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Da alcuni giorni ha riconquistato la ribalta della stampa nazionale il dibattito sul rapporto fra Partito Democratico e socialdemocrazia europea. Penso sia un bene che questo dibattito sia ancora vivo e spero che continui, nella forma di un confronto aperto – che nel PD non manca – e con toni rispettosi delle diverse sensibilità. Dibattere è giusto, ma un dibattito che si trascina troppo a lungo senza portare ad alcuna conclusione rischia di diventare stucchevole. Alla fine occorre la determinazione dell’agire.
 
Ho letto con interesse i contributi degli importanti esponenti del partito apparsi nei giorni scorsi sulle pagine dei quotidiani, e li ho trovati ricchi di spunti di riflessione, ma viziati da una certa dose di astrattezza.
Partiamo da un dato reale: le più rilevanti famiglie politiche europee sono sostanzialmente quattro (PPE, PSE, ALDE e Verdi) e, dato questo quadro, una forza autenticamente progressista dovrebbe porsi con coraggio alla guida di un indispensabile processo di cambiamento.
 
Un cambiamento che invochiamo sin dall’ormai lontano giugno 2010, quando chiedemmo alle forze socialdemocratiche europee di avere il coraggio di ripensare se stesse, di rimettersi in gioco sforzandosi di utilizzare categorie nuove per leggere la realtà del presente, di oltrepassare i confini delle vecchie famiglie politiche per sviluppare, su queste basi, strategie innovative.
Dal 2008 i progressisti europei, proprio a questo scopo, si sono dotati di uno strumento nuovo, la FEPS (Foundation for European Progressive Studies), della quale fanno parte sia fondazioni strutturalmente legate ai partiti, come la francese Fondation Jean Jaurès e la tedesca Friedrich Ebert Stiftung, sia think tank vicini ma non organici ai partiti progressisti nazionali. Obiettivo della FEPS è appunto quello di coniugare la tradizione socialdemocratica con la necessità di dare continuo impulso al progetto di integrazione europea, di superare i particolarismi dei riformismi nazionali per aprire la strada ad un progressismo che sia davvero europeo.
 
Il Partito Democratico, anche al di là dello specifico progetto politico-culturale della FEPS, forte dei numeri importanti che può vantare all’interno del Parlamento europeo, ha l’opportunità di farsi artefice di un progetto di trasformazione del socialismo europeo in una forza politica democratica e progressista di dimensioni continentali, in grado di agire su questo livello e quindi di meglio confrontarsi con la sfida della crisi economica internazionale.
 
Mai come in questi mesi è apparsa evidente la strettissima interconnessione esistente fra i due piani, europeo e nazionale, delle scelte di politica economica e sociale. È questa la consapevolezza che da sempre anima il lavoro di Italianieuropei e che, come un filo rosso, lega tutte le sue attività: dal volume a cura del sottosegretario allo Sviluppo economico Claudio De Vincenti intitolato “Equa, robusta e sostenibile. Una ricetta per la crescita in Europa”, appena pubblicato in collaborazione con la FEPS, alle tante iniziative internazionali in programma, prima fra tutte la conferenza prevista per la prossima primavera con il premio Nobel per l’economia Joseph Stiglitz, passando per l’elaborazione del Programma Nazionale di Riforma (PNR) alternativo a quello proposto dal governo Berlusconi che Italianieuropei e il Partito Democratico hanno presentato nell’aprile del 2011.
 
In esso, pur con tutte le ovvie differenze riconducibili ai singoli contesti nazionali, possono essere individuati diversi punti di contatto con le proposte contenute nei documenti della stessa natura elaborati dalla SPD e dai Verdi in Germania, o con quelle incluse nel programma del candidato socialista alle elezioni presidenziali francesi François Hollande, e che vanno dall’invocazione di un diverso ruolo per la Banca Centrale Europea, alla tassazione delle transazioni finanziarie, all’emissione di eurobond per finanziare la crescita, fino alla critica all’impianto della politica economica europea di ispirazione tedesca, incentrata solo su misure di austerità a completo discapito dei provvedimenti per lo sviluppo e l’occupazione.
 
Il rilancio della crescita, di una crescita equilibrata che sappia ridurre le disuguaglianze, è la grande, concreta sfida di oggi. Affrontarla in una prospettiva europea, non farsi imbrigliare dalle dinamiche troppo anguste del contesto nazionale, gioverebbe soprattutto al Partito Democratico.
 
Andrea Peruzy
Segretario generale Fondazione Italianieuropei

Pd e socialdemocrazia europea, il coraggio di agire

Da alcuni giorni ha riconquistato la ribalta della stampa nazionale il dibattito sul rapporto fra Partito Democratico e socialdemocrazia europea. Penso sia un bene che questo dibattito sia ancora vivo e spero che continui, nella forma di un confronto aperto – che nel PD non manca – e con toni rispettosi delle diverse sensibilità. Dibattere è giusto, ma un dibattito…

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