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Dopo che la riunione ministeriale del Quad ha aperto l’attività internazionale dell’amministrazione Trump, i prossimi sette giorni saranno fondamentali per capire il ritmo dell’impegno americano nell’Indo-Pacifico, regione cruciale per Washington — per le potenzialità socio-economiche e perché primo livello di contenimento della Cina.

Da due giorni, le forze armate di Australia, Giappone, Filippine e Stati Uniti stanno conducendo esercitazioni congiunte al largo delle Filippine. Dopo le manovre navali di mercoledì, altre attività dí interoperabilità ci sono state nelle scorse ore nei cieli  del Sud-est asiatico — dove i B-1 Lancer, bombardieri a capacità nucleare statunitensi, hanno simulato attacchi insieme alle altre aviazioni “friends, partners, allies”.

Queste attività, definite esercizi di cooperazione multilaterale, dimostrano l’impegno collettivo dei quattro Paesi a rafforzare la stabilità regionale e internazionale, in linea con la visione di un Indo-Pacifico libero e aperto, spiegano i briefing del Pentagono, seguendo il mantra “free and open Indo-Pacific” — ideato dal defunto premier nipponico Abe Shinzo e ormai adottato come simbolo dell’impegno americano e dei like-minded nella regione (Italia compresa).

Le esercitazioni rientrano nella cooperazione rafforzata di un gruppo quadrilaterale noto come lo “Squad”. Composto da Australia, Giappone, Filippine e Stati Uniti, il gruppo nasce per rispondere all’ascesa dell’influenza cinese in Asia. Con una struttura simile ad altre iniziative multilaterali come il “Quad” (Usa, Australia, Giappone e India), lo “Squad” si concentra sul miglioramento della capacità operativa congiunta e sull’ampliamento delle esercitazioni navali. Ma ha anche un obiettivo, non detto quanto piuttosto evidente: il contenimento della Cina.

La cooperazione si rende particolarmente necessaria proprio per contrastare le continue pressioni esercitate da Pechino nel Mar Cinese Meridionale, specialmente nelle acque contese vicino alle Filippine. I membri dello “Squad” hanno già organizzato operazioni congiunte di pattugliamento per supportare Manila nella difesa della propria sovranità, mentre la Cina esercita un’alterazione continua (e a proprio vantaggio) degli status quo.

Giovedì, il segretario alla Difesa filippino, Gilbert Teodoro, e il nuovo segretario alla Difesa degli Stati Uniti, Pete Hegseth, hanno parlato del rafforzamento della deterrenza marittima nel bacino, segnando il primo impegno ufficiale tra i due capi delle strutture militari e confermando che Manila — e in generale il dossier Mar Cinese — restano in cima all’agenda delle attenzioni dell’amministrazione statunitense.

In quest’ottica va letto anche l’appuntamento odierno tra Donald Trump e Ishiba Shigeru. Con il primo ministro giapponese, secondo alleato alla Casa Bianca (dopo l’omologo israeliano), ci sono tante cose sul tavolo. Se sicurezza economica e investimenti incrociati saranno al centro dell’agenda più transazionale, Usa e Giappone discutono anche, in termini più ideali e strategici, di difesa comune — dove la questione è comunque dominata dai delicati equilibri degli impegni reciproci.

Tokyo, come Canberra e Manila, è cruciale per la proiezione strategica americana nell’Indo-Pacifico. Allo stesso modo, lo è l’India, il cui primo ministro Narendra Modi sarà a Washington giovedì prossimo (13 febbraio) – e anche con lui i dossier economici e l’intreccio a interesse reciproco di obiettivi industriali saranno al centro delle discussioni, al pari delle strategia comuni di sicurezza regionali.

Mettendo insieme queste tessere, il puzzle delle priorità di interessi trumpiani diventa più chiaro. Benjamin Netanyahu ha partecipato alla presentazione del piano strategico per Gaza, e sarà affiancato dal re Abd Halla di Giordania (altro super alleato in arrivo nei prossimi giorni a DC) e parte di quel Medio Oriente sempre più parte dell’Indo-Mediterraneo; Ishiba sarà invece affiancato da Modi, cardini dell’Indo-Pacifico.

A questo si abbinano le attività contemporanee, come le esercitazioni congiunte, oppure l’annuncio del segretario di Stato, Marco Rubio, di non partecipare alla riunione del G20 del 20 e 21 febbraio — dimostrando più di altro la volontà di procedere per contatti bilaterali, evitando i consessi multilaterali che Trump (e parte degli americani) detesta.

(Foto: X, @IndoPaCom)

Ishiba alla Casa Bianca, il Pentagono nel Mar Cinese. Trump naviga l’Indo-Pacifico

Sicurezza economica, investimenti congiunti, difesa comune, incontri bilaterali. Mentre navi e aerei americani si muovono nell’Indo-Pacifico con Australia e Filippine, Trump ospita nel giro di pochi giorni i primi ministri di Giappone e India, alleati fondamentali nella regione. Contemporaneamente, dopo Netanyahu anche il re giordano sarà a DC per dare impulso agli interessi nell’Indo-Mediterraneo

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