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Immaginate questa immagine di costernazione al Cremlino. Vladimir Putin riunisce il suo inner circle. “Ragazzi, siamo spacciati”, dice il leader russo, il volto cinereo. “Che succede, boss?”, risponde saturnino Nikolai Patrushev, sporgendo la testa per sbirciare le carte nelle mani tremanti del leader russo. “È il linguaggio”, risponde Putin. “Date un’occhiata: ora per noi è game-over”.

In un documento top-secret ottenuto da una spia russa nella Nato sono evidenziate le parole chiave. “Urgente”, “persistente”, “imperativo”, “robusto”. Il conclave del Cremlino studia le carte, poi annuisce mestamente. Il leader russo riprende la parola dopo una lunga pausa. “Dicono che alcune aree del Tagikistan siano davvero molto belle. Oppure c’è sempre Cuba”.

Fantasia? Certo. In questo esatto momento i diplomatici al vertice dell’alleanza occidentale stanno discutendo sulla scelta delle parole per il summit della Nato a Madrid. Come sarà il Concetto strategico, che delinea il modo in cui l’Alleanza vede il mondo? Cosa ci sarà nel comunicato conclusivo del vertice?

Il messaging è importante. Ma il regime russo non si farà intimidire da virgole o da un thesaurus ben infiorettato. Si farà scoraggiare solo da un’equazione chiara: aggressione uguale disastro. La vera missione dell’alleanza – non solo durante il summit a Madrid ma ogni giorno dell’anno – è assicurare che questo credo sia radicato nel processo di decision-making dell’avversario.

Per dirla con eleganza, c’è ancora molto lavoro da fare su questo fronte. Per anni la Nato non ha creduto neanche che la Russia fosse una minaccia. Ha accettato nuovi membri con fare riluttante e ha dato loro una membership sui generis: niente piani di emergenza, niente esercitazioni, niente forze esterne sul loro territorio, niente scorte o infrastrutture preposizionate. Una difesa rivelatasi, a ben vedere, un bluff.

Oggi le cose sono cambiate, ma non a sufficienza. In questi giorni la Nato discute di quante forze posizionare nei Baltici e in Polonia e con quale forma di pianificazione e sostegno. E di come, almeno idealmente, trasformare gli attuali accordi tripwire in una difesa sostanziale, credibile. Dopo aver visto cosa hanno fatto gli occupanti russi in Ucraina, gli Stati di frontiera nella Nato sono determinati più che mai a difendere ogni millimetro del loro territorio, e ogni anima.

La difesa aerea e missilistica (Amd) è forse la priorità più immediata. Troppo costosa per gli Stati baltici, che più di tutti ne hanno bisogno: altri Paesi della Nato dovranno pagare. Quantomeno può essere dispiegata in tempi rapidi. Più difficile invece aggiustare l’infrastruttura militare. I depositi di munizioni hanno bisogno di bunker sicuri e protetti. Le caserme devono essere più grandi ed efficienti. Le aree di addestramento sono troppo piccole. Una volta risolti questi problemi, le truppe arriveranno da più Paesi, saranno più equipaggiate, resteranno più a lungo e faranno di più.

Ma la deterrenza più efficace non si ottiene dimostrando alla Russia che i Baltici e la Polonia saranno strenuamente difesi. Si ottiene convincendo la Russia che qualsiasi tipo di attacco in qualsiasi punto del territorio Nato porterà a una controffensiva devastante. Questo è il vero messaggio che l’alleanza deve trasmettere. Perché ci sono ancora troppi Stati membri (perfino oggi) che temono a tal punto un conflitto con la Russia da pensare di non dover combattere davvero.

Dibattere sul linguaggio alla vigilia del summit non è inutile: le parole offrono una cornice politica per i fatti. Ma non li sostituiscono. In Russia sta arrivando un messaggio sbagliato. Che dimostra come la “fatica Ucraina” stia crescendo in diversi Paesi occidentali. Per molti governi le priorità sono due: evitare una carestia globale e una crisi energetica invernale. Non realizzano che questi problemi non sono che il sintomo di come la Russia sia pronta a sradicare e distruggere le vite degli altri per perseguire i suoi obiettivi geopolitici.

Tornando a Mosca (questa volta nella sua versione reale). Putin osserva annoiato i documenti segreti della Nato. Poi, buttandoli nel cestino sussurra: “Ragazzi, non è cambiato nulla – siamo ancora apposto”.

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