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Il signore della guerra libico Khalifa Haftar ha recentemente incontrato funzionari militari e diplomatici statunitensi appena prima di recarsi a Mosca. Un doppio giro di faccia a faccia che ha sollevato preoccupazioni a Washington, perché Haftar è la porta di ingresso della Wagner in Libia e potrebbe essere utilizzato come test per le nuove attività della forza militare privata – che il Cremlino sta cercando di riorganizzare dopo l’insurrezione e successiva morte sospetta del leader, Yevgeny Prigozhin.

Haftar, che controlla militarmente una posizione di Cirenaica attorno a Bengasi, potrebbe utilizzare interessi (il suo network controlla parte delle attività dei pozzi petroliferi, gestisce traffici di vario genere tra cui quelli di essere umani) e pressioni per spingere la Camera dei Rappresentanti libica ad approvare un accordo di difesa congiunto libico-russo. La Camera si trova a Tobruk, sempre in Cirenaica, dove si auto-esiliata durante la guerra civile del 2014. Haftar ha all’interno deputati amici e può muovere leve.

Un tale accordo sfiderebbe direttamente gli interessi di sicurezza nazionali e regionali nel Mediterraneo. Anche per questo la Nato è particolarmente attenta a ciò che potrebbe accadere. Una fonte libica spiega che Haftar non avrebbe ancora del tutto deciso, perché prima vuole capire quali potrebbero essere le garanzie di sicurezza. Il tema è la riorganizzazione della Wagner, che ha sostenuto la campagna militare con cui il capo miliziano della Cirenaica aveva lanciato l’assalto al governo onusiano a Tripoli tra l’aprile del 2019 e l’ottobre 2020.

La campagna finì male, perché la Turchia intervenne in modo consistente in difesa di Tripoli, ma Haftar si è garantito una protezione anche tramite il sostegno dei mercenari russi che tutt’ora gli sta garantendo la possibilità di essere considerato un interlocutore potabile all’interno delle dinamiche del Paese. In sostanza, vuol capire cosa ha da guadagnare o da perdere rispetto all’attuale situazione.

Anche perché, se dovesse decidere di concedere un’esposizione pubblica alla Russia, Washington avrebbe la possibilità di imporgli sanzioni pensati nell’ambito di vari programmi statunitensi, tra cui quelli relativi alla Russia/Ucraina, o alla legge Magnitsky per i violatori dei diritti umani, sostiene Jonathan Winer nel briefing quotidiano pubblicato dal sito del Middle East Institute. Winer è una voce molto ben informata, perché un tempo era l’inviato speciale del dipartimento di Stato per la Libia.

All’indomani della tempesta “Daniel”, che ha causato ingenti perdite di vite umane e sfollamenti, Haftar, che detiene di fatto il controllo militare di Derna, ha cercato di sfruttare la catastrofe umanitaria. I suoi recenti incontri con funzionari statunitensi e la successiva visita a Mosca raccontano di come il generalissimo libico cerchi spazi internazionali – spazi che poi potrebbe rivendicare all’interno dello stallo istituzionale libico, con il Paese diviso ancora in due, senza governo unitario e con controllo territoriale esercitato da milizie vocate solo ai propri interessi diretti.

Gli Stati Uniti cercano di rimuovere dalla Libia la Wagner, mentre la Russia mira a mantenere la sua presenza con l’assistenza del miliziano. La potenziale mossa di Haftar di assicurare la cooperazione libico-russa in materia di difesa sfiderebbe direttamente gli interessi degli Stati Uniti, dunque.

In quest’ottica, Haftar non dovrebbe sottovalutare l’impegno degli Stati Uniti nei confronti della Libia e la loro disponibilità a rispondere con fermezza a qualsiasi allineamento con la Russia, la Wagner e Vladimir Putin.

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