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Il tema è indubbiamente serio e non si può continuare a ridicolizzarlo per motivazioni puramente e platealmente strumentali. Dopo la netta vittoria politica ed elettorale di Giorgia Meloni e la conseguente affermazione della coalizione di centrodestra, è nuovamente ripartita la solita litania sul possibile “ritorno della minaccia fascista”, sui “rischi per la democrazia”, su potenziali “svolte illiberali” e su una gamma di cianfrusaglie che ormai conosciamo a memoria. Da molti pulpiti giornalistici ed editoriali – per motivazioni puramente ideologiche e di potere, come ovvio e scontato -, dai soliti radical chic della sinistra salottiera, aristocratica e alto borghese partono strali quotidiani contro l’ormai prossimo oscurantismo della nostra democrazia e il vicolo cieco in cui ci stiamo incamminando.

Ora, personalmente provengo dalla tradizione politica e culturale del cattolicesimo popolare e sociale del nostro Paese. Per capirci, dal filone ideale che si riconosceva in uomini come Carlo Donat-Cattin e Franco Marini. Una tradizione politica popolare e sociale, appunto, che non ha mai avuto particolare dimestichezza con i valori, la politica e la storia della destra italiana.

Detto questo, però, è francamente stucchevole che continui questo noiosissimo dibattito – alimentato per motivazioni squisitamente strumentali se non addirittura grottesche e ridicole – sulla presunta matrice “post fascista” e quindi potenzialmente antidemocratica della nuova vincitrice delle recenti elezioni. E questo lo dico per un semplice motivo. Non c’è cosa peggiore nella dialettica politica concreta che alimentare un pericolo o creare una paura quando le medesime suggestioni non corrispondono a ciò che capita realmente e tangibilmente nelle dinamiche stesse della società in cui si vive quotidianamente. È appena sufficiente ascoltare, seppur distrattamente, i simpatici soloni di molti talk televisivi o leggere, seppur distrattamente, i loro editoriali per rendersi conto concretamente la distanza siderale tra ciò che caratterizza i bisogni, le istanze, i drammi e le domande dei cittadini italiani e l’elaborazione e le “sentenze” di opinionisti e commentatori che affrontano temi che sono e restano estranei per la stragrande
maggioranza dei cittadini e della stessa pubblica opinione. Del resto, cosa significano concretamente la “svolta illiberale”, “la deriva autoritaria”, la “compressione dei diritti e della libertà di pensiero” e “la minaccia di ridurre la democrazia” nella società contemporanea con un governo di centro destra? Francamente nulla, almeno a prova contraria. Sono assertazioni, convincimenti ed opinioni che rispondono a clichè ideologici e a dogmi di un passato triste e storicizzato che non appartengono al dibattito politico contemporaneo se non per motivazioni dettate solo ed esclusivamente da ragioni propagandistiche e demagogiche.

Certo, nessuno ridimensiona il rischio di una “deriva autoritaria” o le ragioni di una “crisi della democrazia”. E i primi che lo fanno sono proprio quelli che provengono da una cristallina e riconosciuta cultura democratica e liberale. Purché questi rischi ci siano. Perché quando vengono inventati a tavolino si rischia di fare la fine del segretario del Pd Letta che alimenta i rischi di un “allarme democratico” a giorni alterni per arrivare poi alla conclusione, a fine campagna elettorale, che “l’allarme democratico” è sostanzialmente scomparso dall’agenda della stessa propaganda del partito. Un flop comunicativo e una caduta di stile a livello politico che poi sono stati
puntualmente pagati nelle urne proprio dal partito che le alimentava politicamente, cioè il Partito democratico a guida Letta.

Ecco perché quando si alimentano paure che non esistono, rischi che non sono percepibili neanche all’orizzonte e tentazioni che non hanno cittadinanza nel tessuto culturale del paese, non si può che incamminarsi in un vicolo cieco. Forse è opportuno che quando si affrontano temi delicati che attengono al profilo, all’identità e alla natura della nostra democrazia, si capiscano sino in fondo anche le dinamiche concrete che caratterizzano la nostra società contemporanea.

Altrimenti si corre il rischio che le “svolte illiberali” o le “derive dittatoriali” diventino argomenti che si affrontano a giorni alterni perché, di fatto, nessuno ne percepisce il pericolo. Con la speranza, al contempo, che tutti dimentichino in fretta chi le ha alimentate goffamente ed irresponsabilmente.

Quando finisce la litania sul “ritorno del fascismo”?

Di Giorgio Merlo

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