Skip to main content

“Abbiamo recentemente pubblicato il nostro ‘2025 AFC State of Infrastructure Report on Domestic Resource Mobilization’, che approfondisce le priorità più urgenti dell’Africa”, racconta Samaila Zubairu, il presidente e amministratore delegato dell’Afc (Africa Finance Corporation), con cui Formiche.net parla a latere dell’evento di Villa Pamphilij in cui l’Italia ha sincronizzato il Piano Mattei con il Global Gateway dell’Ue avviando l’ internazionalizzazione della sua strategia.

“La nostra ricerca sui bacini di capitale individua le principali riserve di risparmio interno del continente, ma sottolinea anche la necessità di cooperazione tra gli attori per sviluppare strumenti di intermediazione in grado di convogliare più capitale domestico verso l’economia reale, in settori chiave come energia, trasporti e logistica”.

Il presidente di Afc, una delle istituzioni africane più attive nel costruire legami col resto del mondo (come dimostrato anche dai tanti accordi siglati durante il vertice romano) spiega che si stima in modo prudente che il valore complessivo dei bacini di capitale domestico africani ammonti a circa 4.000 miliardi di dollari. Questa cifra include circa 1.100 miliardi in capitale istituzionale (fondi pensione, compagnie assicurative, fondi sovrani e banche pubbliche di sviluppo), 2.500 miliardi in attivi bancari commerciali e oltre 470 miliardi in riserve valutarie esterne.

Il nuovo rapporto di Afc propone un netto cambio di paradigma nel modo in cui si affronta il deficit energetico africano, puntando su sistemi integrati su larga scala che promuovano trasformazione economica e industrializzazione, e non solo l’elettrificazione delle abitazioni. “L’Africa deve agire con urgenza e decisione. Nel 2024, il continente ha aggiunto oltre 6,5 GW di capacità su scala industriale alla rete. In confronto, l’India ha aggiunto 18 GW solo da fonti rinnovabili, e gli Stati Uniti 48,6 GW in totale”.

Per Zubairu, correggere la rotta significa che l’Africa attinga alla base energetica meno sfruttata del mondo. “Il continente ospita il più grande potenziale idroelettrico inutilizzato, le maggiori riserve geotermiche convenzionali e riceve alcuni dei più alti livelli di irraggiamento solare a livello globale”. Per questo, “con i giusti investimenti e una pianificazione efficace, l’Africa può diventare leader globale nell’energia pulita e abbondante, usandola come base per una profonda industrializzazione”.

Il rapporto di quest’anno analizza anche le catene di fornitura industriali africane. Sono state individuate opportunità concrete e a breve termine in settori come fertilizzanti, raffinazione e acciaio – industrie che si collocano all’incrocio tra sovranità economica e sostituzione delle importazioni.

“Prendiamo l’acciaio: con l’incremento dell’offerta di minerale di ferro previsto dall’Africa occidentale e settentrionale, il continente ha una finestra di opportunità per localizzare la creazione di valore. Se centralizziamo la lavorazione del minerale in hub industriali ricchi di energia e li colleghiamo ai mercati regionali di fabbricazione, possiamo costruire l’ossatura dell’economia industriale africana. Entro i primi anni 2030, la produzione africana di minerale di ferro potrebbe crescere di oltre 130 milioni di tonnellate, più che raddoppiando i livelli attuali”.

Qualcosa di simile sui fertilizzanti, che rappresentano forse l’opportunità industriale più immediata per l’Africa. “Con abbondante gas naturale per la produzione di urea, riserve di fosfato di livello mondiale e potassio ancora inesplorato in tutto il continente, disponiamo già delle materie prime necessarie. Serve ora investire in catene di fornitura regionali che colleghino questi asset agli agricoltori e ai sistemi alimentari su larga scala”.

L’Afc ha anche rilevato circa 7.000 km di nuove linee ferroviarie attualmente in costruzione o in fase di pianificazione nel continente, accompagnate da programmi di riabilitazione estesi sulle reti esistenti. Questi progetti potrebbero raddoppiare il ritmo di espansione ferroviaria tra il periodo 2015-2024 e quello 2025-2034. “Si tratta di una finestra critica: infrastrutture che sbloccano il commercio regionale, sostengono la crescita urbana e permettono all’Area di Libero Scambio Continentale Africana di diventare un vero motore di prosperità condivisa”.

Come vi state posizionando davanti a queste sfide complesse? “Per noi di Afc, il problema infrastrutturale africano non è un deficit, ma un’opportunità generazionale: per costruire nuovi mercati, industrializzare, creare occupazione e valore locale, il tutto con capitali africani, leadership africana e secondo priorità africane”.

Afc ha impegnato oltre 16 miliardi di dollari in progetti in 36 Paesi africani, concentrandosi su infrastrutture fondamentali: energia, trasporti, logistica, risorse naturali e telecomunicazioni. “Diamo priorità alla riduzione del rischio nei progetti per creare asset che generano reddito: non infrastrutture basate sull’aiuto. Il nostro modello combina impatto sullo sviluppo e rendimento commerciale, attirando investimenti istituzionali. Stiamo mobilitando capitali da partner non tradizionali, sia nel continente che a livello globale, inclusi fondi pensione e fondi sovrani africani. La nostra esperienza dimostra che l’Africa può costruire pipeline investibili, con la giusta capacità tecnica, finanziaria e operativa fin dall’inizio”.

La Corporation intende valorizzare la sua solidità finanziaria e i suoi elevati rating di credito per accedere a nuove opportunità di finanziamento: AAAspc da S\&P Global China Ratings, il massimo rating creditizio con outlook stabile, che attesta l’eccezionale solidità finanziaria e gestione del capitale di AFC; AAA da China Chengxin International Credit Rating Co.; rating domestico massimo con outlook stabile, che consente ad AFC di accedere a una nuova e diversificata base di investitori.

“Questi sviluppi non solo validano le nostre strategie, ma rafforzano la fiducia degli investitori, facilitando l’aumento dei flussi di capitale verso il continente”, aggiunge Zubairu.

Il superamento della soglia di 1 miliardo di dollari in ricavi segna una svolta storica per Afc: dimostra che le istituzioni finanziarie africane per lo sviluppo possono raggiungere scala, resilienza commerciale e al tempo stesso risultati di sviluppo. Dimostra anche il ruolo centrale degli strumenti finanziari innovativi, che hanno permesso ad Afc di sfruttare il secondo rating investment-grade più alto tra le istituzioni africane, ad esempio per supportare la Nigeria nell’emissione del suo primo bond in dollari domestico, o per aiutare l’Egitto a ridurre il costo del debito.

Il modello Afc unisce questa finanza innovativa a competenze tecniche e regionali – ma soprattutto a una mentalità operativa improntata al fare, anche di fronte ai progetti più complessi. Perché ciò che facciamo è troppo importante per lasciare che gli ostacoli ci fermino. Progetti come la Raffineria Dangote, Xlinks, Kamoa-Kakula e Infinity Power ne sono esempi. O ancora, Red Sea Power, che permetterà a Gibuti di diventare la prima nazione africana completamente alimentata da rinnovabili). “Quando ci siamo resi conto che il finanziamento avrebbe subito ritardi inaccettabili, Afc ha fornito un prestito ponte portando questo progetto dal concepimento al completamento in tempi record, persino durante il Covid”.

In diversi e di queste attività, Afc ha creato partnership con l’Unione europea, dunque, anche in quest’ottica, come valutate il rapporto tra il Global Gateway dell’Ue e il Piano Mattei dell’Italia? Queste iniziative rispondono davvero alle priorità africane, e cosa le renderebbe più efficaci e credibili agli occhi dei partner africani? “Sia il Global Gateway sia il Piano Mattei riflettono un rinnovato impegno europeo verso l’Africa, promuovendo un passaggio da una dinamica donatore-beneficiario a un’interazione di tipo realmente reciproco”, risponde il Ceo di Afc.

“Il Global Gateway offre un quadro d’azione su scala Ue, incentrato su infrastrutture, energia, digitale ed educazione. Il Piano Mattei rappresenta una strategia bilaterale più mirata da parte dell’Italia, con un’enfasi particolare sulle partnership energetiche e sullo sviluppo sostenibile, proponendo un’alternativa ai modelli tradizionali basati sull’assistenza. Entrambe le strategie propongono partenariati articolati, calibrati sulle esigenze specifiche dei partner africani e, al contempo, allineati alle priorità di sicurezza economica dell’Italia e dell’Unione Europea”.

Per Zubairus, l’obiettivo condiviso è sostenere settori prioritari in grado di produrre un impatto duraturo sulla crescita e sull’ambiente socioeconomico dei Paesi africani, coinvolgendo attori del settore privato per attrarre investimenti sostenibili e competenze avanzate.

“Le iniziative rispondono a diversi bisogni chiave del continente: sviluppo infrastrutturale (energia, trasporti, digitale), industrializzazione e creazione di valore, formazione professionale e occupazione giovanile. Inoltre, sono effettivamente coerenti con l’Agenda 2063 e con i piani di sviluppo nazionali”.

Cosa ne migliorerebbe credibilità ed efficacia? “Istituzioni e governi africani devono essere coinvolti sin dall’inizio, dalla fase di progettazione fino al processo decisionale e all’attuazione. Poi serve utilizzare fondi concessionali per ridurre i rischi e mobilitare capitale privato, in particolare per infrastrutture su larga scala. Inoltre, cerchiamo successi visibili e ad alto impatto nelle fasi iniziali sono essenziali per costruire fiducia (ad esempio infrastrutture energetiche regionali o corridoi industriali). Infine, il focus delle essere sulla creazione di valore: i progetti devono sostenere l’industria locale, l’occupazione e la generazione di valore nel lungo periodo, non solo l’estrazione di materie prime”.

Istituzioni come Afc si propongono proprio di fungere da partner di attuazione – forti di una profonda conoscenza locale, di capacità nello sviluppo di progetti e di una solida esperienza negli investimenti.

Su questa scia, durante il vertice di Roma sono stati firmati accordi concreti tra Afc e il governo italiano o la Commissione europea. “Abbiamo finalizzato un accordo storico per una linea di credito decennale da 250 milioni di euro con Cassa Depositi e Prestiti (Cdp), l’istituzione finanziaria italiana per la cooperazione allo sviluppo. L’operazione è garantita da Sace, il gruppo assicurativo-finanziario controllato interamente dal ministero dell’Economia e delle Finanze italiano, che coprirà fino all’80% dell’importo”.

Il finanziamento è destinato a contribuire alla creazione di un grande corridoio economico nell’Africa meridionale, generando al tempo stesso opportunità per le filiere italiane nel campo delle infrastrutture e dell’energia rinnovabile, inclusa la fornitura di componenti strategiche per il Corridoio ferroviario di Lobito – una linea commerciale che attraverserà l’Angola e si estenderà fino ai confini con Zambia e Repubblica Democratica del Congo, dove AFC è lo sviluppatore principale del progetto.

“Il Corridoio di Lobito è un progetto trasformativo, destinato ad aprire nuove rotte commerciali per le risorse, sostenere l’industrializzazione regionale e rafforzare il ruolo dell’Africa nelle catene del valore globali, promuovendo una crescita inclusiva e duratura”, spiega Zubairu.

Con 1.716 km di ferrovia riabilitati e altri 830 km di nuova tratta in costruzione, il Lobito ridurrà i tempi di trasporto dalla miniera al porto da 45 giorni a una sola settimana, abbattendo le emissioni di 300.000 tonnellate l’anno e sbloccando catene di valore strategiche in tutta la regione e con obiettivi globali.

Con Piano Mattei e Global Gateway l’Africa può cambiare passo. Parla Zubairu (Afc)

Il ceo dell’Africa Finance Corporation spiega a Formiche.net le necessità e le opportunità del continente. A margine dell’evento di Villa Pamphilij, Samaila Zubairu ragiona su cosa sta facendo la sua corporation, gli accordi recentemente siglati con l’Italia e i campi operativi, dall’energia alle supply chain

Quanto peserà l’opinione pubblica sul conflitto in Medio Oriente. Scrive il gen. Jean

Il futuro del conflitto è largamente imprevedibile. Sarà influenzato in Iran e, soprattutto, negli Usa dalle reazioni delle opinioni pubbliche. Irrilevanti saranno invece le pressioni di attori esterni, in particolare delle istituzioni multilaterali, quali l’Onu o l’Ue. Il commento del generale Carlo Jean

Inwit, dieci anni di infrastrutture digitali e condivise

La società ha raggiunto traguardi importanti in questi anni, potenziando nel tempo la sua rete digitale. Ecco obiettivi presenti e futuri

Perché l’Iran non può davvero bloccare lo Stretto di Hormuz

Di Vas Shenoy

Stante la debolezza navale iraniana e i vincoli geopolitici, analizzando la situazione politico-strategica e tattico-militare, l’Iran non ha le capacità di poter chiudere Hormuz, lo stretto del petrolio nel Golfo Persico. Ecco perché nell’analisi di Vas Shenoy

L’attacco americano all’Iran parla a Cina e Russia. L'analisi di D'Anna

La lezione iraniana in realtà è rivolta alla Cina, alla Corea del Nord, ai nostalgici dell’epopea sovietica della Russia e a tutti i regimi, come quello pakistano con variegate venature islamiche, dotati di missili balistici nucleari. L’analisi di Gianfranco D’Anna

Come navigare in un mondo più instabile e pericoloso. La bussola di Zecchini

L’Italia non può e non deve trascurare le esigenze di fare un uso più efficiente delle limitate risorse pubbliche di cui dispone e di ridurre l’eccesso di regolamentazioni e tassazioni che soffocano le iniziative economiche. Si tratta, per la classe politica, di abbandonare i vecchi canoni per nuove mete. È forse chiedere troppo? L’analisi di Salvatore Zecchini, economista Ocse

Israele-Iran, vi spiego la nuova frontiera della guerra ibrida. L’analisi di Marchionna

Di Gabriele Marchionna

Usa e Israele hanno lanciato un attacco ai siti nucleari iraniani, utilizzando la potente GBU-57. L’operazione, che ha coinvolto anche lo US Cyber Command, ha segnato una nuova era di guerra congiunta cinetica e digitale. L’Iran ha risposto con un blackout digitale e una serie di cyberattacchi devastanti. E ora? L’analisi di Gabriele Marchionna (cyber strategy advisor e associate researcher Luiss Med Platform)

Se il dopo Onu sembra un pre Westfalia. La riflessione di Cristiano

La pace di Westfalia pose fine alle guerre di religione, che infatti stanno tornando, gli accordi di Helsinki posero le basi per la Conferenza sulla Sicurezza e la Cooperazione in Europa, che sono appassite e non rifioriranno prima che si definiscano le nuove aree di influenza, che Putin vuole cambiare molto di più che svenarsi per Khamenei. È questo definire il mondo nuovo in nuovi giardini il problema del nostro domani

Nato, ripensare il 2% per una nuova soglia di sicurezza europea. L'analisi di Cesa

Di Lorenzo Cesa

Il contesto globale impone un aggiornamento degli obiettivi di spesa Nato e un ripensamento della strategia collettiva. L’ipotesi di alzare il tetto al 5% del Pil si lega a un disegno più ampio: ridurre la frammentazione, potenziare la cooperazione e investire in tecnologie strategiche. In gioco c’è la credibilità della deterrenza, ma anche la capacità industriale e la coesione politica dell’Alleanza. La prospettiva di Lorenzo Cesa, presidente della delegazione italiana all’Assemblea parlamentare della Nato

L'ossessione dell'io per la conquista del mondo è una malattia dell'anima. L'intervento di Pallavicini

Di Yahya Pallavicini

Pubblichiamo l’intervento dell’Imam Yahya Pallavicini a Palazzo Montecitorio nella sessione plenaria della conferenza internazionale dell’IPU Unione Inter-Parlamentare sul tema del Dialogo Interreligioso contro l’odio e la polarizzazione. Un confronto tra autorità religiose e governanti da 68 parlamenti del mondo

×

Iscriviti alla newsletter