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Secondo il Parlamento tibetano in esilio sarebbero arrivate a più di cento le vittime. A sparare sarebbe stato il governo cinese. Accuse respinte da questo ultimo che ritiene “ridicole” le affermazioni del Dalai Lama.
Dopo i disordini durati fino a due giorni fa, ieri a Lhasa è tornata “una relativa calma” grazie al presidio di migliaia di soldati cinesi. Qui, nella capitale, piccoli gruppetti di manifestanti pro-tibetani starebbero ancora tentando di dimostrare. In altre regioni del vasto altopiano, invece, continuano le grandi manifestazioni e, come accade in questi casi, si allunga l´elenco dei morti e dei feriti. Col passare delle ore le voci, iniziate sabato, di una marcia spontanea di abitanti verso Lhasa, prenderebbero sempre più corpo.
“La violenza in Tibet è destinata ad aumentare”. Così il Dalai Lama ieri in un´intervista alla Bbc dove ha sottolineato la determinazione sia dei tibetani che dei cinesi. Ore di attesa. Il mondo osserva attentamente quell´angolo remoto insanguinato. A mezzanotte (ore 17 in Italia) scadrà l´ultimatum imposto dalla Cina perché i manifestanti si costituiscano se vogliono evitare più gravi conseguenze. Se quindi il risultato “non può che essere altri morti e altre sofferenze” la guida spirituale dei monaci tibetani ha esortato Pechino a non perseverare in quel che lui stesso ha definito “genocidio culturale”. All´emittente televisiva ha dichiarato: “Credono che bastino le armi per avere il controllo. Ma non possono controllare la mente degli uomini”.
Ieri, prima dell´Angelus, Benedetto XVI ha rivolto un appello per la fine delle violenze in Iraq, soprattutto a seguito della morte del vescovo rapito a Mosul, Paulos Faraj Rahho. Ha tuttavia mantenuto il silenzio riguardo gli scontri delle ultime ore in Tibet. Ma, nel tardo pomeriggio di ieri, il Vaticano ha replicato sostenendo che il Papa “non ha fonti dirette di informazione, non ha un nunzio o una comunità che vive lì da cui avere notizie e chiarimenti per eventuali appelli pubblici”.
Il ministro degli esteri Massimo D´Alema si è dapprima dichiarato contrario al boicottaggio delle Olimpiadi come forma di pressione sul governo cinese, chiesto a gran voce da una buona fetta del panorama politico italiano e internazionale. Successivamente ha rimesso la decisione nelle mani di Bruxelles. Il mondo sportivo s´interroga. Ma sono più i no al boicottaggio, convinti che senza i giochi il mondo non avrebbe parlato allo stesso modo degli episodi in Tibet. Così anche il Dalai Lama.
Preoccupa, invece, l´atteggiamento assunto dai principali media cinesi che persistono nel riportare solo le violenze da parte dei tibetani, invocando ufficialmente “una guerra di popolo” per sconfiggere “il separatismo, denunciare e condannare gli atti malevoli di queste forze ostili e mostrare alla luce del giorno il volto odioso della cricca del Dalai Lama”. In Europa continuano le manifestazioni in solidarietà del Tibet. Dopo quella dell´Aja, in cui alcuni dimostranti hanno tentato l´assalto all´ambasciata cinese, ieri a Bruxelles e Roma sono stati in centinaia a manifestare pacificamente. Nelle prossime ore sono previste altre manifestazioni. Intanto, per continui aggiornamenti sulla situazione in Tibet, ci si può collegare ai siti internet www.dossiertibet.it e www.comunitatibetana.org.

La rivoluzione Tibetana

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