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I terminali satellitari Starlink della SpaceX utilizzati in prima linea dai militari ucraini non stanno più funzionando correttamente, affermano fonti qualificate di Kiev al Financial Times.

Le truppe ucraine segnalano frequenti e preoccupanti malfunzionamenti e interruzioni dei loro dispositivi di comunicazione satellitare nel corso delle operazioni.

Subito dopo l’invasione russa Elon Musk aveva donato migliaia di terminali Starlink per aiutare le truppe ucraine a far funzionare i letali droni, a ricevere e trasmettere informazioni riservate nelle aree belliche. Il miliardario americano era considerato un eroe nazionale a Kiev.

Secondo fonti ucraine riportate dal Financial Times, negli ultimi giorni molte interruzioni del servizio hanno portato a catastrofiche perdite di comunicazione nelle regioni di Kherson e Zaporizhzhya, e anche lungo la linea del fronte a Kharkiv orientale, Donetsk e Lugansk. I blackout avrebbero provocato momenti di panico tra le truppe ucraine.

Tutto ciò evidenzia come il ruolo dei satelliti di Elon Musk abbia assunto una dimensione fondamentale per le operazioni militari e quindi sia di fatto diventato un imprescindibile game-changer in grado di cambiare le sorti del conflitto, in una direzione come in quella opposta.

Cerchiamo di comprendere cosa stia accadendo provando a unire diversi nodi della situazione.

A febbraio mentre Musk riforniva il governo ucraino con migliaia di terminali Starlink, il capo dell’agenzia spaziale russa, Dimitri Rogozin, si rivolgeva direttamente via Twitter al miliardario scrivendo: «Elon Musk è coinvolto nel supporto delle truppe fasciste in Ucraina. E per questo la pagherà, anche se gioca a fare lo scemo…».

Nel riprendere le parole di Rogozin, Musk replicava sempre via Twitter ai suoi followers «Se muoio in circostanze misteriose è stato bello conoscervi».

Però non contento della provocazione, il capo della SpaceX rincarava la dose a metà marzo sfidando il presidente della federazione russa, Vladimir Putin, a un combattimento di judo con in palio la fine della guerra in Ucraina.

La risposta non era giunta dal Cremlino ma dal leader ceceno Kadirov che su Telegram aveva postato: «Elon Musk, un consiglio. Non misurare la tua forza con quella di Putin. Vladimir Vladimirovich potrebbe sembrare antisportivo battendoti a morte. Tu, un avversario molto più debole». Per tutta risposta, Musk aveva cambiato temporaneamente il suo nome su Twitter e nelle settimane successive ha definitivamente abbandonato il sarcasmo.

Era entrata in campo la Cina che aveva manifestato pubblicamente tutta la sua preoccupazione per lo strapotere spaziale della SpaceX a supporto delle operazioni militari in Ucraina.

Lo stesso Musk ha infatti dichiarato al Financial Times che i funzionari del governo di Pechino gli hanno espresso in modo esplicito la loro disapprovazione per l’uso pervasivo di Starlink in Ucraina, chiedendo assicurazioni sul fatto che egli non avrebbe venduto i servizi Starlink in Cina.

La cosa non deve aver lasciato indifferente il capo della SpaceX che possiede anche la Tesla Motors, la cui fabbrica di Shanghai produce tra il 30% e il 50% della produzione totale di auto elettriche.

Così come non deve esser stata senza conseguenze per il miliardario americano che vuol risolvere i conflitti geopolitici con un match di judo, la crescente minaccia nucleare da parte delle forze armate russe.

E così ha lanciato il suo piano di pace per l’Ucraina con un sondaggio su Twitter, suggerendo che la Crimea, invasa e annessa dalla Russia nel 2014, dovrebbe essere ceduta alla Russia in cambio di un nuovo referendum nei territori occupati e della neutralità della futura Ucraina.

Il portavoce della presidenza russa, Dmitry Peskov, dal Cremlino ha elogiato il capo della SpaceX per avere suggerito un possibile accordo di pace in Ucraina, mentre Kiev lo ha accusato di avere proposto solo soluzioni gratificanti per la Russia.

In poche ore Elon Musk è diventato un interlocutore positivo per Mosca e un traditore per Kiev.

E improvvisamente i terminali satellitari Starlink in mano agli ucraini cominciano a non funzionare più sulla prima linea del fronte.

Due le ipotesi: la prima è che la Russia stia usando con successo sistemi anti-satellite come il laser Peresvet, la seconda è che le interruzioni siano in qualche modo gestite dalla SpaceX.

Se pensate infatti che quest’ultima in Ucraina non rappresenti una propaggine del Pentagono, siete fuori strada. Essendone invece uno dei bracci armati i segnali di disimpegno sembrerebbero suggerire un’evoluzione della situazione ancora immersa nella nebbia che potrebbe condurre a un progressivo ridimensionamento della resistenza ucraina.

Musk è un imprenditore planetario e le guerre globali prolungate non giovano al business multinazionale. Sempre sul Financial Times, dichiara di ritenere inevitabile un prossimo scontro a Taiwan e si lancia persino – novello Henry Kissinger saremmo portati a dire con sgomento – in una proposta politica per fare dell’isola asiatica una zona amministrativa speciale con un accordo più clemente di quello fatto per Hong Kong. Abile mossa per andare incontro alle istanze di Pechino. Ma oltre alle proiezioni internazionali Musk si occupa anche di politica interna e dichiara di aver avuto in passato simpatie per il partito democratico ma che adesso vota per quello repubblicano. In questo modo prende in modo soft le distanze da Joe Biden e attira le simpatie dei repubblicani probabili vincitori delle imminenti elezioni di mid-term.

Intanto, Starlink in Ucraina funziona a intermittenza.

Ancora una volta la geopolitica terrestre passa per lo Spazio, e speriamo che questa volta riesca a scongiurare la minaccia nucleare.

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