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La vicenda politico-istituzionale che si è svolta in riferimento alle distinte richieste parlamentari di sfiducia a Berlusconi ha rappresentato l’occasione nella quale è emerso il Nuovo Polo.
Alle originarie mozioni di sfiducia al governo, presentate dal Pd e dall’Idv, si era infatti venuta affiancando una nuova mozione di sfiducia, che aveva rappresentato un primo coordinamento parlamentare dei quattro soggetti politici (Udc, Fli, Api e Mpa) che – insieme ad illustre personalità politiche non necessariamente rappresentative di specifici partiti politici – avevano dato vita a quello che è stato definito il “Terzo Polo”, e che, invece, è più correttamente definibile come “Nuovo” e non “Terzo”.
Si è trattato infatti di rendere visibile in Parlamento il fatto che si stava costruendo un’alternativa a Pd e Pdl, perché questi erano ritenuti cartelli elettorali e non alleanze politiche.
Questa era stata infatti l’analisi condotta, soprattutto dall’Udc, al momento delle elezioni del 2008, nelle quali – come è noto – si è svolta una vicenda caratterizzata dall’appello presuntamente bipartitico al cosiddetto “voto utile”, che arrogantemente escludeva la possibilità stessa di una proposta politica diversa da quella presentata da Pd e Pdl.
Le successive decisioni di Rutelli e di Fini hanno pertanto concorso alla presa d’atto, divenuta generale, della natura elettorale e non politica di Pd e Pdl.
La nascita dell’ultimo governo Lombardo in Sicilia – a sua volta – ha rappresentato una significativa affermazione del Nuovo Polo, quale soggetto di governo.
Questo esordisce pertanto in Parlamento come coordinamento parlamentare, ma dimostra ben presto anche una portata politica più vasta.
L’esito conclusivo della sfiducia al governo ha aperto pertanto una stagione politica nuova per molti aspetti: non si tratta di un puro e semplice coordinamento parlamentare, perché esso rappresenta infatti una prospettiva politica più ampia, destinata a coinvolgere l’intera società italiana in alternativa agli appelli ad essa rivolti fino ad ora dal Pd e dal Pdl.
All’indomani del voto di fiducia al governo Berlusconi è stata assunta l’iniziativa di un’immediata riunione dei parlamentari dei partiti che avevano costituito il Nuovo Polo.
 
Non si tratta peraltro di un nuovo partito, ma di un’alleanza politica tra soggetti distinti, i quali, pur provenendo da storie culturali e politiche anche molto diverse tra di loro, intendono pertanto dar vita ad una iniziativa politica comune e necessaria.
Se non fosse irriguardoso, verrebbe da dire con Papa Giovanni XXIII: «Non importa da dove si viene, importa verso dove si va».
È del tutto comprensibile pertanto che le storie politiche di ciascuno dei soggetti costitutivi del Nuovo Polo possano rendere difficile un percorso politico comune, se questo dovesse investire non soltanto l’azione politica concernente le regole fondamentali della convivenza, ma anche la prospettiva ultima dello stare insieme.
Nell’incontro svoltosi a Todi all’inizio dell’anno si è infatti potuto constatare che il coordinamento parlamentare aveva un punto di convergenza molto rilevante: le regole costituzionali comuni sono necessarie anche nell’ipotesi in cui si propongano alternative di governo diverse.
Questo appare il punto fondamentale sul quale l’iniziativa politica dell’Udc incontra positivamente l’orientamento degli altri partiti che insieme ad esso hanno dato vita al Nuovo Polo: alternativi al Pdl perché sempre più populista, e quindi negatore di regole costituzionali comuni con avversari politici; alternativi al Pd perché esso sembra ancora cementato da una sorta di antiberlusconismo pregiudiziale.
 
Centrali e non centristi, pertanto, perché si intende diventare protagonisti della nuova fase politica, nel senso che l’alleanza di governo per il Paese riesce a combinare la difesa anche rigorosa della propria identità con le necessità di governo del Paese.
In un mondo sempre più caratterizzato dalla globalizzazione, l’Italia è pertanto chiamata a prendere atto che la permanenza nel contesto dell’integrazione europea richiede adeguamenti sociali e politici per i quali sono necessari consensi anche parlamentari molto più larghi di quelli richiesti per un’ordinaria attività di governo.
È come se nuovo ordine costituzionale e nuova attività di governo finiscano con il coincidere, a dimostrazione ulteriore del fatto che non è con il populismo da un lato e con le ambiguità dall’altro che si possono affrontare i nodi non solo costituzionali dell’oggi.
Su questo punto occorre quindi un lavoro di alimentazione, anche culturale, della nuova fase politica, nella quale pertanto è del tutto naturale che possano seriamente concorrere quanti oggi militano nell’uno e nell’altro cartello elettorale, senza che essi debbano necessariamente aderire a questo o a quel partito del Nuovo Polo.
 
La stagione iniziata con le elezioni del 1994 sull’onda della scomparsa dei partiti politici che avevano dato vita a quella che siamo soliti chiamare Prima repubblica, non ha infatti trovato fino ad ora un approdo ragionevolmente stabile, proprio perché è mancata la volontà di distinguere “cartelli elettorali” necessari per vincere le elezioni e “patti politici” che non si esauriscono in una sola tornata elettorale. La denuncia di “mancanza di futuro” che negli ultimi tempi – soprattutto dai più giovani – è stata posta in evidenza, non è dovuta certamente solo alla mancata sicurezza economica.
Il Nuovo Polo ritiene pertanto di poter dare anche alle nuove generazioni un senso di futuro partendo non da una egoistica rivendicazione della propria identità, ma dimostrando la capacità di saper mettere insieme antichi valori costitutivi di fondo e proposte che sappiano cogliere anche i molti aspetti positivi che emergono dalle trasformazioni della realtà.

Gli ingredienti della nuova stagione

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