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Quando la Russia ha invaso l’Ucraina, facendo emergere con dirompenza il problema della dipendenza strategica da Gazprom, la diplomazia italiana si è mossa immediatamente. A distanza di nove mesi, i risultati si vedono. EU Energy Deals Tracker, il rapporto dinamico dell’European Council on Foreign Relations che fotografa gli accordi energetici tra i Paesi europei e Paesi terzi, registra che Roma è stata la capitale più attiva in assoluto. Prima dell’Unione europea, che veste sempre più spesso i panni del negoziatore, e della Germania.

Nel giro di pochi mesi, l’Italia è passata dall’essere uno dei Paesi che dipendeva di più dal gas russo a totalizzare dodici accordi, dieci solo nel settore gas naturale, più di ogni altro. “Un’inversione di tendenza impressionante”, ha commentato Susi Dennison, Senior Policy Fellow e direttrice del programma European Power di Ecfr, sottolineando la gamma relativamente ampia di partner rispetto agli altri Paesi europei – dagli Emirati al Qatar, dall’Angola al Congo e la Libia e così via, fino al Regno Unito e ad altri Stati europei.

In termini di approccio strategico, ha commentato l’esperta parlando con Formiche.net, le scelte italiane sono sensate: hanno ridotto la dipendenza energetica che il Paese aveva all’inizio del 2022, passando dall’importare circa il 40% del proprio gas dalla Russia al 10%. E proprio in questo salto di qualità si annida la prima insidia. Il grande interrogativo, ha continuato, è la misura in cui l’Italia manterrà la linea della diversificazione dalle fonti russe – o se invece si farà prendere dalla tentazione di tornare all’uso delle infrastrutture e delle relazioni da cui dipendeva prima.

“Finora i segnali su questo fronte sono stati relativamente positivi, con la determinazione del nuovo governo a mantenere la rotta. Ma, naturalmente, molto dipenderà dall’andamento del costo della vita e del costo dell’energia, specie questo inverno”. Perché nonostante gli stoccaggi pieni e le fonti diversificate, la guerra di Vladimir Putin soffia ancora sul fuoco del caro-energia, che a sua volta si traduce in dolore economico, pressione, potenzialmente sfaldatura della società.

Il problema, naturalmente, interessa tutta l’Europa – dove è rimasta solo l’Ungheria a dipendere completamente dalla Russia. Nel mentre i Ventisette stanno ancora portando avanti il processo di transizione ecologica. Il rapporto di Ecfr evidenzia che solo metà degli accordi firmati quest’anno dai Paesi e dalle istituzioni europee si concentra esplicitamente sull’energia verde, a dispetto dell’ambizione del piano RePowerEU. Frutto della necessità di garantire la sicurezza negli approvvigionamenti, ma – come sottolinea il think tank – l’Ue dovrebbe ribadire il proprio impegno per la transizione anche dal gas.

“In termini di posizione complessiva in Europa, direi che l’Italia non è stata al centro della conversazione su quale sia l’equilibrio tra l’attenzione alla decarbonizzazione e la sicurezza energetica vecchio stile, per così dire”, ha commentato Dennison. Tuttavia, Roma sta guardando agli altri Stati membri più grandi per continuare ad agire “come una sorta di coscienza dell’Europa” e mantenere la rotta sulla decarbonizzazione. “Credo che il fatto che l’Italia stata disposta a compiere sforzi e a ripensare il profilo di approvvigionamento in circostanze geopolitiche piuttosto difficili sia di per sé eloquente” ha concluso l’esperta.

Diplomazia energetica, Italia in testa. La radiografia di Dennison (Ecfr)

Un attivismo diplomatico straordinario, portato avanti dal governo Draghi, ha permesso a Roma di tagliare la dipendenza dalla Russia stringendo più accordi energetici di ogni altra nazione, più anche dell’Unione europea. Secondo l’esperta dell’European Council on Foreign Relations, che ha creato un “tracker” utile, il governo Meloni conferma la stessa determinazione. L’obiettivo ora è mantenere la barra dritta anche con la fiammata delle bollette

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