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Il professor Piero Rosati rivendica con orgoglio di essere stato “uno dei pochi veri amici di Silvio Berlusconi”. Ma, sostiene, “non lo dico io, me l’ha detto più volte lui stesso: benché mi abbia offerto più volte incarichi e ruoli politici, anche di primo piano, io ho sempre rifiutato. Una cosa che lui ha sempre apprezzato, benché fosse in parte dispiaciuto dei miei dinieghi”. Rosati è il chirurgo, oltre che docente universitario negli atenei di Ferrara, Padova e San Marini, che fece le operazioni di trapianto di capelli al leader di Forza Italia, morto all’età di 86 anni al San Raffaele.

Quando parte la sua amicizia con il Cavaliere?

L’ho conosciuto come paziente, circa una quindicina d’anni fa. Mi chiese di fargli il trapianto ai capelli e così iniziammo il nostro rapporto che poi sfociò in una lunga, duratura e sincera amicizia.

Al di là dell’aspetto professionale, cosa resta del suo rapporto con Berlusconi?

Ricordi straordinari, a partire dalle vacanze passate assieme a Villa Certosa, con Gianni Letta e Fedele Confalonieri. Ho dormito da lui ad Arcore più e più volte, anche perché gli piaceva molto che gli andassi a fare visita. Per lui era un momento anche di sfogo, di confidenze.

Come era il Cavaliere fuori dai riflettori della vita pubblica?

Una persona molto profonda, molto vera. Molto legato alla madre, Rosa, che ho avuto modo di conoscere: una donna di estremo buonsenso, di infinita dolcezza a cui lui era molto legato. Berlusconi era un grande intrattenitore, un formidabile padrone di casa. Oltre alla proverbiale capacità di raccontare le barzellette, era un grande appassionato di musica. Cantava benissimo, accompagnato dalla chitarra di Mariano Apicella. Tra l’altro, a proposito di musica, le racconto un aneddoto.

Dica. 

Mi pare fossimo a Villa Certosa, per le vacanze estive. Berlusconi diede l’annuncio che di lì a poco sarebbe arrivato anche l’amico Confalonieri. Ebbene si interrogò su come accoglierlo nel migliore dei modi. Ed ecco l’idea: gli facemmo trovare un pianoforte – che Confalonieri suona molto bene – e riuscì una bellissima serata.

La sua frequentazione con il presidente Berlusconi si era mantenuta nel tempo?

Ultimamente lo sentivo meno, salvo nelle occasioni delle ricorrenze: dagli auguri di compleanno a quelli per Natale. Ma mi sento di dire che, comunque, il nostro rapporto rimase molto saldo. Anche perché, ribadisco, i miei dinieghi alle sue offerte politiche (o di altra natura, come incarichi e posizioni di prestigio), benché sul momento lo rammaricassero, in fondo, lo rasserenavano sulla natura genuina della nostra amicizia. E, in fondo, penso che questo fosse un aspetto che lui apprezzava molto.

Sapeva della sua malattia?

Sì, da qualche tempo. Ma devo dire che l’ha affrontata in maniera estremamente coraggiosa. Come del resto era nella sua natura. A proposito dell’approccio del “Berlusconi-paziente”, ricordo un altro episodio. Avevo appena terminato l’operazione di trapianto e, a margine dell’operazione, un assistente mi offrì davanti a lui un pezzo di cioccolato. Berlusconi, che era estremamente goloso, disse subito: “Beh, per me non c’è nulla?”.

Immagino non si potesse non parlare di politica con Berlusconi. Qual è la sua eredità?

L’eredità politica di un personaggio come Berlusconi penso vada valutata “a freddo”. Quel che posso dire è che senz’altro il Cavaliere fu un innovatore, sia dei costumi della politica che del metodo politico.

Berlusconi da paziente ad amico. Intervista al professor Rosati

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