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La miglior difesa è l’attacco. La pensa così TikTok, app al centro della battaglia geopolitica ed economica tra gli Stati Uniti. L’amministratore delegato Shou Zi Chew, dopo aver incontrato la Commissione europea nelle scorse settimane, è stato a Washington per appuntamenti con alcuni dei più importanti centri studi e gruppi di interesse pubblici presentando i piani dell’app, sviluppata dalla società cinese ByteDance, per tutelare i dati degli utenti statunitensi. Inoltre, i lobbisti dell’azienda hanno incontrati i membri del Congresso che hanno presentato proposte di legge per bandire l’app: hanno cercato di spiegare loro che ci si può fidare di TikTok per la protezione delle informazioni.

L’azienda ha sempre mantenuto un basso profilo a Washington, tenendo nascoste le sue interazioni con i funzionari governativi e rifuggendo dalle tattiche di lobbying più tipiche, ha raccontato il New York Times. Dopo le pressioni provenenti da più livelli – dall’amministrazione Biden, dal Congresso, dai parlamenti statali, dai campus universitari, dalle città –, ora TikTok sta cambiando la sua strategia per trattare con i funzionari statunitensi. La nuova linea è uscire dall’ombra, si legge sul quotidiano americano. “Abbiamo cambiato approccio”, ha dichiarato Erich Andersen, consigliere generale di ByteDance. “Abbiamo imparato, purtroppo a nostre spese, che era necessario accelerare le nostre spiegazioni su ciò che eravamo disposti a fare e sul livello di impegno nel processo di sicurezza nazionale”.

TikTok sembra punta anche sul cosiddette Progetto Texas, che prevede l’archiviazione dei dati sul cloud di Oracle e la nomina da parte di TikTok di un comitato di moderazione dei contenuti e di revisori dei conti. L’obiettivo è rassicurare alla luce dei timori sulla gestione dei dati e sulle ingerenze cinesi.

“Sembrava uno sforzo serio”, ha dichiarato Matt Perault, direttore del Center on Technology Policy dell’Università del North Carolina, che ha partecipato a un briefing e il cui centro riceve finanziamenti da TikTok. Sembra che l’azienda stia cercando di spostare la discussione dai rischi ipotetici alle soluzioni operative e tecniche. Ma, ha aggiunto, anche con questi sforzi – un piano da 1,5 miliardi di dollari iniziale e poi fino a 1 miliardo di dollari all’anno – “non si può fare qualcosa a rischio zero”.

Più duro Martijn Rasser, direttore del programma Tecnologia e sicurezza nazionale del Center for a New American Security. I manager di TikTok “hanno dato risposte evasive sui temi della censura e della propaganda del Partito comunista cinese”, ha raccontato su Twitter dopo aver partecipato a uno degli incontri a Washington. “Non è stato dato alcun riscontro alle rivelazioni su ByteDance che cercava di geolocalizzare e tracciare specifici cittadini statunitensi, né al fatto che ByteDance abbia successivamente confermato di aver utilizzato TikTok per monitorare i giornalisti di Forbes”, ha aggiunto. Rasser ha spiegato poi di aver chiesto ad Andersen se TikTok avrebbe reso disponibile la proposta avanzata al Comitato sugli investimenti esteri negli Stati Uniti (Cfius). “È lunga 90 pagine e piena di dettagli tecnici complessi che sono difficili da capire”, è stata la risposta. “La mia espressione non proprio entusiasta ha indotto Andersen a dire che si trattava di una questione di sicurezza nazionale e che non poteva essere resa pubblica”, ha continuato l’esperto. “Senza conoscere i dettagli dell’accordo, non c’è modo di giudicare i meriti del Progetto Texas. Fino ad allora, vedo una vendita forzata come il modo migliore per procedere”, ha concluso.

Il dibattito negli Stati Uniti su TikTok non è passato inosservato in Europa, con la recente stretta olandese raccontata da Politico e la risponda della Commissione europea a un’interrogazione presentata dalla leghista Gianna Gancia: “Rispondendo a una mia interrogazione, la Commissione europea ha confermato i miei sospetti sulle attività del colosso TikTok in Europa. Diverse indagini sono in corso per accertare l’utilizzo dei dati dei cittadini europei da parte del gigante tech cinese”, ha dichiarato l’eurodeputata. In Italia, il Copasir ha deciso di avviare un’indagine sul caso e Deborah Bergamini, deputata di Forza Italia, ha presentato un’interrogazione parlamentare (citando anche le parole del direttore dell’Fbi Christopher Wray sui rischi per la sicurezza nazionale) per sapere che cosa intenda fare il governo in merito all’utilizzo dell’app cinese sui dispositivi in dotazione ai dipendenti pubblici.

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