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Quando, lo scorso 8 settembre Matteo Salvini sfilò sorridente e in smoking lungo il red carpet della Mostra del cinema di Venezia, la folla rumoreggiò: “Che c’entrano i politici? Dateci gli attori!”. Il capo leghista fece spallucce e in sala si sorbì senza proferir verbo l’accorato video intervento del presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Ma poiché Sanremo è Sanremo, e poiché a Sanremo Matteo Salvini non è stato invitato, eccolo rumoreggiare riecheggiando, opportunamente riadattato alla bisogna, il rancoroso principio che la folla veneziana gli rivolse contro: “Che c’entra Zalensky? Dateci i cantanti!”.

Ovvio che le ragioni della polemica abbiano poco a che vedere con i principi in generale e molto con la persona in quanto tale. Chi fischiò a Venezia non fischiò “i politici”, fischiò Matteo Salvini. E non lo fece per difendere il mestiere dell’attore, né l’ortodossia della Mostra del cinema: lo fece perché consapevole che la mediaticità di quell’evento internazionale sarebbe andata a vantaggio di un leader politico evidentemente sgradito.

Non è un caso che, a contestare l’annunciato video intervento di Vladimir Zelensky al Festival della canzone italiana di Sanremo, Matteo Salvini si trovi in compagnia esclusivamente di quanti contestano la scelta italiana di sostenere politicamente e militarmente il popolo ucraino aggredito dalla Russia di Vladimir Putin. Gente come Vauro, Grillo, Travaglio… Gente come il direttore di Limes Lucio Caracciolo, il quale ieri, dalla Gruber, l’ha messa così: “Invitare Zelensky non è educato, oltre che di cattivo gusto”.

Difficile, per chi scrive, comprendere il concetto caraccioliano di buon gusto. Quanto all’educazione, beh, è proprio questo il tema. Educazione nel senso di formazione, didattica, pedagogia. Dare a Zelensky la ribalta nazionalpopolare di Sanremo è un modo per aiutare il popolo italiano a comprendere le ragioni del popolo ucraino e più in generale le ragioni dell’Occidente liberale e democratico. Un modo, dunque, per far capire i torti di Vladimir Putin. E dev’essere proprio questo che a Matteo Salvini e agli altri aedi della purezza canora sanremese proprio non va giù.

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Dare a Zelensky la ribalta nazionalpopolare di Sanremo è un modo per aiutare il popolo italiano a comprendere le ragioni del popolo ucraino e più in generale le ragioni dell’Occidente liberale e democratico. Un modo, dunque, per far capire i torti di Vladimir Putin. E dev’essere proprio questo che a Matteo Salvini e agli altri aedi della purezza canora sanremese proprio non va giù

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