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Mentre i giudici di Milano stanno per riunirsi per pronunciare l’ennesima annunciata sentenza contro il Cavaliere, ultimo atto di una guerra per procure avviata sin dal 1994, nel momento stesso della “discesa in campo” di Berlusconi, sono agitate le acque nei campi dei due schieramenti che hanno caratterizzato la lunga improduttiva stagione della seconda Repubblica.
 
Alle corde come pugili suonati, Bersani da un lato e Angelino Alfano dall’altro, assistono impotenti alle manovre del governo tecnico, altalenante tra il rispetto delle rigide direttive franco tedesche e le sterzate anglo-americane degli ultimi giorni.
 
In mezzo il trio Casini-Fini e Rutelli impegnati a organizzare il prossimo congresso per il partito della Nazione, con la malcelata aspirazione a esercitare un’OPA su quello che, secondo loro, resterà del Pdl dopo il voto delle prossime amministrative.
 
Certo non è messo bene il povero Bersani, stretto nella tenaglia della CGIL e dei filomontiani di casa sua, convinto, tuttavia, di potersela giocare dopo il preannunciato buon esito del voto di primavera.
 
 
Non sta meglio Angelino Alfano, terrorizzato da quanto potrà accadere a Palermo e in Sicilia, dopo la fine di ogni possibile accordo con l’ondivago Miccichè.
 
E il trio Lescano del Terzo Polo, diviso tra il pasticciaccio brutto del sen Lusi e della Margherita, l’ardua e forzata convivenza del duo bolognese Casini-Fini, si illude di poter incamerare il grosso dell’elettorato piedillino non immemore delle responsabilità del fedifrago Follini prima e quelle poi dell’ingrato Fini, quest’ultimo ancora e senza ritegno assiso sulla terza poltrona più alta delle istituzioni repubblicane.
 
Così come si sbagliano coloro che dall’interno del Pdl credono di poter acquisire con un fischio la disponibilità degli ex scissionisti del Terzo Polo.
 
Si inseguono ,intanto, gli incontri con il capo del governo, prof Mario Monti.
 
Prima Berlusconi, con i fidati Letta e Alfano, per oltre tre ore, a recriminare l’alto prezzo da pagare a sostegno di un esecutivo che non è bastato a rallentare la morsa degli inquirenti milanesi e poi Bersani, per dimostrare che il PD non è una semplice ruota di scorta del carro governativo, alla mercé delle politiche rigoriste sostanzialmente di destra imposte dal due Mercozy.
 
Sospensione della normale dialettica democratica, crisi senza speranza delle attuali formazioni politiche, e progressiva sfiducia dei cittadini elettori nella politica e negli attori di un teatrino venuto a noia, se non al disgusto, della stragrande maggioranza degli italiani.
 
Comunque vadano le amministrative, con i compiti di casa svolti a metà, l’Italia non potrà permettersi altro al di fuori della continuità del governo tecnico, salvo che, ma non mi pare ci siano le condizioni, di un’accelerata sostituzione con un governo di un’unità nazionale, assai probabile dopo la normale scadenza della legislatura.
 
Meglio sarebbe se i partiti dell’area centrale, qualunque fosse l’esito finale del compromesso sulla legge elettorale, senza pretese di improbabili OPA o ambigui richiami della foresta, si impegnassero da subito alla costruzione della sezione italiana del Partito Popolare europeo, con cui presentarsi alle prossime elezioni del 2013.
 
Prospettiva per la costruzione della quale anche noi “DC non pentiti” siamo interessati, con la volontà di apportare l’insieme degli interessi e dei valori di cui ci sentiamo interpreti e per concorrere a realizzare un profondo rinnovamento di persone e di metodi nella stessa organizzazione del nuovo partito.
 
In difetto, credo che la vita di questo governo del prof Monti o di una sua qualche variante in corso d’opera sia destinata a durare molto a lungo e senza che gli italiani possano o vogliano effettivamente finire con il lamentarsene, chè, tanto, peggio di tutti quanti quelli di prima, certo, anche questi, alla fin fine, non sono. Anzi, forse un po’ più ricchi e competenti, e meno disponibili ai trucchi contabili dei Lusi di turno…..

Alla ricerca dell’OPA

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