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Lasciando da parte le polemiche scatenate da parte dei gruppi di estrema destra e sinistra iraniana e italiana, comprese quelle mosse dai gruppi di culto marxista islamista dei Mojahedin del Popolo Iraniani (MEK) che a quanto pare hanno dimenticato il vero nemico — cioè la repubblica islamica — e continuano ancora sulla linea della ribellione del 79, il viaggio del principe in un paese come l’Italia che è partner economico numero uno del regime islamico in occidente finalmente potrebbe dare un immagine vera di ciò che sarà l’Iran del futuro dopo il crollo del regime degli ayatollah.

Reza Pahlavi che da 44 anni è in esilio e sta lottando contro il regime islamico, è stato in Italia con invito ufficiale da parte dell’onorevole Roberto Bagnasco di Forza Italia: ma gli incontri non si sono limitati solo alla coalizione di centrodestra. Il principe ha incontrato anche alcuni parlamentari di altre forze politiche come quelli del terzo polo e del centrosinistra. Incontri importantissimi, visto che il principe si è dichiarato sempre come un’opposizione liberal democratica e per questo, appunto, ha trovato consenso tra sia le forze di destra della politica di opposizione iraniana (cioè i monarchici costituzionali), sia tra le forze liberal democratiche del centro e centro sinistra (cioè i repubblicani iraniani). Il Principe Reza Pahlavi rappresenta gran parte dell’opposizione iraniana (circa 60-80%) 1234 ovvero quella parte che si dichiara “patriota” iraniana e lotta contro gli ayatollah.

Sicuramente se il governo italiano si fosse messo al tavolo con il principe forse avrebbe avuto già alcune idee chiare su queste due preoccupazioni. Il principe Reza Pahlavi ha dichiarato più volte che la maggior parte dell’opposizione al regime è già dentro il paese e addirittura dentro il sistema burocratico, governativo e militare del paese. Ciò aiuterà a evitare la destabilizzazione totale del paese a livello politico e militare, come quello che accaduto dopo Sadam Hussein in Iraq con la de-bathificazione dell’Iraq. Bisogna poi dire che l’Iran è molto diverso da un paese come Siria: le diverse etnie e gruppi religiosi e laici che vivono in Iran sono molto più uniti di quelli siriani. E le proteste e le grida dei manifestanti come “da Kurdistan a Teheran, moriremmo per l’Iran” o “da Baluchistan a Tabriz, moriremmo per l’Iran” sono alcuni esempi di questa unità nazionale. Il fatto che tanti partiti e gruppi armati delle diverse etnie in Iran, non hanno mai usato le armi in questi mesi è un’altra dimostrazione che in Iran, durante e dopo il crollo del regime, non vivrà le stesse esperienza della Siria o dell’Iraq

Per quanto riguarda il lato economico — cioè contratti delle aziende private e parastatali italiane con l’Iran — è ovvio che lavorare con un Iran democratico che farà parte del libero mercato mondiale sarà estremamente più facile e più profittevole per tutti paesi occidentali, inclusa l’Italia. Bisogna poi dire che il mercato dell’Iran — dopo 44 anni di chiusura verso il mondo — sarà un mercato “vergine” con tantissime possibilità di investimento nei diversi settori. Per quello che riguarda l’Italia in particolare, il settore agroalimentare, edilizio, infrastrutture, petrolifero e anche turismo sono mercati che possono essere oggetto di investimento in Iran.

Il principe Reza Pahlavi in questi 44 anni ha ideato e/o costituito diverse associazioni e gruppi di esperti che si occupano di preparare programmi per il futuro dell’Iran, un grande esempio è il gruppo “ Phoenix Project of Iran” 5 (progetto fenice per Iran) che ha un solo e unico compito: preparare dei progetti realizzabili per il futuro del Iran. Uno dei loro progetti principali annunciati pubblicamente è “Iran in transition – The first 100-day Strategy” (Iran in transizione – La strategia dei primi 100 giorni). Bisogna poi dire che gli unici partiti organizzati e registrati dell’opposizione iraniana fuori dall’Iran sono “The Constitutional Party of Iran (Liberal Democrats)” e il nuovo “The Iran Novin Party (Modern Iran Party)” che supportano il principe nella sua lotta contro il regime islamico.

Per il futuro politico del paese, invece basta solo ascoltare tutto quanto ha detto il principe in questi anni, ma anche in Italia durante la recente conferenza stampa in parlamento, e cioè “il futuro dell’Iran passerà dalle urne e sarà il popolo iraniano, che per la prima volta nella sua storia, sceglierà il tipo di governo e costituzione che vuole tramite elezioni libere con supervisione di enti internazionali. Se questa scelta sarà una repubblica o una monarchia costituzionale sarà il popolo a deciderlo” ma “sicuramente il futuro Iran sarà un paese laico e democratico con un sistema politico plurale di cui qualsiasi ideologia può far parte, rispettando le leggi basate su libertà, democrazia e diritti umani”.

L’Iran del futuro sarà il principale alleato dell’occidente e collaborerà con tutto il mondo per costruire un futuro migliore e di pace. Speriamo che finalmente anche il governo italiano e le camere decidano di attivarsi e prendere posizioni chiare e forti contro il regime, e in favore delle opposizione liberal-democratiche del paese, per poter creare una relazione tra Italia e Iran del futuro già da adesso. In maniera che l’Italia potrà diventare un alleato vicino dell’Iran democratico di domani. Magari iniziare a congelare temporaneamente le relazioni economiche con il regime e predisporre sanzioni contro funzionari del regime potrebbero essere i primi giusti passi!

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