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Si potrebbe pensare che qualcuno in Vaticano si sia perso l’agenda e così gli eventi si siano accavallati rendendo il tutto confuso, caotico. Prima l’ufficialità per i nuovi cardinali, 21, poi la pubblicazione dell’aggiornamento dell’enciclica “Laudato si’”, cioè dell’Esortazione Apostolica “L’andate Deum”, e in contemporanea l’inizio del sinodo che pochi hanno capito su cosa sia, anche perché ufficialmente si chiama “sinodo sulla sinodalità”. A mio avviso non c’è nulla di casuale. Ventun nuovi “principi della Chiesa” sono stati presentati non tanto ai ministri dell’Interno presenti piazza, come quelli di Francia e Italia, ossequiosi di una vecchia consuetudine, quanto ai loro “fratelli nel cardinalato” se così vogliamo dire, per dire che le loro voci non sono singole voci, ma parti integranti della voce corale della Chiesa universale. Così ci avviciniamo a capire cosa sia il sinodo sulla sinodalità: è la l’occasione in cui, dopo lunga discussione in tutte le parrocchie, in tutte le conferenze episcopali nazionali e continentali, si valuta insieme come la Chiesa possa tornare ad essere comunione e non verticismo, diciamo “cammino comune”. Questo cammino comune riguarda il popolo di Dio che respira con l’aria e si disseta con l’acqua, dunque appartiene a un ordine cosmico che lo comprende ma non lo separa dal cosmo-ordine giusto. “Giusto”, perché un ordine cosmico non può che essere tale, non si può tenere insieme l’acqua, l’aria, la terra e l’umanità intera sulla base di un ordine ingiusto. È interessante notare che, in greco, cosmo vuol dire proprio ordine, mentre mancanza di ordine si diceva “akosmia”, dove la “a” iniziale è il famoso alfa privativo. Tutto questo a mio avviso salda tre eventi.

Siamo dunque arrivati al momento in cui il cammino intrapreso da questo pontificato arriva a una tappa cruciale. Impossibile separare le critiche a questi tre eventi, perché fanno parte di un unico rifiuto. Chi ha letto la cerimonia che ha ufficializzato le 21 nuove porpore cardinalizie come l’ingresso di nuovi porporati bergogliani, o in gran parte bergogliani, ha seguito ancora la logica verticista, quella per cui i singoli appartengono a scuderie, ovviamente in gran parte alla scuderia del capo. Questa visione non ne fa espressioni di Chiese sovente neglette, che giungono nel coro romano. È una critica che si adegua al verticismo, lo stesso che ritiene questo sinodo sul cammino comune, cioè la sinodalità, una aberrazione, o come i più severi critici del sinodo sulla sinodalità lo hanno definito in un volume di recente pubblicazione, “il vaso di Pandora” della Chiesa. Potranno forse costoro condividere una visione cosmica dell’ordine di tutto il creato?

La Chiesa, come il mondo in cui vive, arriva scossa da una fortissima polarizzazione a questo ottobre 2023, decisivo per il cammino futuro. Non ci sono critiche alla visione di Francesco, piuttosto c’è quello che con un linguaggio preso in prestito da altri mondi potremmo definire “il fronte del rifiuto”. Il primo rifiuto è quello del coro. Il collegio cardinalizio per loro è costituito sempre dai soliti arcivescovi delle sedi arcivescovili definite cardinalizie. L’episcopato così diventa una scalata: da una piccola diocesi il vescovo anela a salire, a divenire vescovo di una diocesi media, per poi arrivare a quella cardinalizia, che lo porterà a ricevere la berretta cardinalizia. Non ci sono nuovi mondi, nuove realtà ecclesiali da far entrare o portare nel coro. Non c’è inculturazione del Vangelo nelle culture del mondo, ma annessione del mondo alla cultura “romana”. Analogamente si procede con il cosmo. Non ci sono natura, mondo, terra, acqua, mare da ascoltare e difendere, capire, tutelare, per tutelare tutte le culture umane, ma un sistema antropocentrico da indirizzare e questo lo può fare meglio con una sola visione, una cultura, unificante. Dunque la Chiesa deve rimanere piramidale, gerarchica, clericale. Non può esserci cammino comune, non può esserci afflusso dalle periferie al centro, deve esserci un ordine piramidale e gerarchico perché l’unica strada verrà indicata da Roma a tutta l’umanità, non verrà costruita da tutta l’umanità con Roma. Per il fronte del rifiuto la Chiesa non vive nella storia, ma al di là e al di sopra di essa.

La visione “bergogliana”, cioè quella sinodale, sarebbe eretica, sebbene sia emersa chiaramente con la riforma liturgica al Concilio Vaticano II. Perché si sono girati i vecchi altari? Si sono girati perché a celebrare non è solo il sacerdote, che dando le spalle al fedeli indicava loro la via verso Dio. Con gli altari voltati si è detto che si celebrava insieme, sacerdote e popolo, intorno alla mensa eucaristica. È eretica la Chiesa sinodale?

Ecco allora che si capisce bene perché non ci siano critiche, ma un fronte del rifiuto. Non c’è la disponibilità a considerare una visione profondamente evangelica, perché quella che si ritiene irriformabile è la visione medievale. Il paradigma ecclesiastico per il fronte del rifiuto rimane quello medievale, cioè “Dio, Cristo, Pietro, Papa (curia, diritto canonico, vescovi, ordini), Chiesa” e non può prendere in considerazione il paradigma ecumenico della Chiesa antica, che era “Dio, Cristo, Apostoli, Vescovi, Chiesa”.

Il fronte del rifiuto non si è limitato a pubblicare, con prefazione del cardinale Burke, il citato volume “Il processo sinodale è il vaso di Pandora”, ma è tornato a parlare di eresia. Mi è difficile capire dove possa essere l’eresia nel parlare di sinodalità, di coinvolgimento del popolo di Dio.

I nuovi cardinali, il Sinodo e il fronte del rifiuto ancorato al paradigma medievale

La Chiesa, come il mondo in cui vive, arriva scossa da una fortissima polarizzazione a questo ottobre 2023, decisivo per il cammino futuro. Non ci sono critiche alla visione di Francesco, piuttosto c’è quello che con un linguaggio preso in prestito da altri mondi potremmo definire “il fronte del rifiuto”. Il commento di Riccardo Cristiano

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