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“La Russia cerca la pace”, “la Russia ha l’obbligo morale di fare qualcosa per la sicurezza nella regione”, “l’Ucraina è aggressiva”, “l’Occidente sta creando tensioni nella regione” e “l’Ucraina è un fantoccio dell’Occidente”: si tratta di cinque narrazioni centrali nella propaganda russa già prima dell’invasione dell’Ucraina il 24 febbraio dell’anno scorso e del discorso di ieri di Vladimir Putin così come di quello pronunciato il giorno dell’inizio delle ostilità.

Il Digital Forensic Research Lab del think tank statunitense Atlantic Council ha analizzato e catalogato più di 10.000 articoli di 14 organi di informazione pro-Cremlino nelle settimane precedenti l’invasione, dal 16 dicembre 2021, cioè alla vigilia della pubblicazione da parte russa di irrealistiche richieste di sicurezza all’Ucraina e all’Occidente, fino al giorno dell’invasione. I risultati sono stati pubblicati nel rapporto, uscito oggi, dal titolo “Narrative Warfare: How the Kremlin and Russian News Outlets Justified a War of Aggression against Ukraine”. “Per anni, prima del febbraio 2022, il Cremlino ha dispiegato disinformazione e propaganda attraverso i suoi proxy mediatici, confezionando storie che vanno dal fuorviante al ridicolo, per imbastire il posticcio argomento della guerra di Putin”, si legge.

Qualche esempio. La narrazione secondo cui la Russia avrebbe l’obbligo morale di proteggere la sicurezza della regione è apparsa in 2.086 articoli come giustificazione del Cremlino per la guerra e ha fatto registrare due picchi il 19 febbraio (262 articoli) e il 21 febbraio (401 articoli), quando la retorica del Cremlino si è intensificata prima del riconoscimento delle repubbliche del Donbas. Negli stessi giorni andava fortissimo anche un’altra narrazione, quella secondo cui l’Ucraina avrebbe attaccato un asilo e avrebbe utilizzato serbatoi di cloro nel Donbas (395 articoli il 19 febbraio e 418 articoli il 21 febbraio, con i funzionari del Donbass che hanno rappresentano la principale fonte di propaganda.

Durante il periodo interbellico 2014-2021, invece, sono state le tre narrazioni ricorrenti più importanti: l’esercito ucraino e le formazioni volontarie sono brutali, l’Ucraina è diventata uno Stato fallito dopo aver seguito l’Europa e gli ucraini sono nazisti.

Gli esperti concludono che “che queste testate, avendo navigato per molti anni nella politica dell’era Putin, hanno compreso le priorità del Cremlino e hanno presentato narrazioni a favore del Cremlino in linea con le dichiarazioni ufficiali e gli eventi che si sono verificati. Rimane tuttavia aperta la questione se il Cremlino abbia esplicitamente detto agli outlet di preparare il loro pubblico alla guerra”.

Sempre oggi lo stesso Digital Forensic Research Lab ha pubblicato un altro rapporto sulla guerra in Ucraina, dal titolo “Undermining Ukraine: How the Kremlin Employs Information Operations to Erode Global Confidence in Ukraine”.

Dall’inizio del conflitto il Cremlino ha lavorato per “minare l’Ucraina rivolgendosi a un pubblico locale, regionale e globale”, si legge. Se in Russia l’indipendenza dei media e il dissenso pubblico contro la guerra sono stati “di fatto criminalizzati”, la leadership e i suoi proxy mediatici “hanno abbracciato una messaggistica sciovinista che poteva essere ridotta a simboli come la lettera Z”. Tra gli strumenti utilizzati per la disinformazione – che viaggia anche sugli account diplomatici sui social media – anche troll e dee-fake.

Gli esperti ha condotto tre studi di caso: la Polonia, il vicino più prossimo e più importante membro della Nato dell’Ucraina; la Francia, un Paese chiave dell’Europa occidentale che sostiene l’Ucraina con aiuti militari e finanziari; e la Georgia, uno Stato post-sovietico sotto parziale occupazione russa con un governo sotto forte influenza russa. In Polonia i filorussi hanno utilizzato i social media per diffondere documenti falsi che dipingevano i funzionari ucraini come portatori di sentimenti anti-polacchi e i rifugiati ucraini come criminali pronti a sfruttare la generosità del popolo polacco. In Francia, le voci diffuse sui social media sono confluite nelle discussioni dei media tradizionali, secondo cui gli armamenti avanzati francesi inviati in Ucraina sarebbero finiti nelle mani dei servizi di sicurezza russi. In Georgia, un governo simpatizzante per la Russia ha ripetuto i messaggi del Cremlino per evitare il coinvolgimento nella guerra, attirando le ire sia dell’Ucraina sia dei cittadini georgiani pro Kyiv. Funzionale alla disinformazione russa sono anche i media pro-Cremlino presenti in particolare nel Sud del mondo, dalla Africa all’America Latina. Qui, scrivono gli analisti, “il Cremlino aggira le restrizioni imposte ai media statali come RT e Sputnik, promuovendo i loro messaggi attraverso gli account diplomatici russi sui social media e i canali YouTube che hanno sostituito la presenza dei media statali in lingua spagnola sulla piattaforma”.

Sul web Putin preparava la guerra da anni. Report Atlantic Council

Due analisi del Digital Forensic Research Lab fanno luce sulla propaganda e sulla disinformazione del Cremlino per giustificare l’aggressione e indebolire il sostegno internazionale a Kyiv

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