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Mosca ha affermato di non vedere “alcuna ragione” per rinnovare l’accordo sul grano del Mar Nero, poiché la parte russa si è lamentata per mesi degli ostacoli alle proprie forniture agricole. “In queste circostanze, è ovvio che non vi è alcun motivo per rinnovare (l’accordo) che scade il 17 luglio”, ha spiegato il ministero degli Esteri russo. Che faccia parte del gioco delle parti (dopo il golpe) o che sia il terreno su cui costruire (o meno) un dialogo diplomatico è un elemento di ulteriore tensione.

Qui Onu

Preoccupazione per la sopravvivenza dell’accordo è stata espressa dall’Onu secondo cui tutto potrebbe collassare entro due settimane, minacciando la sicurezza alimentare per i Paesi più vulnerabili del mondo. Ma secondo il Cremlino, nella Black Sea Grain Initiative non è stato ricompreso il funzionamento dell’accordo parallelo che tocca le esportazioni russe di cibo e fertilizzanti. Ginevra Rebeca Grynspan, capo dell’agenzia delle Nazioni Unite per il commercio e lo sviluppo Unctad ha spiegato che i due accordi firmati a Istanbul sono molto importanti per la sicurezza alimentare per i Paesi in via di sviluppo del sud del mondo.

Prezzi alle stelle

Che succede se il 17 non si troverà un accordo? “Ci sarà una forte tensione sui prezzi dei cereali innanzitutto perché è evidente che alcuni Paesi, soprattutto quelli arabi e africani, andranno sotto stress – dice a Formiche.net il prof. Vittorio Emanuele Parsi, docente all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, di cui è uscito il volume “Il posto della guerra e il costo della libertà” (Bompiani) – Questa mossa secondo me si inquadra nella strategia del Cremlino di creare quante più zone di problema all’Occidente. Infatti siamo noi quelli che, in qualche modo, sono sempre visti come gli azionisti principali dell’ordine. Per cui in questo momento chi lo contesta riesce a provocarne il caos, secondo la strategia del ‘tanto peggio tanto meglio’ e con tanti saluti al fatto che Mosca si presenta come la campionessa di quello che resta dell’internazionalismo ex terzomondista”.

Prigozhin e grano

Ma questa posizione del Cremlino è il frutto del consueto gioco delle parti, così come è stato in occasione degli altri rinnovi, oppure può valere come coda del golpe? Esiste un cambio di paradigma? Secondo il prof. Parsi, Putin si trova “in una condizione differente rispetto al recente passato e lo dimostra il fatto che azzarda di più per alcuni aspetti e, quindi, rischia di più”. Circa il legame tra la Wagner e il dossier grano, aggiunge che la brigata privata è abituata per consuetudine a sparare, escludendo quindi un collegamento diplomatico o politico con il possibile nuovo accordo sul grano.

Invece c’è chi in questa fase ha scelto un profilo basso, come il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, il cui silenzio sul caso può aprire a nuove mire di Ankara: “Sta cercando ancora una volta di proporsi come salvatore dell’ultima spiaggia. Come al solito quello tra Putin ed Erdogan deve essere un gioco tra le parti, visto che Putin è molto grato dell’atteggiamento turco. Diverso l’atteggiamento del cinese Xi, che ha interesse alla de-escalation, penso che sia abbastanza evidente: un momento dopo però va valutato a quale prezzo e a quali condizioni perché la Russia intende portare a casa qualcosa, al pari degli ucraini con il rischio che l’Occidente si indebolisca”. Il punto di caduta, al momento, è secondo il prof. Parsi “un vero e proprio stallo”.

Grano e Wagner, la pax è lontana: tutto porta allo stallo. Parola di Parsi

Che succede se il 17 luglio non si troverà un accordo? “Ci sarà una forte tensione sui prezzi dei cereali innanzitutto perché è evidente che alcuni Paesi, soprattutto quelli arabi e africani, andranno sotto stress”. Conversazione di Formiche.net con Vittorio Emanuele Parsi, docente all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e autore del volume “Il posto della guerra e il costo della libertà” (Bompiani)

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