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Alla fine, la miccia è stata spenta, evitando che la bomba del payback deflagrasse. Come anticipato pochi giorni fa da Formiche.net, il governo di Giorgia Meloni è intervenuto per fermare, in parte, i rimborsi, circa 2,2 miliardi, dovuti dalle imprese che riforniscono le regioni di dispositivi medicali, alle sanità locali. Come noto, tale meccanismo, risalente ai primi anni duemila, prevede la partecipazione delle aziende al ripiano dei disavanzi, qualora venga sforato il budget annuale di spesa sanitaria.

E così, il Consiglio dei ministri riunitosi nel pomeriggio ha stanziato circa 1,1 miliardi per limitare l’impatto dei 2,2 miliardi di payback previsti a carico delle imprese produttrici di dispositivi medici. Per superare il problema si prevede nel dettaglio l’istituzione di un fondo per il 2023, la cui dotazione potrebbe essere per l’appunto di circa 1,1 miliardi. Gli importi della quota del fondo assegnati a ciascuna Regione potranno essere utilizzati per gli equilibri dei servizi sanitari regionali dell’anno 2022. Insomma, spalmati su base regionale per limitare l’esborso delle imprese.

A questo punto, entra in gioco la variabile contenzioso. Le aziende fornitrici di dispositivi medici che infatti non hanno attivato il contenzioso verseranno a ciascuna regione e provincia autonoma, entro il 30 giugno 2023, la restante quota rispetto a quella determinata dai provvedimenti regionali. Per le aziende fornitrici di dispositivi medici che non rinunceranno invece al contenzioso attivato, resta fermo l’obbligo del versamento della quota integrale a loro carico. Va bene, anzi no. Perché per le imprese dei dispositivi, è una mezza vittoria. Come a dire, il payback va cancellato del tutto, non parzialmente mitigato.

“L’intenzione del governo di fare uno sconto alle imprese sull’ammontare del payback se in cambio queste rinunciano ai ricorsi è una proposta inaccettabile. Il payback deve essere cancellato, altrimenti il problema non troverà mai una soluzione definitiva. Tutti concordano sull’iniquità di questa norma è quindi giunto il momento di cancellarla. Questa misura decreterà la fine del Servizio sanitario nazionale e dell’attrattività del nostro Paese da parte delle imprese dei dispositivi medici. Per questo abbiamo intenzione di andare avanti con i ricorsi al Tar”, ha attaccato il presidente di Confindustria Dispositivi Medici, Massimiliano Boggetti.

“Non è togliendo 1,1 miliardo alle aziende, concedendo rateizzazioni o aggiustando la stortura dell’Iva che si risolve il problema, soprattutto perché la norma resterebbe attiva per gli anni 2019-2022 e per il futuro. Inoltre, molte aziende hanno ricevuto un payback che include i servizi (per legge non inclusi nel conteggio) e non si capisce come uno sconto dovrebbe sanare queste storture e rendere le aziende soddisfatte, tanto più che le imprese scontano il pagamento per i servizi correlati. Il contenzioso si inasprirà con evidenti ricadute sulle imprese e sulla fornitura per i nostri ospedali. La cosa più saggia e lungimirante è semplicemente cancellare il payback perché non ancorato alla realtà, ai veri bisogni di cura dei cittadini”.

Meloni ferma (in parte) il payback. Le imprese tirano il fiato ma la norma...

Il Consiglio dei ministri approva la norma, anticipata da questa testata, che prevede uno sconto di 1,1 miliardi per le aziende che riforniscono di dispositivi medici le regioni. Ma attenzione al nodo dei contenziosi​

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