmacisti che attendono rimborsi dallo stato per centinaia di milioni di euro, il numero dei senzatetto ateniesi raddoppiato in un anno, il record nei paesi Ocse dei bimbi sottopeso nella capitale. Samaras alle scorse consultazioni ha raccolto un misero 18% pur essendo risultato il primo partito e anche in virtù di un tasso di astensionismo storico: il 40%.
 
Due punti più in basso la coalizione della sinistre radicali guidata da Alexis Tsipras, il 37enne che come primo punto del suo programma ha posto la rinegoziazione di quel memorandum. In quanto contrattato troppo al ribasso, con di 4 euro che da Bce, Fmi e Ue arrivano in Grecia, ben 3 già da restituire sotto forma di interessi. Uno squilibrio che ha portato il cosiddetto “voto di pancia” alle stelle, come dimostra l’exploit del partito nazionalista di Alba dorata, entrato per la prima volta dopo 40 anni in Parlamento e accreditato di un miglioramento sensibile. Dietro tutti gli altri, almeno nelle previsioni. I socialisti del Pasok pagano lo scotto di anni di governo in cui, nei fatti, è maturato il debito pubblico attuale, per via di politiche miopi, per la mancata lotta alla corruzione e all’evasione fiscale, con quei danari ellenici custoditi in Svizzera (circa 300 miliardi) che nessuno reclama, nemmeno con provvedimenti per fare cassa come lo scudo fiscale.
 
In mezzo la gente comune. Quella che sta subendo un taglio del 20% su pensioni, stipendi e indennità, quella che paga la benzina verde due euro al litro, quella che fa i conti con altri 150mila dipendenti pubblici licenziati il prossimo settembre, quella che ha ritirato il contante dai propri conti correnti bancari per paura di perderli, quella che in questi anni ha conservato sotto il materasso ben 200 milioni di euro in dracme. Mai convertite nella moneta continentale.
 

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@uambrosoli

Ci sono giudici che farebbero -giustamente- udienza fino ben oltre 18, ma sono costretti a interrompere x rumorosità pulizia tribunale...

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