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In questo primo scorcio del nuovo millennio sta sempre più assumendo importanza il ruolo di “presidio di manutenzione” che le imprese artigiane hanno sui territori. “Un presidio di lavoro” minuto, disponibile sempre e dovunque, che genera sicurezza e continuità per tutti coloro che ne usufruiscono, siano essi cittadini, imprese, amministrazioni pubbliche. Si aggiunge ad un altro ruolo che queste imprese svolgono: protagoniste di quella produzione manifatturiera che genera il made in Italy e che è più riconosciuto e apprezzato all’estero: “Stile, creatività, ancoraggio territoriale, accuratezza e precisione, innovazione nella tradizione”.

Sono questi i due pilastri che permettono alle imprese artigiane di guardare con una certa dose di ottimismo alla transizione ecologica in atto, in tutti gli aspetti e in tutti gli ambiti, presupposto per la modernizzazione e la messa in sicurezza del Paese  “dalle opere pubbliche obsolescenti, alla vetustà del patrimonio immobiliare pubblico e privato, dalla tutela idrogeologica e della cura del territorio”.

Lo studio presentato oggi dalla Confederazione Nazionale Artigiani (Cna) a Roma tratteggia uno spaccato delle piccole e medie imprese e dei settori di attività più coinvolti in questo processo. Innanzitutto il comparto delle costruzioni (edilizia, impiantistica, installazioni, serramenti, ecc.). Circa mezzo milione di imprese con l’impegno di “fare meglio”, di “rifare con nuovi criteri e nuovi standard”, di “adeguare l’esistente alle nuove sfide del presente e del futuro”. Non più, quindi, consumo di suolo, ma riqualificazione in senso energetico dei manufatti esistenti, demolizione e ricostruzione con nuovi criteri ambientali, ripristino di infrastrutture obsolescenti, opere viarie e reti idriche in particolare, realizzazione di opere pubbliche in grado di mitigare gli effetti del cambiamento climatico, rigenerazione urbana, installazione di impianti fotovoltaici sugli edifici esistenti.

Vi sono, poi, tutte quelle attività di servizio, sia per le imprese che per le famiglie, che consentono a tutti noi di affrontare con semplicità la vita di tutti i giorni. Sono circa 80 mila artigiani del settore della riparazione di autoveicoli e motoveicoli (carrozzieri, gommisti, meccanici). E anche “i riparatori di elettrodomestici, i meccanici delle biciclette, i manutentori di imbarcazioni da lavoro e da diporto, i fabbri e gli elettricisti, gli idraulici e i manutentori del verde”. Si tratta di figure professionali importanti non solo perché permettono di risolvere i nostri tanti piccoli problemi quotidiani, ma anche perché “il loro intervento estende il ciclo di vita dei cosiddetti beni durevoli”. Attività in linea con quel nuovo paradigma ambientale che va sotto il nome di economia circolare.

E sono artigiane anche le quattromila imprese di restauro artistico, quelle che garantiscono la conservazione di un patrimonio unico al mondo. E anche le 16 mila tintorie e lavanderie e gran parte delle imprese di pulizia. Senza dimenticare il contributo di alcuni settori dell’italica manifattura come la moda e il comparto dei mobili. Un universo di oltre 600 mila realtà e oltre due milioni di occupati, impegnati a diverso titolo in attività di manutenzione. Piccole imprese impegnate in una “quantità di comparti quante sono ampie le necessità di manutenzione e riparazione che il Paese esprime”.

“Non vi può essere manutenzione ordinaria né manutenzione evolutiva senza la partecipazione delle imprese artigiane – ha detto Barbara Gatto, responsabile del dipartimento delle Politiche Ambientali di Cna, presentando lo studio – . Imprese che sono costrette ad assumere su di sé tutto lo sforzo di adeguamento ai nuovi paradigmi ambientali e all’evoluzione della domanda. Valga per tutti l’impegno che dovranno profondere le officine di riparazione veicoli per fronteggiare la profonda trasformazione del motore termico a quello elettrico che ci attende per i prossimi anni. O quello che le imprese di costruzioni dovranno prevedere per continuare a migliorare la performance ambientale degli edifici”.

Anche perché sono numerosi i dossier in arrivo da Bruxelles che coinvolgono i settori tipici del made in Italy. Ne sono stati ricordati alcuni. Il Regolamento sulla progettazione eco-compatibile dei prodotti sostenibili (Ecodesign); il Regolamento sugli imballaggi; la Direttiva sul diritto alla riparazione; la Direttiva sulla prestazioni energetiche degli edifici; la Direttiva per la rendicontazione di sostenibilità e quella sulle dichiarazioni verdi.

Senza voler entrare nel merito di tutti questi dossier, è possibile delineare, secondo Cna, alcune linee di intervento necessarie per affrontare la transizione ecologica in termini di opportunità piuttosto che di ostacolo, attraverso misure che possono far sì che le piccole imprese possa affrontare queste sfide in maniera vincente e con un ruolo da protagoniste. Si tratta di dare al nostro Paese, quella che l’associazione degli artigiani chiama “agenda di politica economica green”, su sui indirizzare le politiche e l’azione delle imprese e dei cittadini.

La prima richiesta è di far uscire la transizione ecologica “dalla selva oscura della burocrazia”, norme complesse e stratificate, incentrate per lo più su aspetti formali. Le nuove norme che stanno arrivando dall’Europa dovrebbero rappresentare l’occasione per riordinare la legislazione ambientale in chiave di semplificazione ed efficacia. E comunque, conclude lo studio, per un’effettiva transizione verso la sostenibilità, “è necessario un cambiamento culturale fondato su un approccio trasversale alla formazione che porti allo sviluppo di nuove figure professionali all’interno dell’impresa”. Occorrerà, infine, “favorire l’avvio di pratiche di eco-innovazione per favorire la trasformazione in chiave green dei processi e dei prodotti, anche da parte delle piccole e medie imprese”.

Artigiani, protagonisti della transizione ecologica

Affinché le imprese artigiane possano essere appieno fautrici della transizione ecologica, secondo Cna occorre far uscire la transizione ecologica “dalla selva oscura della burocrazia” e una svolta radicale nell’approccio alla questione: un cambiamento culturale fondato su un approccio trasversale alla formazione che porti allo sviluppo di nuove figure professionali all’interno dell’impresa

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