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Mancherebbe poco al via libera definitivo sul rinnovo dell’accordo che consente all’Ucraina di esportare il grano sul Mar Nero, in scadenza tra poche ore. Funzionari turchi hanno dichiarato non solo che le firme ci saranno, ma anche che Mosca resterà parte integrante della delicata questione che, evidentemente, investe anche altri interessi oltre ai cereali. Mosca aveva minacciato di ritirarsi se non fossero stati rimossi gli ostacoli alle spedizioni dei propri raccolti e fertilizzanti, mentre 24 ore prima Kiev aveva chiesto alle potenze globali di fare pressione sulla Russia.

Quale accordo

Questa mattina l’ultima nave ‘che fa parte’ del vecchio accordo ha lasciato il porto di Chornomorsk, la DSM Capella, con a bordo 30.000 tonnellate di mais ed era diretta in Turchia, secondo i dati diffusi dalle Nazioni Unite. La scorsa settimana a Istanbul esponenti dei governi di Ucraina, Russia e Turchia si erano incontrati per gettare le basi del rinnovo nell’ambito del cosiddetto patto del Mar Nero. Secondo il portavoce delle Nazioni Unite Stephane Dujarric “i contatti proseguono a diversi livelli. Siamo ovviamente in una fase delicata”, mentre ottimismo è stato sparso negli ultimi giorni dal ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu.

Il numero uno delle Nazioni Unite Antonio Guterres in precedenza aveva proposto una “via da seguire mirata al miglioramento, all’estensione e all’espansione” in una lettera al presidente russo Vladimir Putin. “Il 14 aprile, il ministero degli Esteri russo ha annunciato cinque condizioni per l’estensione dell’accordo sul grano, incluso il collegamento della banca agricola russa al sistema di pagamento Swift”, ha detto ad Al Jazeera.

I nodi

Le accuse russe rivolte all’Ucraina si sostanziano in questi termini: secondo il ministero della Difesa di Mosca, Kiev userebbe il corridoio del grano per attaccare le navi russe nel Mar Nero. Linea seguita dall’ex presidente russo Dmitry Medvedev che ha apertamente minacciato il ritiro di Mosca in caso di divieto dei paesi G7 alle esportazioni verso la Russia. Secondo il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov “nonostante sia passato così tanto tempo, l’accordo non è stato ancora attuato, non è stato messo insieme come un pacchetto, le condizioni che ci preoccupavano non sono state ancora realizzate”. Il Cremlino ritiene che una carenza globale di forniture alimentari non può essere interamente attribuita ai russi e al contempo ha chiesto la ripresa delle forniture, come macchine agricole e pezzi di ricambio.

Scenari

Fino a questo momento più di 24,1 milioni di tonnellate di grano sono state esportate nell’ambito dell’Onu e della cosiddetta Black Sea Grain Initiative (BSGI): già le proroghe dello scorso novembre e dello scorso marzo erano state contestate dal Cremlino, sostenendo che il doppio accordo sulle esportazioni russe non veniva rispettato, mentre l’esportazione di prodotti ucraini avviene a un ritmo costante. Che la Turchia reciti un ruolo prismatico sul tema, era emerso da tempo, l’ultimo passaggio si è concretizzato qualche giorno fa a Roma in occasione di un evento promosso allo Yunus Emre Institute dalle ambasciate presso la Santa Sede di Ucraina e Turchia. Ovvero la riflessione su come legare “Panem e pax”, quindi con un invito alla diplomazia del grano per sbloccare l’impasse in Ucraina.

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