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L’esperienza dei partiti plurali è indubbiamente una ricchezza e un valore aggiunto per la qualità della nostra democrazia ma, al contempo, è una storia lastricata di problemi e di inciampi. E, per fortuna, ancora resistono alcuni partiti plurali perché sono sinonimi di partiti democratici. Parlo proprio dei partiti democratici – e in Italia ne sono rimasti davvero pochi – perché in quelli “personali” o “del capo”, che sono purtroppo la maggioranza nel nostro paese, non esiste alcun problema. Ma proprio nei partiti democratici si tratta di capire come rendere praticabile un vero pluralismo interno da un lato e come evitare il proliferare del malcostume politico dall’altro.

Come gli ultimi fatti che hanno coinvolto il Pd in Puglia e a Torino hanno platealmente confermato. Si tratta, cioè, di capire quale ruolo hanno le tradizionali e storiche “correnti” all’interno del partito.Nel caso specifico, in un partito plurale e democratico come il Pd.

Ed è su questo versante che nasce quasi sempre il confronto con i partiti democratici del passato. Nello specifico, con il “partito italiano” per eccellenza, cioè la Democrazia Cristiana.

Ora, dando per scontato che parliamo di due modelli di società profondamente diversi tra di loro, – a livello politico, sociale, culturale e forse anche etico – è indubbio che sulle modalità concrete del far politica, almeno sotto il profilo del metodo, non ci sono differenze così rivoluzionarie tra ieri e oggi.

E allora diciamo una semplice e persino banale verità: non c’è alcun confronto possibile tra le antiche correnti della Dc e le correnti o componenti o bande organizzate del Pd. Nella Dc, che era un grande partito popolare, di massa, interclassista e anche plurale – per dirla con un termine contemporaneo – le correnti interne rappresentavano pezzi di società, erano espressione di una cultura politica definita all’interno dell’arcipelago cattolico del tempo, si facevano carico delle esigenze, delle ansie e delle domande di determinati ceti sociali e, infine, avevano un classe dirigente di riferimento ben individuata e immediatamente percepita dagli elettori e dagli interlocutori politici.

Certo, anche in quella lunga stagione c’erano zone d’ombra e realtà discutibili, gruppi di potere e rappresentanze opache.

Ma la struttura organizzativa del partito, a livello locale come a livello nazionale, si basava sulle grandi appartenenze correntizie. Dove, a volte, avevi anche l’impressione che si trattassero di ”partiti nel partito” talmente era rigida l’organizzazione, la proposta politica, il radicamento sociale e territoriale e autonoma l’elaborazione progettuale delle singole correnti. Sì, erano altri tempi e c’era un’altra società ma le correnti rappresentavano realmente pezzi di società e, di conseguenza, segmenti precisi dell’elettorato.

Mutatis mutandis, cosa sono oggi e soprattutto cosa rappresentano oggi le innumerevoli correnti del Pd? Per evitare di dare risposte singolari o scontate, sarebbe appena sufficiente commissionare un sondaggio – non pilotato o preconfezionato – tra gli elettori dem con una sola domanda: “Voi conoscete le diversità politiche, culturali, sociali e programmatiche tra le crescenti e innumerevoli correnti del Pd?”

La risposta sarebbe, credo, scontata…Ecco perché, e senza infierire su ciò che capita concretamente nella periferia del Pd, si impone una sola riflessione per ritornare al tema iniziale. E cioè, nelle correnti del passato, e nello specifico nel partito democristiano, era quasi sempre la politica – e quindi i contenuti politici – a farla da padrone.

Ovvero, era la proposta politica il motore decisivo della divisione tra le varie correnti dell’epoca. Nell’attuale Pd, a farla da padrone sono le aggregazioni clientelari e le cordate di potere che, non a caso, cambiano e si spostano così rapidamente che sfuggono addirittura all’attenzione degli stessi iscritti.

Per questi motivi è necessaria una iniziativa politica seria e senza sconti della segreteria nazionale del Pd. Perché a volte, per affrontare e risolvere una grande questione politica, è sufficiente recuperare il metodo del passato che può ancora essere utile per sciogliere i nodi del presente.

Una proposta, quella della segreteria nazionale del Pd, che non vale solo per il principale partito della sinistra italiana ma che può dare un contributo decisivo per lo stesso rinnovamento della politica italiana.

Perché non c'è confronto tra le correnti di ieri e di oggi. La riflessione di Giorgio Merlo

Le correnti interne della Dc rappresentavano pezzi di società, erano espressione di una cultura politica definita all’interno dell’arcipelago cattolico del tempo, si facevano carico delle esigenze, delle ansie e delle domande di determinati ceti sociali e avevano una classe dirigente di riferimento. Nell’attuale Pd, a farla da padrone sono le aggregazioni clientelari e le cordate di potere che, non a caso, cambiano e si spostano così rapidamente che sfuggono addirittura all’attenzione degli stessi iscritti. Ecco perché, secondo Merlo, serve una svolta

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