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Ci sono almeno due modi di guardare al governo di Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, che sta per insediarsi in queste ore.

Da una parte esso potrebbe apparire fragile, visto che ha subito vari agguati dai suoi alleati di coalizione, Forza Italia di Silvio Berlusconi e la Lega di Matteo Salvini.

Da un’altra parte invece può apparire forte perché la Meloni è subito riuscita a comporre le fratture e imporre la sua linea euroatlantica contro le tentazioni putiniane di alcuni alleati.

Comunque in realtà oggi la scena politica intorno alla Meloni è vuota.

L’opposizione di Matteo Renzi e Carlo Calenda è pronta a offrire una sponda al governo, come si è visto per l’elezione del Presidente del Senato, ma non ha una sua proposta politica forte. Il Pd appare confuso dopo la sconfitta elettorale, e il M5s cambia opinione una volta al giorno alla caccia perenne di un riscontro nei sondaggi.

Ciò potrebbe modificarsi, ma probabilmente non nell’immediato. Le elaborazioni politiche dei partiti, più che quelle personali, hanno bisogno di tempo e lavorio.

Quindi i prossimi mesi potrebbero riservare alla Meloni una navigazione relativamente tranquilla. Si deve approvare la legge di bilancio che deve aderire alla tabella di marcia del Pnrr, ci sarà la minaccia del caro gas, ma qui molto è già stato impostato dal governo di Mario Draghi.

Gli alleati potranno sottoporre il premier a una guerriglia parlamentare, specialmente sulla questione del rinnovo degli aiuti militari all’Ucraina. Ma è improbabile che si vada alla rottura con la minaccia di tornare alle urne. FI e Lega vogliono restare nella stanza dei bottoni.

Detto ciò, la guerra è un’opportunità di rinascita e ricostruzione da non sprecare. Come il Covid ha spinto la Ue a un piano di ripresa che lanciava un’economia diversa, così la futura ricostruzione dell’Ucraina dopo la guerra e la ripartenza in Europa offrono un’occasione per rilanciare l’Unione forse in modo diverso.

Qui per avere una vera voce in capitolo, e non essere schiacciata nel tritacarne della storia, l’Italia deve restare leale alla Nato, grande vincitrice politica e militare del conflitto, ed elaborare soluzioni tombali a tre suoi problemi.

  • Snellire burocrazia per creare un ambiente più favorevole all’impresa.
  • Chiudere le falle di spesa statale eccessiva.
  • In questa luce, e alla fine di questi due passi, trovare una soluzione unica per risanamento del debito pubblico.

Queste riforme rialzerebbero l’Italia, darebbero fiato alle sue iniziative e politiche e risolverebbero uno dei problemi strutturali della Ue – l’inefficienza dello stato italiano e il suo enorme debito pubblico.

L’ordine delle cose è importante e occorre muoversi velocemente. Se ciò è impostato bene e in tempi relativamente brevi, il governo Meloni potrebbe avere cinque anni per governare nonostante le opposizioni interne.

Se si fa prendere in trappola dalle mille polemiche può tornare il ciclo dei governi di breve durata e il dopoguerra Ucraina.

All’estero lei viene seguita con curiosità, interesse, dubbi ma senza ostilità pregiudiziale. Questi governi vanno conquistati e sedotti uno per uno con diplomazia e iniziative concrete.

All’interno lei ha nemici all’opposizione, legittimi, e nemici nella coalizione. Ma entrambi oggi e nei prossimi mesi non hanno la forza politica di rovesciarla. Possono però metterla in difficoltà, come si è visto.

Qui una trasformazione necessaria è della Meloni perché i metodi per mantenere il governo sono diversi da quelli per prenderlo, come diceva lo storico cinese Sima Qian.

Quindi il premier deve comunicare calma presidenziale. Dovrà tenere i nervi saldi, stemperare il suo amore per la controversia e smorzare ogni polemica. Queste vanno bene per conquistare voti e quindi potere, e proprio per questo sono dannose quando si tratta di mantenerlo.

Un insegnamento per Meloni. Conquistare il potere non vuol dire mantenerlo

Il nuovo governo parte con una opposizione o dialogante o indebolita, e ha dunque lo spazio di manovra per navigare tranquillo. Ma per avere una vera voce in capitolo, e non essere schiacciata nel tritacarne della storia, l’Italia deve restare leale alla Nato, grande vincitrice politica e militare, ed elaborare soluzioni tombali a tre suoi problemi. La road map secondo Francesco Sisci

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