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Solitudine e abbandono è la realtà di molti anziani, in Italia, a fronte di uno straordinario onere per spesa sanitaria, ospedaliera e assistenza residenziale (Rsa). Per quest’ultima, in particolare, si registra una spesa di circa 12 miliardi per 288.000 pazienti, contro una cifra inferiore a 2 miliardi per circa 2,8 milioni di over 75 che fruiscono di assistenza domiciliare.

Il benessere ha allungato di circa trent’anni la vita ma ha il volto di una condanna, in mancanza di adeguata programmazione per un’esistenza serena e dignitosa. E, nel vuoto affettivo, dominano l’angoscia e la paura, nel triste cammino della vecchiaia.

Primo Paese in Europa per numero di anziani, secondo nel mondo dopo il Giappone, l’Italia, con 14 milioni di anziani, ha, tuttavia, il primato di aver adottato un’apposita legge delega (n.33/2023, relatore senatore Francesco Zaffini, presidente della Commissione Affari sociali, sanità, lavoro pubblico e privato, previdenza) per una riforma strutturale a favore della “terza età”.

Nata da un’iniziativa avviata durante la presidenza del Consiglio Draghi, la nuova legge pone ambiziosi obiettivi. Tra questi, realizzare una piena integrazione sociale, sanitaria e assistenziale sul territorio, in una “rete” virtuosa di attori del settore pubblico, dell’associazionismo e del volontariato. Un cambio di prospettiva per favorire l’assistenza domiciliare e, nelle ipotesi di assoluta impossibilità, promuovere nelle Rsa un diverso modello di accoglienza. Non entità isolate, “terminali” di un irreversibile decadimento, ma con apertura al contatto umano, alle famiglie e al volontariato.

L’Unione europea, nella “Carta dei diritti fondamentali” del 2000, dedica una tutela specifica ai diritti delle persone anziane (art. 25), diversamente dalla Costituzione italiana.

Nella nuova legge italiana, una “carta” è il preambolo fondativo che definisce i diritti degli anziani e i doveri della comunità. Per abbattere pregiudizi e stereotipi attraverso una rivoluzione non solo normativa ma soprattutto culturale che non associ la vecchiaia ad una stagione di declino, emarginazione, malattia, non autosufficienza.
Una riforma “storica”, dunque, per un orizzonte di vita dignitosa. Un “invecchiamento attivo” per gli anziani con autonomia, con partecipazione alla vita sociale e culturale. Misure concrete per sostenere le persone non più autosufficienti, per le quali l’allontanamento dalla propria casa significa, di per sé, abbandono.

Dignità e centralità della persona sono i punti chiave della riforma per una figura che non deve essere considerata residuale dalla società. Non solo numericamente. Disponibili amorevolmente in attività quotidiana di supporto, essenziale quanto “invisibile”, per figli e nipoti, i nonni sono risorsa e non problema. Custodi di memoria e identità. Testimoni di principi, esempi, valori, nutrono affetti e leniscono vuoti.

Un progetto, un “sogno” che mons. Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita e presidente della Commissione intergovernativa che ha messo a punto la riforma, spiega nel libro presentato al Senato dal titolo “L’Età Grande: la nuova legge di riforma per gli anziani” (Ed. Lswr e Edra).

Presenti lo scorso 31 ottobre a palazzo Madama, Sala Caduti di Nassirya, Leonardo Palombi, segretario della Commissione per l’attuazione della riforma dell’assistenza sanitaria e socio-sanitaria della popolazione anziana presso il ministero della Salute, che, riassumendo gli obiettivi della legge-quadro, sottolinea le potenziali opportunità di lavoro per giovani operatori socio-sanitari, mentre Roberto Pella, Commissione Bilancio, Tesoro e Programmazione della Camera dei Deputati e vice presidente Anci, assicurando pieno sostegno politico alla legge, evidenzia il ruolo strategico degli enti locali nell’attuazione della riforma per una parità di servizi nel territorio. Mentre Anna Lisa Mandorino, segretario generale Cittadinanzattiva, ribadisce il pregio di una riforma innovativa e di visione per un processo di integrazione tra assistenza sanitaria e sociale con il coinvolgimento del terzo settore, in un quadro complesso che parte da dati obiettivi, in primis il trend demografico. Moderatore dell’evento Ludovico Baldessin, amministratore delegato Edra s.p.a., società leader nella comunicazione e formazione medico scientifica.

Attraverso l’immagine dolorosa di alcune toccanti “storie” descritte nel libro, mons. Paglia dà voce agli anziani che vorrebbero morire tra le proprie cose, nelle proprie case, e sono invece già destinati alla solitudine in istituti, deprivati di ogni volontà e autodeterminazione quando, invece, avrebbero ancora autonomia e voglia di esistere.
E, nella sua battaglia, l’alto prelato mette in campo la “Fondazione Età Grande”, riconosciuta come “Fondazione Papale”, per promuovere il ruolo degli anziani nella società e rafforzare il dialogo tra generazioni.

“Gli anziani sono come le radici dell’albero: tutta la storia viene da lì, e i giovani sono come i fiori e i frutti. Se non ricevono il succo dalle radici, mai potranno fiorire”, ha affermato papa Francesco.

Mentre Marguerite Yourcenar osservava: “Più invecchio anch’io, più mi accorgo che l’infanzia e la vecchiaia non solo si ricongiungono, ma sono i due stati più profondi in cui ci è dato vivere. In essi si rivela la vera essenza di un individuo, prima o dopo gli sforzi, le aspirazioni, le ambizioni della vita. […] Gli occhi del fanciullo e quelli del vecchio guardano con il tranquillo candore di chi non è ancora entrato nel ballo mascherato oppure ne è già uscito. E tutto l’intervallo sembra un vano tumulto, un’agitazione a vuoto, un inutile caos per il quale ci si chiede perché si è dovuto passare”.

La copertina del libro di mons. Paglia che ritrae insieme nonno e nipote, felici e complici di fronte a una scacchiera, esprime, più di ogni altra parola, il senso di questa sintonia.

Senza amore non c’è costruzione. Senza costruzione non c’è futuro.

Nel dibattito politico tra denatalità, impiego dei fondi Pnrr, legge di bilancio pubblico, con l’avvicinarsi della data del 31 gennaio fissata per l’adozione dei decreti attuativi, mancano, tuttavia, le risorse finanziarie per rendere operativa la nuova legge.

E mons. Paglia rivolge, quindi, “un appello al governo e al Parlamento, affinché dopo l’approvazione della legge delega per la riforma dell’assistenza agli anziani (legge 33/2023), si trovino le risorse per far partire la fase di sperimentazione. Si tratta di briciole: 220 milioni di euro ma è indispensabile che questa fase inizi, perché una legge di civiltà come quella approvata possa entrare in funzione. A regime, la riforma prevederà un finanziamento di 9 miliardi all’anno, e molti di più ne farà risparmiare rispetto a quanto si spende oggi per un’assistenza insufficiente e non coordinata. Ma per arrivare al risparmio occorre investire nella sperimentazione”.

L’anziano è testimone di una fragilità che è dimensione costitutiva dell’umanità ma, insieme, capacità di guardare nella profondità di solitudine e smarrimento, con autentica apertura del cuore. In una società alla ricerca di riferimenti, preda di paradisi illusori e dilaniata da timori e disagi mentali, forse, gli anziani possono essere i veri protagonisti del futuro.

Anziani, protagonisti del futuro. Il sogno di mons. Vincenzo Paglia

Dignità e centralità della persona sono i punti chiave della riforma per una figura che non deve essere considerata residuale dalla società, bensì testimone di principi, esempi, valori. Un progetto che mons. Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita e presidente della Commissione intergovernativa, spiega nel libro presentato al Senato dal titolo “L’Età Grande: la nuova legge di riforma per gli anziani” (Ed. Lswr e Edra)

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