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Tra poche ore assisteremo alle elezioni più attese in Europa (e non solo). Sul tavolo c’è di tutto: referendum unito al voto nazionale, stato di diritto o status quo, continuità o rivincita liberale, riposizionamento nella zona euro-occidentale o perseguimento della linea dura e pura voluta da Mateusz Morawiecki in politica estera. Socialisti e conservatori europei seguono le dinamiche prima del voto con gli occhi incollati su sondaggi, dichiarazioni e proposte dell’ultima ora, pronti a scommettere sulla rimonta di Donald Tusk o sul mantenimento dell’egemonia kaczynskiana. In Italia, sono stati allestiti i seggi elettorali in sei città per permettere ai polacchi che vivono all’estero di votare: Roma, Cagliari, Napoli, Palermo, Bologna e Milano.

Abbiamo deciso di consultare due esponenti dell’intergruppo parlamentare di amicizia Italia-Polonia, raccogliendo le posizioni di Fratelli d’Italia e del Partito democratico in merito allo scenario polacco. Parlano Lia Quartapelle, e Emanuele Loperdifdo (FdI) entrambi membri della Commissione Affari Esteri e Comunitari.

Quartapelle, perché in Polonia auspica la vittoria della coalizione composta da liberali e socialdemocatici?

Sarebbe un cambiamento auspicabile sia sul fronte interno polacco, sia sul fronte europeo. Internamente, la vittoria di quelli che ora sono opposizione rappresenterebbe prima di tutto l’opportunità per ripristinare lo stato di diritto che è stato smantellato passo dopo passo in questi anni. Non sarà una sfida semplice, soprattutto perché ci sarà da ricostruire un clima di confronto democratico, di collaborazione tra i diversi schieramenti politici. Dal punto di vista europeo, i rapporti con i vicini e con l’Unione Europea tutta vedranno un miglioramento. La Polonia con la vittoria della coalizione liberale può tornare al tavolo delle trattative. Per ora, il nazionalismo del PiS non ha portato grandi risultati, se non l’esclusione della Polonia dai fondi per la ricostruzione e la costruzione di muri che la isolano. Una Polonia europeista non può che essere una buona notizia per tutti.

In questi anni, il PiS di Kaczynski ha raggiunto eccellenti traguardi in politica interna, ma ha innescato una serie di diatribe con le Istituzioni comunitarie. È giusto che la Commissione blocchi i fondi europei per la ricostruzione della Polonia a causa della riforma giudiziaria?

La Commissione europea blocca i fondi perché in Polonia non è rispettato lo stato di diritto. I giudici degli stati membri sono allo stesso tempo anche giudici europei, devono applicare il diritto europeo in un sistema che si basa sulla fiducia reciproca. Questo perché se anche un singolo sistema giudiziario smette di fornire garanzie di indipendenza e di rispetto dei principi base dello stato di diritto, l’intero sistema giudiziario europeo ne è intaccato. Stare in una comunità significa anche seguire delle regole: la Commissione europea ha negoziato con la Polonia dei traguardi da raggiungere per ottenere i fondi. Il PiS, anche in vista della campagna elettorale, sta cercando di essere più collaborativo con Bruxelles, ha però i suoi problemi all’interno della maggioranza parlamentare che lo sostiene.

Cosa significherebbe per il PSE una Polonia a trazione liberale? Avrebbe una ripercussione anche sulle posizioni in merito alla riforma del patto di stabilità?

La destra polacca dipinge l’Unione Europea e Bruxelles come le sue peggiori nemiche. La vittoria delle opposizioni sarebbe sicuramente un modo per ricominciare a raccontare in Polonia una Ue amica, che contribuisce alla crescita e allo sviluppo dei suoi Stati membri. Anche sul piano dei diritti, una Polonia liberale non può che essere una buona notizia per tutti. Per quanto riguarda la riforma del patto di stabilità, la cosa più importante è spingere per un messaggio che parli di solidarietà economica e di unità, sia per contenere lo spread, sia perché ci sia la possibilità per tutti di investire nelle varie transizioni che ci attendono (ambientale, digitale).

E cosa pensa della scelta del referendum? Lukashenko ha tentato più volte di destabilizzare Varsavia attraverso il flusso di migranti. E su questa linea convergono anche i socialisti polacchi…

L’elettorato polacco è molto polarizzato. Non ci sarà un trasferimento notevole di supporto della coalizione di governo e quella di opposizione. Il risultato elettorale dipende quindi da quale lato riesce a portare più persone a votare. In questo quadro, la scelta di far combaciare il voto per il rinnovo del sejm con quello referendario è una scelta strategica, di mobilitazione, oltre che un modo per vedere più fondi assegnati alla campagna del PiS. Molti elettori del PiS sono disillusi, vorrebbero astenersi e non è un caso che i quesiti referendari trattino proprio i tempi principali della campagna elettorale e ricordino all’elettorato quelle politiche europee impopolari, che sono più associate all’opposizione. Si chiede se i cittadini sono d’accordo con una collocazione forzata imposta dalla burocrazia europea, un quesito tendenzioso, soprattutto perché questo meccanismo di ricollocazione forzata non è nemmeno in discussione. I socialisti polacchi convergono sul fatto che vada istituito un sistema di controllo dei flussi migratori, che rispetti i diritti umani. Sostengono che l’assenza di una strategia sul tema sia un assist imperdonabile per l’estrema destra. Il referendum non è altro che un modo per strumentalizzare le tensioni che ci sono sul confine con la Bielorussia e capitalizzare elettoralmente.

Loperfido, ritiene giusta la scelta del premier Morawiecki, ovvero far combaciare il voto nazionale con quello referendario?

Mi dispiace, non entro in merito agli affari interni della Polonia. Non credo sia giusto farlo, specialmente poche ore prima dell’appuntamento elettorale. Posso solo dire che il referendum sarà uno strumento molto utile per testare le vere volontà del popolo polacco. Se gli indirizzi politici previsti dall’agenda del PiS, se i temi caldi individuati dal suo governo, siano giusti o sbagliati lo decideranno le urne.

Cosa pensa del blocco dei fondi europei in relazione alla salvaguardia dello stato di diritto? La Polonia fa bene a difendere la propria sovranità oppure dovrebbe rivedere la riforma della giustizia e prendere in considerazione il diritto all’aborto?

Uno Stato membro per essere membro deve aver portato a termine con successo tutta una serie di dossier, adempiendo ai principi dell’Ue, incluso quello sulla giustizia e sullo stato di diritto. Quindi dobbiamo dedurre che lo stato di diritto in Polonia esiste. Se alcuni vogliono usare questioni simili per fare battaglie politiche le lasciamo a loro. Anche perché difronte ad alcune richieste di chiarimenti da parte dell’Ue, il governo polacco ha risposto in modo esaustivo punto per punto. In materia di aborto, questione delicata in tanti paesi, la posizione del governo polacco è sicuramente diversa, più circoscritta. Vi sono altre posizioni che richiedono una maggiore apertura e che conducono le loro battaglie politiche, magari chiedendo supporto alle famiglie europee. Ma ripeto, in questo momento, le battaglie politiche interne non ci competono. Bisogna sempre avere rispetto di uno Stato, la Polonia detiene il merito di essersi classificata tra i primi stati di diritto dopo l’influenza sovietica. Sarà quindi la democrazia polacca a definire i contorni di questa materia.

Morawiecki e Zbigniew Rau, ministro degli Esteri, condannano l’atteggiamento dell’esecutivo di Berlino. Il premier considera inopportuno l’interesse, anche indiretto, della Germania in questa competizione elettorale, soprattutto a seguito dello scandalo dei visti. Come valuta la posizione di Scholz?

Diciamo che Scholz si è concentrato troppo sulle questioni esterne, forse sarebbe stato meglio se avesse riversato questo interesse per la Baviera. E a proposito di questione migratoria, è opportuno ricordare che mentre Varsavia chiude le frontiere per impedire al flusso di migranti bielorussi di produrre una destabilizzazione interna, voluta da Aleksandr Lukashenko e da Vladimir Putin, Berlino chiude le sue frontiere all’interno dell’Unione europea. Ritengo che determinati temi di altissima portata vadano affrontati sul tavolo europeo, non in un ping pong di accuse e controaccuse tra Stati membri.

Perché spera in una vittoria di Diritto e Giustizia?

Lasciamo ai cittadini l’ultima parola, tenendo comunque conto che la Polonia è un importante partner del nostro Paese. Basti pensare che fino al 2022 sono stati raggiunti 32,6 miliardi di euro di interscambio commerciale, che abbiamo in Polonia 2700 aziende a capitale italiano e che queste danno impiego a circa 100.000 persone.

 

 

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