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Almeno 11 in Italia, 102 in 53 Paesi del mondo. Sono i numeri delle stazioni di polizia d’oltremare aperte delle autorità di pubblica sicurezza cinesi e raccontati dall’ultimo rapporto di Safeguard Defenders, intitolato “Patrol & Persuade”.

Quello italiano è un record: infatti, l’Italia è il Paese con la più alta presenza al mondo di questi centri, accusati di controllare la popolazione cinese all’estero dietro la facciata di luoghi di assistenza per attività amministrative. Oltre alle quattro stazioni già note di Prato, Firenze, Milano e Roma rivelate dal Foglio, sono emerse anche nuove aree tra cui Bolzano, Venezia e la Sicilia. Ma c’è di più: l’Italia è stata un laboratorio. I centri di Milano e Roma sono stati definiti “progetti pilota” dalle autorità cinesi. Una sorta di banco di prova europeo per una strategia di polizia per monitorare la popolazione cinese all’estero e costringere i dissidenti a tornare a casa.

Inizialmente, Safeguard Defenders aveva documento l’esistenza di 54 stazioni. Nell’ultimo rapporto se ne aggiungono altre 48, la maggior parte delle quali avviate nel 2016, elemento che contraddice quanto dichiarato dalla autorità della Repubblica popolare cinese secondo cui le operazioni sarebbero iniziate in risposta alla pandemia Covid-19.

Le autorità cinesi hanno definito quegli uffici semplici “stazioni di servizio” istituite per assistere i cittadini cinesi nelle procedure burocratiche come il rinnovo del passaporto o della patente di guida. Ma per Safeguard Defenders il sistema viene usato per “molestare, minacciare, intimidire e costringere gli obiettivi a tornare in Cina per essere perseguitati”. L’indagine condotta dalla Ong si basa su dati cinesi pubblici e disponibili e sul lavoro di alcuni giornalisti di inchiesta. Il gruppo afferma di avere prove di intimidazione utilizzate per costringere le persone a tornare a casa dall’Italia, come nel caso di un operaio accusato di appropriazione indebita che è tornato in Cina dopo 13 anni in Italia ed è scomparso senza lasciare traccia.

Safeguard Defenders lascia una serie di raccomandazioni ai governi, che vanno dall’indagine su questi centri e sul Fronte Unite (una rete impegnata in operazioni di influenza per promuovere gli interessi cinesi nel mondo) all’apertura di indagine sulla “repressione transnazionale” della Repubblica popolare cinese con “sanzioni mirate e coordinate”, dalla revisione degli accordi di cooperazione con le forze di polizia cinese alla sospensione di tutti i trattati bilaterali di estradizione con la Repubblica popolare cinese e Hong Kong.

Già molti governi occidentali hanno aperto indagini su queste stazioni di polizia. Per l’Italia la situazione è ancor più delicata, essendo uno dei pochi Paesi al mondo, l’unico G7, ad avere una collaborazione tra forze di sicurezza per pattugliamenti congiunti, come raccontato su Formiche.net. Nelle scorse settimane sono state depositate alla Camera e al Senato due interrogazioni, una dell’opposizione (Lia Quartapelle, responsabile esteri del Partito democratico) e una della maggioranza (Mara Bizzotto, senatrice della Lega), per chiedere chiarezza. Le interrogazioni sono ancora in corso: delegato a rispondere in entrambi i casi è il ministero dell’Interno.

Laboratorio Italia. Cosa sappiamo delle stazioni di polizia cinesi nel mondo

Sono 102 in 53 Paesi, 11 nel nostro (un record). Ecco i numeri dell’ultimo rapporto di Safeguard Defenders. In Parlamento ci sono due interrogazioni in attesa di risposta

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