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Due spiragli sono meglio di uno. E se l’argomento è quello che per il governo di Giorgia Meloni potrebbe essere la partita più importante di questo primo scampolo d’estate, la ratifica del Trattato che riforma e disciplina il Mes (manca solo il sì italiano, qui l’intervista in merito all’economista Innocenzo Cipolletta), allora è una buona notizia.

Attenzione, parlare di svolta potrebbe risultare un tantino eccessivo, ma senza dubbio le aperture della Germania alle istanze dell’Italia, corroborano morale e spirito. C’è una data da cerchiare con il rosso, il 30 giugno. Per quel giorno, infatti, alla Camera è in programma la discussione generale proprio sul Meccanismo europeo di stabilità, su pressing delle opposizioni al governo. Il quale, bisogna sempre tenerlo a mente, ha chiesto essenzialmente due cose, in cambio della ratifica.

Primo, che la natura del Mes, che altro non è che la pietra angolare dell’unione bancaria, cambi, ovvero che lo strumento più che di salvataggi, si occupi e venga messo al servizio della crescita. Secondo, che dal Patto di stabilità (che l’Europa deve riformare entro fine anno), vengano esclusi gli investimenti considerati strategici, come quelli nella difesa. Tutto questo, al momento, è in discussione, dentro e fuori l’Eurogruppo in corso a Bruxelles. Ed è qua che sono entrate in gioco le due aperture, una tedesca e l’altra della stessa Europa.

“L’Italia ratifichi il trattato in un periodo di tempo abbastanza breve, dopo che avremo scambiato opinioni sugli sviluppi futuri dei prossimi anni. Sono convinto che troveremo un terreno comune”, ha proferito il ministro delle Finanze tedesco, Christian Lindner, non certo uno tenero con Roma. Insomma, la Germania è pronta a farsi carico, se così si può dire, dei desiderata italiani. Ma a un patto: che il governo riduca il debito dell’1% annuo (ieri Bankitalia ha aggiornato il contatore a 2.800 miliardi). Come noto, la riduzione delle esposizioni sovrane è il pallino di Berlino.

“Abbiamo bisogno della garanzia che ci sia un livello minimo di riduzione del debito all’anno e l’1% non è eccessivamente ambizioso in tempi normali. Del resto, un ritorno al 60% massimo del debito sul Pil, previsto dai trattati, non avverrebbe nell’arco della mia vita. Credo che il governo italiano si sia posto alcune domande e il direttore del Mes Pierre Gramegna sarà sicuramente in grado di rispondere a tutte”, ha spiegato Lindner.

Ecco, appunto, l’altra piccola sponda a Meloni, ma con maglia più che tedesca, europea. “Siamo pronti a usare le potenzialità del Trattato al massimo possibile”, ha spiegato Gramegna “e penso che questa sia una buona notizia per l’Italia. Anche la revisione del Mes è già in campo”. Le aperture, insomma, non sembrano piccole: tutto sta a trovare la via in grado di evitare i tanti ostacoli presenti sia a Bruxelles sia a Roma sulla strada della ratifica, e della successiva evoluzione, del nuovo Mes.

Mes, la partita italiana e quei (due) gesti distensivi

Dall’Eurogruppo di giugno ancora nessuna svolta, ma due segnali importanti​ sì. Primo, la Germania non ha tanta voglia di fare le barricate sul Meccanismo di stabilità, ai tedeschi interessa più il debito pubblico. Secondo, anche l’Europa è pronta a negoziare purché l’Italia dica sì

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