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2030, una scadenza vicina una manciata di bit, quella rappresentata dal programma strategico dell’Unione Europea per il decennio digitale. Un percorso che vede il nostro Paese arrancare in un ritardo il cui solco, rispetto alle altre nazioni europee, sembra diventare sempre più profondo, come evidenziato ogni anno dall’indice Desi, che riassume gli indicatori sulle prestazioni digitali dei Paesi dell’Unione.

Un gap che rischia di mettere a repentaglio quello che invece, oggi, è ancora un primato per l’Italia e che ci vede come seconda manifattura d’Europa. Con un sistema sempre più interconnesso e digitalizzato e una società sempre più governata dai dati, infatti, il rischio di vedere le imprese fagocitate dalla mancanza di condizioni ecosistemiche che favoriscano la competitività del Sistema Paese è decisamente concreto.

E a poco potrebbe servire la proverbiale creatività italiana in un mondo in cui, paradossalmente, le tecnologie digitali rappresentano un fattore abilitante alla stessa capacità creativa.  È proprio per fare un punto della situazione sullo stato digitale del Paese e condividere una roadmap per la transizione digitale italiana che il Governo e la Conferenza delle Regioni e delle Province autonome hanno siglato a Perugia, lo scorso 14 luglio, un accordo per rendere più efficace e immediata l’implementazione delle strategie nazionali ricorrendo al contributo delle Regioni, già abituate per competenza a gestire strumenti di pianificazione complessa come quello della programmazione comunitaria.

La firma è avvenuta durante l’evento “Jazz & Digital”, il primo meeting annuale della Commissione per l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione della Conferenza delle Regioni, ospitato nel pieno del 50° anniversario del festival musicale Umbria Jazz.

Il legame con la musica non è stato solo un elemento di cornice. Come nel jazz, in cui le forti tensioni e i momenti di dissonanza si risolvono sempre in una profonda coerenza della partitura, anche l’accordo “Insieme per la trasformazione digitale” punta a facilitare l’armonia e le sinergie tra le varie declinazioni territoriali.

Al centro dell’intesa, una serie di principi fondanti e condivisi, che permetteranno di massimizzare gli investimenti, promuovere progetti legati alla trasformazione e alla transizione digitale, acquisire nuove competenze e diffondere una vera cultura amministrativa digitale, una consapevolezza in grado di penetrare in ciascun livello della pubblica amministrazione. Un accordo che vede come cruciale il principio della centralità del dato, elemento abilitante della trasformazione digitale, che diventa strumento attivo e indispensabile nelle politiche pubbliche.

Ma il 14 luglio è stato anche un momento di confronto strategico tra protagonisti del mondo privato ed esponenti delle istituzioni, rappresentati al massimo livello dai due firmatari, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega al Digitale e all’Innovazione, Alessio Butti, e il presidente della Conferenza delle Regioni, Massimiliano Fedriga, nonché dagli assessori facenti parte della Commissione. Al centro del dibattito, cloud, cyber security e intelligenza artificiale. Tutti argomenti affrontati sotto vari punti di vista nell’ottica di investigare le molteplici potenzialità delle soluzioni tecnologiche protagoniste della transizione digitale.

Si è discusso dell’importanza del cloud eterogeneo, non solo per garantire maggior efficienza a livello di prestazioni lavorative e di sostenibilità energetica, ma anche in termini di aumento di resilienza e capacità di risposta in situazioni di emergenza non prevedibili. Ci si è confrontati sulla possibilità di creare un vero e proprio “Sistema Pubblico cloud” basato su una logica federata che consentirebbe di sfruttare appieno le potenzialità del cloud, ridisegnando le applicazioni, aumentando il livello di sicurezza e gestendo i dati pubblici a supporto di tutti gli enti territoriali.

E in maniera perfettamente armonica, come appunto nel migliore dei pezzi jazz, il tema delle tecnologie si è legato con quello delle competenze e della necessità di adeguarle al mercato, rivedere i contratti di lavoro della Pubblica Amministrazione per essere in grado di attrarre talenti digitali e creare un corpo di esperti specializzati nella sicurezza informatica. Ovviamente, parlando di Intelligenza Artificiale e di tutte le capacità di uno strumento tanto potente, il dibattito si è concentrato anche sui suoi aspetti etici e sugli impatti della sua evoluzione sul mondo del lavoro. Anche in questo caso, con dati e analisi alla mano, quelle che sembravano “forti tensioni e dissonanze”, si sono risolte in una partitura più equilibrata. Tanto che, durante il dibattito, è stato ben evidenziato come il futuro, molto probabilmente, non sarà fatto di macchine che sostituiscono uomini, ma di tipologie di lavoro differenti e di professionisti che aggiornano le loro skills sfruttando l’Intelligenza artificiale per aumentare notevolmente la propria produttività.

Tra i vari interventi e una “jam session” (ossia una tavola rotonda) e l’altra si è reso sempre più palese un dato di fatto: una delle poche cose in cui la transizione digitale si differenzia – metaforicamente – dal jazz è che questo percorso non lascia alcuno spazio all’improvvisazione.

Serve una pianificazione chiara e precisa per recuperare il ritardo accumulato e il Governo, coinvolgendo il sistema regionale, ha deciso di compiere un grande passo in avanti, consapevole che quel ritardo è stato spesso figlio di un’eccessiva compartimentazione del sistema pubblico e anche di un’importante frammentazione dei livelli istituzionali, dove ogni strategia è stata spesso orfana di un piano esecutivo.

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Condividere una roadmap per la transizione digitale italiana: per questo il Governo e la Conferenza delle Regioni e delle Province autonome hanno siglato a Perugia, lo scorso 14 luglio, un accordo per rendere più efficace e immediata l’implementazione delle strategie nazionali

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