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Le previsioni sull’innovazione e sulla tecnologia spesso non hanno brillato per lungimiranza. Era infatti il 1899 quando Charles Duell, sovrintendente Ufficio brevetti degli Stati Uniti, pronunciò l’infausta previsione: “Tutto ciò che poteva essere inventato è stato inventato”. Bastarono pochi mesi per smentirlo. Una cosa è certa: l’innovazione si autoalimenta. I risultati prodotti dalle innovazioni sono le basi per ulteriori innovazioni. Pensiamo all’innovazione prodotta dai tablet. Stanno rivoluzionando l’approccio ai computer, la consultazione di Internet, l’interrelazione con i social network e persino l’editoria, sostanzialmente identica dal 1455, anno della pubblicazione della prima Bibbia stampata da Gutenberg.
 
La Commissione europea ha posto, con la sua Agenda digitale, l’obiettivo di assicurare a tutti i cittadini, entro il 2020, la connessione a Internet ad una velocità superiore a 30 Mbps e, per almeno il 50% delle famiglie, la connessione con una velocità superiore a 100 Mbps. Secondo la Commissione, il ruolo che la rete può svolgere nella ripresa economica è paragonabile a quello svolto a suo tempo dall’energia elettrica e dai trasporti.
Agli Stati membri si chiede di rendere operativi entro il 2012 piani nazionali per la banda larga, per raggiungere gli obiettivi indicati nella strategia Europa 2010, di attivarsi per facilitare gli investimenti per la banda larga, nonché di procedere alle assegnazioni delle frequenze dello spettro radio, in modo da raggiungere il 100% di copertura di Internet.
Sembra dunque chiaro come lo sviluppo dei collegamenti veloci alla rete Internet, oggi più che mai, rappresenti un volano essenziale e strategico non solo per assicurare a tutti i cittadini l’accesso a informazioni, servizi e strumenti di lavoro, ma anche, se non soprattutto, per contribuire al rilancio delle attività economiche e produttive in tutto il continente europeo.
 
Su questi temi, il nostro Paese sconta certamente un ritardo, le cui responsabilità non sono solo politiche. Gli attori coinvolti nella politica delle nuove reti sono infatti numerosi – governo, Parlamento, Agcom, gestore della infrastruttura, operatori e fornitori di servizi – ed ognuno è chiamato in questo senso a fare la sua parte.
Segnali molto incoraggianti sono giunti dall’accordo raggiunto presso il ministero dello Sviluppo economico dai principali operatori nazionali di telecomunicazioni sul modello strutturale di base per lo sviluppo di reti di nuova generazione, sul quale dovranno poi attivarsi congiuntamente governo, enti locali e operatori. L’iniziativa permetterà di raggiungere gli obiettivi definiti dall’Agenda digitale europea entro il 2020, ovvero che il 50% degli utenti domestici italiani ed europei abbia attivato abbonamenti per servizi con velocità superiore a 100 Megabit. A questo bisogna aggiungere i 100 milioni di fondi Fas stanziati dal ministro Paolo Romani recentemente per implementare il Piano nazionale banda larga, che punta ad azzerare il digital divide in breve tempo, e il Piano per le reti di nuova generazione: due pilastri per la modernizzazione dell’Italia.
 
Ma il nostro è, da sempre, il Paese delle cento città e un ambito particolare dell’incrocio tra innovazione e agenda digitale è reperibile in ambito comunale. Lì le tecnologie digitali possono dare un contributo misurabile all’efficienza dei servizi di base. Un autorevole studio condotto sull’universo dei Comuni italiani ha stimato in oltre 1.500 il numero dei centri di elaborazione dati, una realtà polverizzata che ricorda più una gestione a dimensione familiare che quella professionale, oggi finalmente strutturata e regolata dal nuovo Codice dell’Amministrazione digitale. Pensare a miglioramenti incrementali dell’efficienza e quindi del costo dei servizi offerti non è quindi solo ragionevole, ma un must soprattutto in un momento di riaffermazione e ripensamento del patto di stabilità interno. Tecnologie come il cloud computing, sistemi informativi e modelli organizzativi a intelligenza diffusa sulla rete, possono rappresentare la chiave di volta per ridare efficacia ed efficienza all’azione amministrativa e rifondare dal basso il patto con il territorio. Ma serve una rete moderna e affidabile. L’agenda digitale italiana inaugurata dal ministro Romani stabilisce proprio quelle pietre miliari necessarie al decollo delle cosiddette Reti di nuova generazione a banda larga e larghissima, capaci di introdurre la fibra senza svalutare l’asset costituito dal rame, di metter insieme tecnologie stabili e nuove tecnologie. Il cloud computing rende oggi concreta la metafora della nuvola e riporta il livello di sicurezza (anche fisica) dei sistemi informativi degli enti locali su standard europei, ancora un obiettivo più che una realtà.
 
Ma le nuove tecnologie giocano un ruolo forte soprattutto nei piccoli Comuni, il cui futuro va verso dinamiche aggregative, sancite dall’Europa e sottese alla riforma federalista. Da segnalare il recente provvedimento di sostegno e valorizzazione dei piccoli Comuni. In quella sede (per i Comuni sotto i 5mila abitanti) è stato previsto il finanziamento agevolato di progetti informatici e di programmi rivolti all’e-government. In particolare il provvedimento attribuisce priorità al funzionamento e allo sviluppo dei Centri multifunzionali destinati alla gestione dei servizi ambientali, sociali, energetici, scolastici, postali, artigianali, turistici, di comunicazione, di volontariato e di associazionismo culturale, commerciali e di sicurezza e dei Centri di servizio territoriali, anche attraverso la fruizione del sistema wi-max. Tecnologie pubbliche ibride e sforzo privato (come nel caso del progetto Vodafone per l’allaccio alla banda larga via radio di 1000 Comuni in 1000 giorni, oppure il progetto Telecom per portare la banda larga a 100 Mbps in 15 città, o ancora Internet a 100 Mbps già offerto da Fastweb in alcune città) si presentano come la formula più promettente per chiudere il digital divide in aree sensibili per vocazione turistica, criticità ambientali o accumulazione di capitale intellettuale. Così, oltre ad essere un popolo di santi, poeti e navigatori, saremo anche un popolo di innovatori.

Un'agenda per innovare

Le previsioni sull’innovazione e sulla tecnologia spesso non hanno brillato per lungimiranza. Era infatti il 1899 quando Charles Duell, sovrintendente Ufficio brevetti degli Stati Uniti, pronunciò l’infausta previsione: “Tutto ciò che poteva essere inventato è stato inventato”. Bastarono pochi mesi per smentirlo. Una cosa è certa: l’innovazione si autoalimenta. I risultati prodotti dalle innovazioni sono le basi per ulteriori innovazioni.…

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